Rispondo non tanto per avere ragione, ma per cercare di comunicare le ragioni del mio credere. Penso che la centralità dell’uomo non sia legata per forza di cose alla centralità del pianeta terra rispetto a l resto dell’universo. L’antropocentrismo non è legata ad una prova di natura cosmologica, anche se per un certo periodo si [...] è sentita la necessità di avallare l’antropocentrismo anche con l’idea prescientifica di mettere la terra al centro. Per tale ragione l’antropocentrismo biblico non è di natura cosmologica, ma assiologia. Per questo non è corretto dire che la visione antropocentrica è legata ad una visione tolemaica e che di conseguenza in un visione copernicana essa è destinata ad essere superata. Questo è quanto ha cercato di fare un certa filosofia, non cogliendo le differenze tra le due coordinare che ho richiamato prima
L’insegnamento di Galilei (il padre della fisica e della’astronomia moderna che è rimasto credente nonostante tutte le incomprensioni della chiesa del suo tempo) è stato proprio questo: il fatto che la terra non fosse più al centro non toglieva valore all’uomo per il semplice fatto che biblicamente tale centralità non dipendeva affatto dalla centralità della terra. La prospettiva biblica è teologico-antropologico (cioè volta a definire il rapporto uomo-Dio) e non cosmologico (cioè a descrivere la struttura dell’universo).
Che poi l’uomo, percependosi come un essere infinitamente piccolo di fronte allo sterminato universo di infinite galassie, debba conseguentemente autopercepirsi come insignificante, inutile, e non più coronato di alcuna dignità, vista la sua infima natura rispetto alla potenza e immensità del cosmo, non sta scritto da nessuna parte. Certo si può arrivare a tale conclusione come hanno fatto molti autori. Penso a Sartre che definisce l’uomo come un a”passione inutile”, o a Cioran che dice che l’uomo è passato di moda, o a Foucault che afferma che l’uomo è un invenzione recente, etc….
Ma come si può concludere ad una visione negativa, si può anche concludere ad una visione positiva, come si registra nell’antropologia biblica o in altre versioni filosofiche. Penso che una tale autopercezione renda problematica la posizione nel mondo, e ripropone la vecchia domanda di Pascal: «Che cos'è in fondo l'uomo nella natura? Un nulla rispetto all'infinito, un tutto rispetto al nulla; un qualcosa di mezzo tra il niente e il tutto. Infinitamente lontano dall'abbracciare gli estremi, la fine delle cose e il loro principio gli sono invincibilmente nascosti in un impenetrabile segreto, ed egli è ugualmente incapace di vedere il nulla da cui è stato tratto e l'infinito dal quale è inghiottito». (Pensieri, n. 43, 1994).
E ancora meglio in questo passo:
«Non so chi mi abbia messo al mondo, né che cosa sia il mondo, né che cosa io stesso. Sono in un'ignoranza spaventosa di tutto. Non so che cosa siano il mio corpo, i miei sensi, la mia anima e questa stessa parte di me che pensa quel che dico, che medita sopra di tutto e sopra se stessa, e non conosce sé meglio del resto. Vedo quegli spaventosi spazi dell'universo, che mi rinchiudono; e mi trovo confinato in un angolo di questa immensa distesa, senza sapere perché sono collocato qui piuttosto che altrove, né perché questo po' di tempo che mi è dato da vivere mi sia assegnato in questo momento piuttosto che in un altro di tutta l'eternità che mi ha preceduto e di tutta quella che mi seguirà. Da ogni parte vedo soltanto infiniti, che mi assorbono come un atomo e come un'ombra che dura un istante, e scompare poi per sempre. Tutto quel che so è che debbo presto morire; ma quel che ignoro di più è, appunto, questa stessa morte, che non posso evitare». (Pensieri, n. 194, 1994)
Tale situazione suscita in noi uomini grande stupore (da cui è nata la filosofia) e come diceva Kant ci fa vivere l’esperienza del sublime nelle sue diverse coniugazioni.
Nel salmo 8 la grandezza dell’universo è motivo per l’uomo di scoperta della propria dignità per il fatto che Dio, che ha creato un universo immenso e bello, si occupi dell’uomo:
O Signore, Signore nostro,
quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!
Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissato,
che cosa è mai l'uomo perché di lui ti ricordi,
il figlio dell'uomo, perché te ne curi?
Davvero l'hai fatto poco meno di un dio,
di gloria e di onore lo hai coronato.
Ha ragione a mio parere E. Bloch quando dice che l’uomo non è passato di moda, come voleva il grande Cioran, ma è una terra in cui non siamo ancora nati (sulla stessa scia è Levinas).
Bello l'articolo e ricco di suggestioni del mio amico Antonio Viugilante, fine conoscitore di questioni legate alla filosofia della religione e all'etica ambientale....vorrei dialogare con lui sapendo che molto diverse sono le nostre posizioni. Per quanto concerne la centralità dell'uomo, direi che nel cristianesimo essa non va intesa come un centro che domina e che [...] fa violenza. Questa è la curvaturra baconiana, prima, con la nacita delal ecnica moderna come strumento di dominio sulla natura, e di quelal caresiana, dopo, con il primato dell'io ridotto a pura res cogitrans rispetto a tutto ciò che è pura res extensa, o che non ha la cosiddetta coscienza. Che poi l'antropocentrismo sia una prerogativa del cristianesimo, il cristiano non lo nega e non se ne vergogna, nè lo usa però come una giustificazione teologico-religiosa ad una ideologia di potere, ma nella consapevolezza che si trattqa di un antropocentrismo di tipo crisotcentrico e trinitario, quindi relazionale e non autoireferenzile o egotistico ( e queste due realtà, la dimensione crisgtocentrica e quela gtrinitaria, sono strettamente collegate con la visione dell'uomo come "essere fatto poco men o degli angeli come dice il salmo 8). L'antropocentrismo cristiano non è una forma di prometeismo, altrimenti non ci spiegheremmo un Feuerbach o un Marx, le cui critiche sono nare priprio nel vedere la eligione cristiana come alienzaiuzone e come una deprivazione di ciò che è solo e tutto umano. Il cristianio sa che il creato è un dono è non una proprietà: un dono da restituire e da custodire. Nella logica biblica i doni responsabilizzano. Che l'antropocentrismo sia all'origine dela tecnica è uan tesi sostenuta anche da Galimberti nel suo "Psiche e tekne" e da S. Natoli nel suo "Progresso e catastrofe" e nel suo "I nuovi pagani", ma è una forzatura perchè si riferisce ad un uso storico (fuorviante aggiungo io) di un certo cristianesimo, e non al messaggio originario. Questo significa che la centralità dell'uomo nel cristianesimo non è una centralità di dominio ma di servizio e di custodia, di resposnabilità e di cura, di promozione e di conduzione verso il compimento del progetto di Dio il quale consiste nel fatto che tutte le cose trovino il proprio ultimo compimento in Cristo (è questa la bella interpretazione di J. Moltmann in "Dio nella creazione", Ed. Queriniana). Non un antropocentrsimo di sfruttamento o di manipolazione (quesfta è stata la cattiva interpretazione da parte del calvinismo da cui come diceva Weber è nato la logica capitalistica di oggi che asservisce il creato a logiche di profitto). Per il credente il fatto che l'uomo sia più vicino a Dio ( per il fatto che l'uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio) n on è un privilegio soltanto, ma un'investitura di responsabilità, in quanto Dio lo rende partecipe della sua stessa opera creatrice, della sua cura e della sua custodia. Ecco il valore dell'uomo e la sua dignità: partecipare, da uomo libero, all'opera creatrice di Dio. Non una dignità che autorizza a dominare (questa arroganza è una deriva scaturita da quella rottura con la creazione quale frutto del peccato che ferisce sia l'uomo che la creazione). Quindi solo in quanto creato rispetto al creatore e alle creature che sono opera di Dio e non dell'uomo l'uomo esercitq la propria centralità e la propria respossnabilità.Che poi tale centralità sia stata intepretata come dominio e come violenza,come abuso e come potere di poter ferire la terra, beh questo è il rischio delle concretizzazioni storcihe a cui il cristianesimo è esposto.....concretizzazioni che sono delle deformazioni che si gnerano quando il cristianesimo si lascia sviare da altri interessi o contaminare da visioni che non gli appartengono e dalle quali l'enciclica a mio parere vuole prendere le distanze....con stima Michele Illiceto.
