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Un’altra intervista così e divento immediatamente un ex lettore del Corriere

4 Marzo 2016

Nel tempo in cui i giornali, i grandi giornali, si fondono, anche al lettore più semplice viene chiesto uno sforzo, una fatica in più della sua splendida e coraggiosa abitudine di presentarsi all’edicola e consegnare il suo euro e cinquanta di speranza per un giornalismo migliore. Gli viene chiesto di selezionare ulteriormente i suoi gusti, le sue istanze, di mettere ancora più a fuoco ciò che vorrebbe da un giornale, ciò che gli piacerebbe leggere, e, non vi appaia un paradosso, anche ciò che gli piacerebbe gli fosse imposto (o inflitto, nel peggiore dei casi). Pochi si possono permettere scelte troppo ampie, e non solo per una questione puramente economica. È che manca il tempo, innanzitutto, ma la mancanza di tempo è ormai diventata secondaria rispetto alla necessità di trovare “il mattino dopo” qualcosa di veramente prezioso che non ti sia passato davanti il giorno prima nel grande flusso internettian-televisivo. La sensazione più crescente, infatti, è lo smarrimento spazio-tempo che ti avvolge quando ti guardi la prima pagina del tuo giornale. Molto ti appare già vecchio, visto, sentito, e per qualche attimo ti chiedi: ma perchè hanno rimesso in pagina una notizia così vecchia?

Noi lettori siamo fatti male. Siamo permalosi. Siamo pretenziosi. Vorremmo imporre anche scriteriatamente le nostre scelte, che spesso in un giornale finirebbero nel cestino della carta straccia. Un po’ perchè i giornalisti ascoltano poco, un po’ perchè se vai troppo dietro ai lettori finirai per perdere la tua identità. Ciò non toglie che i giornalisti che almeno ogni tanto non vengono presi a palle di neve dai lettori, continueranno a credere di vivere in una bolla di onnipotenza, come irraggiungibili, illusi di sè, come corpi separati dal mondo, mentre fuori il mondo c’è. E ti dà anche del coglione, se necessario. Sotto questo cielo, internet ha davvero rivoluzionato i rapporti, ha accorciato in maniera irreversibile le distanze, finalmente il lettore può raggiungere il “suo” giornalista, può ringraziarlo di un buon lavoro ma può anche fargli sapere, praticamente in tempo reale, che ciò che ha scritto rientra agevolmente tra le cose inutili, se non irritanti, se non stronzissime. Non vi sembra una vera rivoluzione? È come se tutte le mattine, uscendo di casa, il cronista trovasse ad aspettarlo tutti i suoi effettivi lettori. Non scorgendo anima viva, potrebbe cadere nella più cupa depressione, trovandoci una piccola folla magari si illuderebbe d’aver lasciato il segno, salvo poi certificare che buona parte è lì convenuta per dirgli di smettere.

Ieri il Corriere della Sera Tv, ha inaugurato una nuova serie. La serie ha per titolo «I Protagonisti», interviste con personalità dei nostri mondi produttivi, insomma soggetti che hanno (o avrebbero) qualcosa da dire ai cittadini/lettori. Il Corriere sta facendo un buon lavoro sull’online, il sito ora seleziona, ha una buona visione grafica, un impatto felice con gli argomenti, e poi c’è la strada ormai tracciata di farsi pagare, di valorizzare il proprio lavoro, di credere che la fatica giornalista abbia una contropartita economica. Una scelta tormentata, così come è stata tormentata quella del NYT, ma che potrebbe dare buoni frutti. Ieri la prima intervista era dedicata a Luca Cordero di Montezemolo, un signore che ormai tutti conoscono piuttosto bene. La scusa che fosse lì è la presidenza Alitalia (ne è anche ad a tempo). Questi signori rientrano nella categoria “potenti”, siano essi manager o politici. Non hanno bisogno che nessuno aggiunga nulla. Vanno trattati con decoro, educazione, eleganza, fermezza giornalistica. Professionalità. Si devono sentire in un luogo non ostile, ma non rassicurati. Da nulla e da nessuno. Cambiali in bianco, no. Neppure per una banalissima intervista. E poi perchè? Ciò che invece vi apparirà dall’intervista è una specie di celebrazione, i primi due minuti e mezzo da incorniciare, il resto a vostro insindacabile giudizio. Il giornalista che ha fatto l’intervista riveste un ruolo apicale all’interno del Corriere della Sera, ne è vice direttore, ne traduce in sostanza la linea, ne interpreta i sentimenti più pieni, è la nostra sentinella, la sentinella di noi lettori, all’interno dei poteri di questo Paese. Ci deve proteggere, deve moderatamente guidarci, deve emozionarci, deve mostrare un distacco “alto, deve puntualmente incalzare là dove è necessario. Altro da questo non ci interessa.

Per esperienza personale, so che stare di fronte ai potenti non è facile, non è semplice. E soprattutto, con le telecamere sei meno protetto, la carta ti permette un anonimato morfologico che la tv invece disvela in modo persino crudele, la tv illumina i tuoi sorrisi, rileva l’inclinazione del capo e la sua disposizione meccanica a salire e scendere in segno di approvazione, la televisione ti spoglia e ti restituisce per i sentimenti che hai. Ecco perchè la televisione è pericolosa e quella via web non lo è di meno delle più tradizionali. Il Corriere ha 140 anni di storia, grande parte straordinaria, nel segno dell’equilibrio, della non rasssegnazione, del distacco appassionato, dell’idea liberale che il potere si racconta in tutte le sue pieghe, ma senza piegarsi.

Qui la notazione esclusivamente personale. Un’altra di queste interviste e sarò da subito un ex-appassionato lettore del «mio» Corriere della Sera.

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