Non viaggeremo più come una volta
L’aeroporto di Firenze Peretola, o Amerigo Vespucci che dir si voglia, è più silenzioso del solito. A fine febbraio era chiacchiericcio, a giugno speranzoso, oggi nostalgico. Io e la barista siamo felici di rivederci, poco importa che non ci si conosca di persona. Riesco a capire e condivido quanto dice: “Mi si spezza il cuore a vedere l’aeroporto così, ma siamo felici di essere qua”.
I cambiamenti strutturali degli aeroporti non sono sconvolgenti: generalmente puliti, asciugatori mani ultramoderni e dispenser di disinfettante se ne trovavano già in tempi non sospetti, le distanze tra passeggeri non erano una priorità ma, più o meno ordinati, si aspettava il proprio turno al gate.
Il rituale aeroportuale è mutato in maniera più visibile. Tende triage, misurazione temperatura, igienizzazioni, certificazioni, test sierologici. Se ci stavamo abituando a passeggiare tranquillamente dalla porta d’ingresso fino all’imbarco con un telefono in mano e guardandoci due vetrine, ora avere una penna bic e un paio di moduli firmati è requisito fondamentale per passare al livello successivo di controlli. Numerosi cambi di prospettive offrono spunti non da poco, se si ha il tempo di rifletterci su: il Paese a rischio spesso non è il Paese povero, il divario burocratico tra Stati, l’ostacolo e la magia del multilinguismo.
Il titolo di questi pensieri al vento vi ha tratto in inganno. Non so come viaggeremo nel futuro prossimo, cosa di questi cambiamenti permarrà e cosa è transitorio, se ci mancherà qualcosa del passato. L’unica cosa che vedo è che il nocciolo rimane lo stesso. Continuiamo a concederci un menù colazione con croissant al pistacchio se il volo è in ritardo, senza ammettere che amiamo il gusto di questa coccola consolatoria. Continuiamo ad osservarci e piegare la testa per scorgere da lontano i titoli dei libri che stiamo leggendo. Continuiamo ad adorare le chiacchiere tra due persone che si stanno conoscendo. Continuiamo ad essere titubanti se il posteggiatore dell’auto noleggio ci dice di lasciare le chiavi a lui invece che al bancone. Continuiamo a sorriderci con gli occhi e fare finta di spostare la valigia se qualcuno di siede (due posti) vicino a noi. Continuiamo a viaggiare perché forse, in fondo, muoverci con i piedi o con la testa è la nostra indole.
p.s.: la foto è di un distributore automatico di fiori agli arrivi dell’aeroporto di Nashville, in Tennessee, uno sbuffo di innovazione romantica che non stonerebbe in alcun aeroporto.
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