Tecnologia
Make history!
Nella nota metodologica in calce al volume Il magazzino, Alessandro Delfanti (piacentino, docente di Politiche dei media e della tecnologia all’Università di Toronto) dichiara: “Questo è un libro di parte, che sta con le lotte per migliorare le condizioni di lavoro nel magazzino. Non esisterebbe senza i sindacati e i gruppi di lavoratori e lavoratrici che mi hanno donato il loro tempo e le loro idee”. Il magazzino. Lavoro e robot ad Amazon è un saggio-inchiesta che indaga l’attività produttiva nei magazzini Amazon, e più in generale il rapporto tra automazione e prestazioni umane nell’economia digitale. Si basa su interviste condotte tra il 2017 e il 2021 con dipendenti ed ex-dipendenti delle aziende Amazon in Italia e in altre nazioni, oltreché di differenti industrie dell’e-commerce. In sei capitoli Delfanti analizza la brutale realtà di sottomissione, sorveglianza e tattiche antisindacali attuata nelle società di Jeff Bezos, realtà da tempo nota all’opinione pubblica mondiale, ma raramente oggetto di critica dal punto di vista etico e ideologico. Il primo e più grande magazzino Amazon d’Italia, inaugurato nel 2011, si trova a Castel San Giovanni, a un quarto d’ora di strada da Piacenza, città natale dell’autore: è un edificio lungo 400 metri, situato in posizione strategica per servire gli importanti mercati settentrionali, e occupa più di tremila dipendenti organizzati in turni, ventiquattr’ore al giorno per sette giorni la settimana, confezionando un milione di prodotti al giorno.
Nell’area circostante centinaia di ettari di terreno agricolo sono oggi occupate dai magazzini di Ikea, H&M, FedEx, Zalando, che hanno modificato non solo la struttura del paesaggio, ma anche la mentalità e la concezione del lavoro degli abitanti della provincia piacentina. Amazon sta infatti riplasmando il tessuto sociale di intere nazioni, agendo sui desideri compulsivi di acquisto delle persone, attraverso un unico messaggio: “compra più cose, più in fretta, più comodamente, spendendo meno e senza dover cercare da qualche altra parte”. Il consumismo è diventato istantaneo, tassativo, vincolante, pena l’esclusione dai rapporti interpersonali, grazie a un’intuizione vincente di Jeff Bezos, che fondò la sua azienda nel 1994 come libreria online. Attualmente, con 1,5 milioni di dipendenti, Amazon è la seconda società privata al mondo, dopo Walmart. Vanta un’anima relentless, ovvero implacabile, inarrestabile nell’essere sempre operativa, ossessionata nel rispettare le scadenze e nel pretendere dalle maestranze il massimo rendimento. Da azienda leader nell’e-commerce, in grado di offrire qualsiasi tipologia di oggetti nell’arco di 24 ore, è diventata anche il maggior fornitore di spazio web e di cloud computing al mondo (AWS), ai cui server si appoggiano giganti come Netflix, Zoom e Uber. “Con il programma Rekognition vende tecnologia di sorveglianza ai governi, produce inoltre gadget digitali come l’e-reader Kindle e il tablet Fire. Il suo speaker Echo per la domotica consente di utilizzare Alexa, un assistente virtuale sostenuto da algoritmi in grado di processare il linguaggio naturale… Possiede e gestisce una piattaforma streaming, Prime Video, e grazie agli Amazon Studios ricopre oggi un ruolo importante nella produzione di film e serie tv. Possiede anche Amazon Go, una catena di supermercati completamente automatizzati e i supermercati biologici Whole Foods”.
Amazon investe la propria potenza economica soprattutto nell’innovazione tecnologica, per incrementare il tasso produttivo nei propri magazzini attraverso una capillare robotizzazione e per monitorare i dipendenti, estraendo dati preziosi dalle loro prestazioni. I lavoratori rappresentano infatti la variabile più problematica della produzione, pertanto vengono strettamente controllati e governati per evitare che rallentino o arrestino il flusso delle merci. Il controllo ossessivo agisce a tutti i livelli: sul ritmo e la velocità dettati dagli algoritmi aziendali, attraverso un sistema di sorveglianza invasivo e un lavaggio del cervello dei quadri impiegatizi addetti al marketing e all’amministrazione, su cui fa leva l’idea di emancipazione individuale e modernizzazione collettiva. L’uso didascalico di slogan ripetuti e disegnati ovunque (“I leader sono spesso nel giusto”, “Pensare in grande”, “Passione per il cliente”, insieme ad altre parole d’ordine culturalmente più ambiziose e universali: Work hard, Have fun, Reimagine now, Make history), mirano a introiettare ideali di successo, competizione, orgoglio aziendale e una subdola creazione del consenso nei subalterni, da attuarsi sia attraverso misure disciplinari sia con incentivi e promesse paternalistiche di felicità e divertimento.
Il volume di Alessandro Delfanti analizza in maniera particolareggiata non solo le tecniche di produzione e di vendita di Amazon, ma anche l’ideologia che ne è sottesa, manipolatrice e monopolizzatrice, per cui a livello globale sembra che non possano esistere alternative all’e-commerce di Seattle, sebbene non sempre ai posti di lavoro creati corrisponda un’effettiva crescita dell’economia e dei redditi famigliari nelle aree limitrofe agli stabilimenti. Nei vari capitoli del volume vengono utilizzati gli strumenti dell’intervista e dei sondaggi per analizzare le opinioni di dirigenti, manovali, trasportatori, impiegati, stagionali, ingegneri, programmatori: si raccolgono confidenze, lamentele, rancori, rabbie, speranze di riscatto. Testimonianze toccanti di un’attività frenetica e faticosa, in modalità always-on, che spesso provoca infortuni e malattie professionali legate allo stress. In spazi sempre più robotizzati, asettici, illuminati da luci al neon e attraversati da chilometri di nastri trasportatori, le persone si riducono anch’esse a robot identificati da un codice a barre come quelli stampati su ogni prodotto di cui si occupano. Insomma, sembra che tecnologia e automazione non ambiscano tanto a alleviare il lavoro umano, quanto a direzionarlo e a sottometterlo. La produzione, scandita in quattro passaggi (receive, stow, pick, pack), che Delfanti esamina scomponendoli dettagliatamente, è pensata in funzione della velocità e dell’efficienza che l’azienda promette ai consumatori, per “raggiungere le quote” e “gli obiettivi” necessari al consolidamento della sua crescita.
Il capitalismo digitale sta soppiantando ovunque quello industriale non solo servendosi della riduzione del potere contrattuale dei lavoratori e della precarizzazione, ma soprattutto mirando all’ espansione dei processi di globalizzazione e all’ascesa del mercato finanziario. Sarà sempre così? Cominciano ad aprirsi spazi di critica e contestazione, germi di ribellione tra i dipendenti, una nuova coscienza ecologica ed ambientale tra i clienti, e un revival sindacale che appoggia le rivendicazioni e gli scioperi delle maestranze in vari paesi del mondo: il primo è stato proprio nel magazzino di Piacenza, il 24 novembre 2017, a cui hanno partecipato centinaia di lavoratrici e lavoratori. “Le loro lotte possono aiutarci a immaginare un futuro diverso, un nuovo percorso di liberazione dalla morsa del capitalismo digitale”.
ALESSANDRO DELFANTI, IL MAGAZZINO. LAVORO E ROBOT AD AMAZON
CODICE, TORINO 2023. Traduzione di Daria Restani, p. 288
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