Beni culturali
Dal governo Riformista, a quello reazionario nello spazio di un tweet
Gli italiani puntavano ad un Governo Riformista, e invece si sono trovati di fronte un pensiero reazionario.
Al di là dei contenuti, ascolto sempre con piacere gli interventi di Matteo Salvini. Dà l’idea di dire quello che pensa e di sapere che cosa dice.
Nel mondo della nostra politica, questa non è una banalità. E non è neanche semplicemente una dote “comunicativa”.
Ha una radice ben più profonda.
La differenza reale tra Salvini e gli esponenti del mondo della sinistra che si sono avvicendati negli ultimi anni è nella relazione tra idee e interessi.
Nel mondo ideistico (si perdoni il neologismo) della sinistra ogni interlocutore ha una propria idea di Stato, che spesso differisce notevolmente dalle altre con cui condivide, tuttavia, differenti livelli di interessi (politici, relazionali, economici e così via). Questa relazione (molte idee differenti per interessi simili) porta ad una necessaria vaghezza, sia delle comunicazioni che dei contenuti, che si traduce poi sempre in conflitti intestini e ad una ridotta possibilità di azione.
Il mondo di Salvini è invece diverso. Le sue idee sono chiare e, soprattutto, condivise dai portatori di interessi. Questo significa che quando Salvini esprime un’opinione, non ha bisogno di utilizzare un linguaggio ampio, all’interno del quale siano possibili differenti interpretazioni ognuna delle quali volta a giustificare le proprie dichiarazioni per uno specifico interlocutore, perché i portatori di interessi si ritrovano in quell’idea ed è attorno a quell’idea che gli interessi si sono creati.
Salvini è, in questo senso, titolare delle proprie idee, e questo gli permette di parlare con una chiarezza che altri non hanno.
Questo rappresenta una grande innovazione dopo gli ultimi anni, va riconosciuto.
Il problema è che queste idee sono vecchie. Guardiamo il settore culturale: le polemiche sul prestito delle opere di Leonardo al Louvre perché Leonardo è italiano, sono il riflesso di un pensiero tutt’altro che “riformista”. E questo si può estendere ai migranti, alle politiche estere, e alla visione di cultura che assomiglia moltissimo ad altre stagioni passate della storia globale.
Perché allora Salvini ottiene tanto successo?
In parte perché quell’idea di Stato è ancora da molti condivisa (anche perché non sono emerse negli anni molte idee di stato alternative altrettanto definite) e in parte perché riesce a convincere portatori di interessi ed elettori.
Perché per quella strutturale relazione tra idee e interessi, nessuno ha mai detto (senza timore di essere malvisto) che sia giusto che la Gioconda stia al Louvre, che la vera cultura contemporanea è nella produzione di contenuti e non solo nella tutela del nostro patrimonio, e così via.
In questo, il nostro mondo culturale dovrebbe davvero imparare dal mondo semplicistico salviniano: avere un’idea di Stato (e di Cultura) chiara, che possa rischiare di essere impopolare ma che sia autentica, un’idea che possa essere espressa con chiarezza in un tweet, perché tutto quello che viene detto utilizzando le parole, può essere detto usando parole semplici (Occam).
L’attuale ministro Bonisoli ha un compito estremamente difficile da portare avanti: fare in modo che la nostra cultura possa avere un percorso innovativo pur rientrando in quella visione di Stato e di politica culturale che sembra stia per diffondersi all’interno delle varie “voci di corridoio”.
Nel frattempo, è questa forse la lezione più importante (e strutturale) che la sinistra dovrebbe apprendere: iniziare a costruire interessi partendo da un’idea condivisa di Stato e di Cultura. Non viceversa.
Devi fare login per commentare
Accedi