Google risponde alla UE: migliorare la qualità non è anti-concorrenziale
Nei giorni scorsi Google ha inviato alla Commissione Europea la sua risposta ufficiale riguardo il “caso Android”. Secondo lo Statement of Objection formulato dalla Commissione nei mesi scorsi, Google abuserebbe della propria posizione dominante all’interno del mercato del mobile, danneggiando gli altri produttori imponendo clausole per l’installazione delle proprie app.
La replica di Google, che è possibile leggere in questo blogpost sul sito ufficiale della compagnia, arriva poco dopo quella relativa ad un’altra accusa formulata nei mesi scorsi sempre dalla Commissione Europea (il caso Google Shopping).
I dati e le ricerche di mercato presentati dall’azienda mostrerebbero come il settore del mobile si sia talmente evoluto durante gli ultimi anni da rendere di fatto obsolete le accuse della Commissione. Tanto per fare un esempio, la Commissione non riconosce ancora Apple come competitor di Google nel mercato dei sistemi operativi.
Verrebbe a questo punto da ricordare che, in un settore in perenne evoluzione come quello del tech, la maggior parte delle aziende opera su diversi mercati (multi-sided market) e si trova dunque a competere contemporaneamente su vari fronti. Il fatto che la stessa Apple sia proprietaria di un sistema operativo (iOS) che gira su milioni di dispositivi la rende a tutti gli effetti un concorrente di Android (come sostiene d’altronde l’89% degli intervistati durante un’indagine della stessa Commissione).
Inoltre, ricorda Google, l’Europa tende a dimenticare sistematicamente come prodotti come Android (ma anche YouTube) aiutino “i consumatori e gli sviluppatori europei” creando posti di lavoro e abbattendo i costi dell’intero settore.
Avere a disposizione un sistema operativo aperto e non frammentato – ricorda Kent Walker, Senior Vice President e General Counsel di Google – significa infatti per i produttori eliminare una spesa enorme, concentrandosi sullo sviluppo delle funzioni e diminuendo quindi il prezzo finale per i consumatori.
Allo stesso tempo le clausole che i produttori sottoscrivono con Google per l’accesso al suo pacchetto di app e per la verifica delle versioni forked (modificate) di Android garantiscono che il sistema operativo “giri” allo stesso modo su tutti i dispositivi, permettendo agli sviluppatori di creare e aggiornare le app più facilmente.
Una strategia di mercato completamente diversa da quella dei competitor Apple e Microsoft, che utilizzano sistemi operativi proprietari e si limitano quindi a non supportare più le versioni più vecchie dei loro OS e dei loro dispositivi.
Discorso molto simile per la questione Shopping. La risposta di Google segue di un anno l’ultimo blog post ufficiale, ricalcandone più o meno le stesse motivazioni: la Commissione, nella sua riformulazione dell’accusa, non tiene conto dei miglioramenti introdotti da Google per il suo strumento di ricerca dei prodotti negli ultimi anni e dimentica di calcolare l’impatto di aziende leader come Amazon.
Allo stesso tempo, Google ricorda come oramai gli utenti utilizzino diversi percorsi per concludere l’acquisto di un prodotto online: app, ricerca, siti specializzati, comparatori mailing list. In un mercato così diversificato Google non deterrebbe più una porzione talmente rilevante da giustificare sanzioni da parte delle autorità di garanzia.
Secondo l’azienda, inoltre, eliminare gli algoritmi che evidenziano in Ricerca Shopping gli annunci pubblicitari più rilevanti come vorrebbe la Commissione significherebbe reindirizzare l’utente verso altri siti di comparazione, rallentando e rendendo frustrante l’esperienza d’acquisto. Dopotutto se l’utente si rivolge direttamente alle appo o ai siti di Google, eBay o Amazon per comprare qualcosa, è proprio per evitare di essere reindirizzato da un sito all’altro prima di concludere l’acquisto.
Da queste argomentazioni dipenderanno le future decisioni della Commissione. Nelle prossimi mesi verrà analizzata la documentazione fornita da Google ed elaborata una risposta finale.
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