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in: Papa Francesco e la cultura del dominio
Rispondo non tanto per avere ragione, ma per cercare di comunicare le ragioni del mio credere. Penso che la centralità dell’uomo non sia legata per forza di cose alla centralità del pianeta terra rispetto a l resto dell’universo. L’antropocentrismo non è legata ad una prova di natura cosmologica, anche se per un certo periodo si [...] è sentita la necessità di avallare l’antropocentrismo anche con l’idea prescientifica di mettere la terra al centro. Per tale ragione l’antropocentrismo biblico non è di natura cosmologica, ma assiologia. Per questo non è corretto dire che la visione antropocentrica è legata ad una visione tolemaica e che di conseguenza in un visione copernicana essa è destinata ad essere superata. Questo è quanto ha cercato di fare un certa filosofia, non cogliendo le differenze tra le due coordinare che ho richiamato prima L’insegnamento di Galilei (il padre della fisica e della’astronomia moderna che è rimasto credente nonostante tutte le incomprensioni della chiesa del suo tempo) è stato proprio questo: il fatto che la terra non fosse più al centro non toglieva valore all’uomo per il semplice fatto che biblicamente tale centralità non dipendeva affatto dalla centralità della terra. La prospettiva biblica è teologico-antropologico (cioè volta a definire il rapporto uomo-Dio) e non cosmologico (cioè a descrivere la struttura dell’universo). Che poi l’uomo, percependosi come un essere infinitamente piccolo di fronte allo sterminato universo di infinite galassie, debba conseguentemente autopercepirsi come insignificante, inutile, e non più coronato di alcuna dignità, vista la sua infima natura rispetto alla potenza e immensità del cosmo, non sta scritto da nessuna parte. Certo si può arrivare a tale conclusione come hanno fatto molti autori. Penso a Sartre che definisce l’uomo come un a”passione inutile”, o a Cioran che dice che l’uomo è passato di moda, o a Foucault che afferma che l’uomo è un invenzione recente, etc…. Ma come si può concludere ad una visione negativa, si può anche concludere ad una visione positiva, come si registra nell’antropologia biblica o in altre versioni filosofiche. Penso che una tale autopercezione renda problematica la posizione nel mondo, e ripropone la vecchia domanda di Pascal: «Che cos'è in fondo l'uomo nella natura? Un nulla rispetto all'infinito, un tutto rispetto al nulla; un qualcosa di mezzo tra il niente e il tutto. Infinitamente lontano dall'abbracciare gli estremi, la fine delle cose e il loro principio gli sono invincibilmente nascosti in un impenetrabile segreto, ed egli è ugualmente incapace di vedere il nulla da cui è stato tratto e l'infinito dal quale è inghiottito». (Pensieri, n. 43, 1994). E ancora meglio in questo passo: «Non so chi mi abbia messo al mondo, né che cosa sia il mondo, né che cosa io stesso. Sono in un'ignoranza spaventosa di tutto. Non so che cosa siano il mio corpo, i miei sensi, la mia anima e questa stessa parte di me che pensa quel che dico, che medita sopra di tutto e sopra se stessa, e non conosce sé meglio del resto. Vedo quegli spaventosi spazi dell'universo, che mi rinchiudono; e mi trovo confinato in un angolo di questa immensa distesa, senza sapere perché sono collocato qui piuttosto che altrove, né perché questo po' di tempo che mi è dato da vivere mi sia assegnato in questo momento piuttosto che in un altro di tutta l'eternità che mi ha preceduto e di tutta quella che mi seguirà. Da ogni parte vedo soltanto infiniti, che mi assorbono come un atomo e come un'ombra che dura un istante, e scompare poi per sempre. Tutto quel che so è che debbo presto morire; ma quel che ignoro di più è, appunto, questa stessa morte, che non posso evitare». (Pensieri, n. 194, 1994) Tale situazione suscita in noi uomini grande stupore (da cui è nata la filosofia) e come diceva Kant ci fa vivere l’esperienza del sublime nelle sue diverse coniugazioni. Nel salmo 8 la grandezza dell’universo è motivo per l’uomo di scoperta della propria dignità per il fatto che Dio, che ha creato un universo immenso e bello, si occupi dell’uomo: O Signore, Signore nostro, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra! Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l'uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell'uomo, perché te ne curi? Davvero l'hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato. Ha ragione a mio parere E. Bloch quando dice che l’uomo non è passato di moda, come voleva il grande Cioran, ma è una terra in cui non siamo ancora nati (sulla stessa scia è Levinas).
