Tecnologia

Il vero problema di Twitter: la sindrome del Marchese del Grillo

9 Ottobre 2015

Poco meno di un anno fa ho deciso che era giunto il momento di aggiungere al mio vecchio profilo Facebook – che ha la sola funzione di “cazzeggio con gli amici” – uno di stampo più lavorativo e, contemporaneamente, di lanciarmi nell’ostico mondo di Twitter. In questo modo ho potuto osservare l’evoluzione dei due profili e, penso, anche di capire per quale ragione Twitter stia attraversando le difficoltà di cui tanto si è parlato in questi giorni.

Quali sono, in estrema sintesi, i problemi a cui sta andando incontro Twitter? Lasciando da parte l’aspetto pubblicitario, gli investitori si sono detti molto preoccupati per la bassissima crescita del numero di utenti (nell’ultimo trimestre sono arrivati appena due milioni di nuovi utenti, portandoli a un totale di 304 milioni, molto al di sotto dell’obiettivo di 400 milioni), per la distanza ormai siderale con Facebook (che ha 1,4 miliardi di utenti) e soprattutto per il fatto che una larghissima parte dei profili risulta praticamente inattivo.

E non c’è da stupirsi: nel mio piccolo esperimento personale è stato facilissimo notare come l’interattività che Facebook offre sia estremamente superiore a quella offerta da Twitter. Uno status azzeccato su Facebook garantisce sempre un tot numero di “mi piace” e commenti, mentre su Twitter l’utente comune si trova spesso e volentieri davanti a un desolante “zero retweet e preferiti”. Fermo restando che, inoltre, trovare amici su Facebook è una passeggiata, mentre avere follower su Twitter è davvero dura.

Grazie alla piccola ma preziosa visibilità che il mio lavoro di giornalista mi garantisce, qualche follower sono riuscito a recuperarlo nell’arco di un tempo relativamente breve; ma come fa a farsi seguire chi non ha visibilità di alcun tipo sui media e vuole utilizzare Twitter come se fosse un social network normale?

Ecco il nocciolo del problema: farsi seguire su Twitter è già difficile di per sé. Inoltre: meno sono i follower, minore sarà il livello di interazione, e questo anche per l’ordine cronologico con cui sono rigidamente organizzati i tweet (al netto della novità del “mentre non c’eri” e del “Moments” che sta per approdare anche in Europa), che diminuisce drasticamente la possibilità che i nostri follower vedano ciò che pubblichiamo, laddove invece Facebook si premura di far vedere i nostri contenuti alle persone con cui interagiamo più spesso.

In definitiva: se ho pochissimi follower, è molto difficile che questi pochi vedano i miei tweet (che si perdono nella marea) e che li ritwittino. Se nessuno ritwitta, è difficilissimo conquistare nuovi follower. Un circolo vizioso che porta molti all’abbandono.

Il deserto di reazioni che segue ai tweet dell’utente comune è davvero frustrante: a meno che uno non sia un vip o abbia una qualche visibilità, Twitter ti fa sentire un signor nessuno. Mentre Facebook è costruito in un modo (in un certo senso geniale) volto proprio a farti sentire una “piccola star”.

E c’è poco da fare, quando utilizziamo i social network (la cosa ha ricevuto anche attenzione da parte della ricerca scientifica) quello che noi desideriamo è soddisfare il nostro ego vedendo che la gente apprezza e commenta quello che postiamo. Ed è proprio questo che ci stimola a utilizzare sempre di più il social network in questione.

Viceversa, saremo portati a utilizzare sempre meno il nostro account se vediamo che nessuno interagisce con noi. Questo è il vero problema di Twitter: l’elevato livello di frustrazione che causa a utenti che non abbiano una visibilità “altra” rispetto al solo social network.

Per questo scrivevo che Twitter non è “un social network normale”, per questo molti l’hanno ribattezzato il “social network dei vip”, per questo altri ancora ne parlano come del “social network perfetto per i giornalisti”, visto anche il modo incredibile in cui permette di seguire le news (ma comunque, per i giornalisti-non-così-noti è una vitaccia).

Di tutti questi problemi ai piani alti di Twitter sono ben consapevoli. Ma invece di rendere meno ostico il processo di interazione, hanno deciso di seguire una strada diversa: rendere Twitter sempre di più un “social news medium” (passatemi il termine orribile), in modo da incentivare l’utilizzo di Twitter per l’aspetto che si è dimostrato di maggior successo: seguire le news. Anche la funzione “Moments”, ovviamente, va in questa precisa direzione.

Ma è la strada giusta? Difficile a dirsi adesso, quando l’esperimento è appena partito; quel che è certo è che se davvero si decide di prendere questa strada allora bisogna prendere il toro per le corna e facilitare sempre di più l’utilizzo di Twitter anche a chi non ha un account. In questo modo si darà sempre meno valore al numero di utenti attivi (e alla loro mancata crescita) e si seguiranno parametri molto più simili a quelli che si guardano per le testate giornalistiche (pageviews, accessi, tempo di permanenza).

Incentivare l’utilizzo di Twitter rendendo sempre migliore le modalità con cui lo si può sfruttare per seguire le news del giorno è certamente una buona idea; ma se il risultato continuerà a essere quello di avere utenti che poi si limitano a seguire determinati hashtag e le personalità celebri a cui si è interessati – senza che mai si abbia il coraggio di lanciare un post per il timore che segua il “deserto” – allora il problema principale non verrà superato.

A questo punto, o si decide di dare agli utenti normali la possibilità di ricevere anche su Twitter le stesse soddisfazioni che ottengono su Facebook, oppure lo si trasforma in qualcosa di diverso, svincolando sempre di più il flusso di tweet, foto e notizie dall’attivazione di un profilo (fermo restando che chi invece vuole può ovviamente entrare a farne parte).

Altrimenti si può spingere quanto si vuole sul tasto delle news, ma Twitter rimarrà sempre un social network destinato ai vip con decine, centinaia di migliaia di follower. Un social network dal quale il marchese del Grillo non fa che ricordare a tutti che: “Io so’ io, e voi non siete un cazzo”.

@signorelli82

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.