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Una sera ad Amatrice tra macerie, soccorritori e giornalisti in cerca di scoop
A due giorni dal terremoto Amatrice si raggiunge solo passando per la strada sterrata che costeggia il lago di Scandarello. L’altra via, quella che di solito si percorre venendo da Roma, è inagibile e un posto di blocco impedisce di passare. Per arrivare al paese bisogna attraversare un ponte pericolante una macchina per volta, procedendo lentamente. Poi un altro paio di curve intervallate da qualche breve rettilineo e si arriva al campo sportivo, ora campo di accoglienza. Da lì in poi si procede a piedi al buio, ogni tanto si incontrano gruppi di persone, perlopiù soccorritori, con piccole torce. In fondo alla strada, invece, sembra sia già spuntato il sole: ci sono gli inviati delle televisioni schierati e le luci di scena puntate su una casa accartocciata, dietro cui si stagliano alti pini. Il tetto, quasi integro e con il comignolo, sembra poggiato per errore su un cumulo di calcinacci. Il centro storico è inaccessibile, limitato dal nastro bianco e rosso. A presidiare c’è la guardia di finanza: “Non posso farvi passare – dice un agente – stanno continuando a scavare, ma solo lì dove sono sicuri che ci sono persone”.
A pochi passi è piazzato l’accampamento dei vigili del fuoco, si riposano dopo la giornata passata tra le macerie. Parlano e scherzano tra loro, c’è chi si è appena lavato e gira in accappatoio, si preparano per mangiare. Al posto di blocco arrivano tre donne avvolte nelle coperte, si rivolgono alle forze dell’ordine. Una di loro chiede di cercare la sorella e il cognato e spiega dov’era la casa, il lato in cui si trovava la camera da letto. Un pompiere la ascolta e annuisce, restano ancora un po’ a scambiarsi informazioni, poi le signore si girano e si rincamminano verso il palazzetto dello sport. Un cane nero con il collare oltrepassa il nastro, va avanti per un po’ verso gli operatori della protezione civile, poi torna indietro e prende una via illuminata dai lampioni. Lì c’è una palazzina di tre piani: il primo non ha più le pareti esterne, si distinguono un bagno e una camera con il letto su cui è crollato un pezzo di muro. Nel balcone sopra, rimasto intatto, i panni sono stesi ad asciugare. Più avanti un’altra casa: è ancora in piedi, ma il muro laterale è collassato, mostrando quello che forse era un salone. Nella strada accanto, dietro un recinto, c’è un parco giochi: tra uno scivolo e una giostrina qualcuno ha piantato delle tende blu.
Sono passate le undici, in giro solo silenzio, si sentono le rotelle dei trolley che i giornalisti spingono mentre lasciano le postazioni. Una poliziotta tiene al guinzaglio due cani che annusano l’aria. Due ragazze passano chiacchierando a voce bassa. Si ritirano anche i gruppi di volontari della Croce Rossa, vanno verso il campo allestito nel palazzetto dello sport. “Di aiuti ne sono arrivati tanti”, racconta un operatore della protezione civile. Gli spalti ospitano centinaia di vestiti, scatoloni contenenti prodotti per l’igiene intima, pannolini, mentre dalla finestra della struttura si intravedono confezioni di pasta di tutte le marche. “Domani distribuiremo i prodotti anche agli altri campi che stiamo organizzando proprio ora”, dice ancora l’operatore. “Stasera la Croce Rossa ha attivato la mensa – aggiunge – nonostante le strade strette e poco percorribili direi che sta funzionando tutto”. All’ingresso del palazzetto i volontari accolgono le persone che arrivano a chiedere coperte, dietro di loro circa 30 persone dormono sulle brandine. “Non sono tanti i cittadini rimasti – spiega ancora l’operatore – molti sono andati via, da amici e parenti”. Fuori restano in pochi, quasi tutti indossano una divisa. Una giornalista con telecamera al seguito ferma tre ragazzi, il tempo di girarsi e si ritrovano con la luce puntata e il microfono davanti: “Seconda notte senza casa…”
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