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Bello l'articolo e ricco di suggestioni del mio amico Antonio Viugilante, fine conoscitore di questioni legate alla filosofia della religione e all'etica ambientale....vorrei dialogare con lui sapendo che molto diverse sono le nostre posizioni. Per quanto concerne la centralità dell'uomo, direi che nel cristianesimo essa non va intesa come un centro che domina e che [...] fa violenza. Questa è la curvaturra baconiana, prima, con la nacita delal ecnica moderna come strumento di dominio sulla natura, e di quelal caresiana, dopo, con il primato dell'io ridotto a pura res cogitrans rispetto a tutto ciò che è pura res extensa, o che non ha la cosiddetta coscienza. Che poi l'antropocentrismo sia una prerogativa del cristianesimo, il cristiano non lo nega e non se ne vergogna, nè lo usa però come una giustificazione teologico-religiosa ad una ideologia di potere, ma nella consapevolezza che si trattqa di un antropocentrismo di tipo crisotcentrico e trinitario, quindi relazionale e non autoireferenzile o egotistico ( e queste due realtà, la dimensione crisgtocentrica e quela gtrinitaria, sono strettamente collegate con la visione dell'uomo come "essere fatto poco men o degli angeli come dice il salmo 8). L'antropocentrismo cristiano non è una forma di prometeismo, altrimenti non ci spiegheremmo un Feuerbach o un Marx, le cui critiche sono nare priprio nel vedere la eligione cristiana come alienzaiuzone e come una deprivazione di ciò che è solo e tutto umano. Il cristianio sa che il creato è un dono è non una proprietà: un dono da restituire e da custodire. Nella logica biblica i doni responsabilizzano. Che l'antropocentrismo sia all'origine dela tecnica è uan tesi sostenuta anche da Galimberti nel suo "Psiche e tekne" e da S. Natoli nel suo "Progresso e catastrofe" e nel suo "I nuovi pagani", ma è una forzatura perchè si riferisce ad un uso storico (fuorviante aggiungo io) di un certo cristianesimo, e non al messaggio originario. Questo significa che la centralità dell'uomo nel cristianesimo non è una centralità di dominio ma di servizio e di custodia, di resposnabilità e di cura, di promozione e di conduzione verso il compimento del progetto di Dio il quale consiste nel fatto che tutte le cose trovino il proprio ultimo compimento in Cristo (è questa la bella interpretazione di J. Moltmann in "Dio nella creazione", Ed. Queriniana). Non un antropocentrsimo di sfruttamento o di manipolazione (quesfta è stata la cattiva interpretazione da parte del calvinismo da cui come diceva Weber è nato la logica capitalistica di oggi che asservisce il creato a logiche di profitto). Per il credente il fatto che l'uomo sia più vicino a Dio ( per il fatto che l'uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio) n on è un privilegio soltanto, ma un'investitura di responsabilità, in quanto Dio lo rende partecipe della sua stessa opera creatrice, della sua cura e della sua custodia. Ecco il valore dell'uomo e la sua dignità: partecipare, da uomo libero, all'opera creatrice di Dio. Non una dignità che autorizza a dominare (questa arroganza è una deriva scaturita da quella rottura con la creazione quale frutto del peccato che ferisce sia l'uomo che la creazione). Quindi solo in quanto creato rispetto al creatore e alle creature che sono opera di Dio e non dell'uomo l'uomo esercitq la propria centralità e la propria respossnabilità.Che poi tale centralità sia stata intepretata come dominio e come violenza,come abuso e come potere di poter ferire la terra, beh questo è il rischio delle concretizzazioni storcihe a cui il cristianesimo è esposto.....concretizzazioni che sono delle deformazioni che si gnerano quando il cristianesimo si lascia sviare da altri interessi o contaminare da visioni che non gli appartengono e dalle quali l'enciclica a mio parere vuole prendere le distanze....con stima Michele Illiceto.
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