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Una buona notizia: lo Stato torna a occuparsi di digitale e rete unica
In questi mesi di emergenza è risultata ancora più evidente l’esigenza di avere un Paese coperto dalla rete veloce. Ne ho parlato alcune volte qui su Gli stati generali.
La rete è un diritto di cittadinanza e, in quanto tale, è fondamentale l’interesse e l’intervento dello Stato, che deve investire sulla copertura e sulla sicurezza dei dati.
L’autunno ci porrà di nuovo di fronte ad alcune delle problematiche che il lockdown ha fatto emergere e il nostro Paese potrebbe nuovamente fare i conti con i propri ritardi, con territori digitalmente arretrati.
Questi giorni di fine estate stanno segnando un passo verso una decisione se non storica quanto meno determinante per il nostro futuro: il Governo ha trovato l’intesa per dare un primo via libera alla rete unica, gestita da un soggetto che dovrebbe nascere dalla fusione tra la rete di Telecom Italia e quella di Open Fiber.
Un primo passo dicevamo – perché il percorso è ancora lungo e potrebbe essere accidentato – verso una società delle reti e della tecnologia a governance pubblica, sebbene in questo momento anche l’elemento “pubblico” sia ancora tutto da definire.
La governance della newco Fibercop prevede al momento che l’amministratore delegato sarà espresso da Tim con l’accordo di Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) e il presidente – che avrà deleghe corpose – sarà designato da Cdp con l’ok del gruppo capeggiato da Gubitosi. E sugli indirizzi strategici – ha spiegato il Sole 24 Ore – “ci sarà un sistema di maggioranze qualificate che consentiranno a Cdp di incidere sulla direzione finale, soprattutto rispetto a snodi cruciali come gli investimenti futuri che dovranno ovviamente andare a supporto dell’infrastrutturazione del Paese”.
Ci sarà ancora da sciogliere il “nodo” Open Fiber, ossia del ruolo della società di cui Cdp è azionista insieme con Enel con il 50% a testa e che sta, seppur con una certa lentezza, eseguendo lavori di copertura sul territorio nazionale.
Inoltre, sul progetto dovranno esprimersi Agcom, Antistrust e Commissione europea.
Come si vede, i nodi critici sono ancora molti.
Eppure è auspicabile che la strada tracciata prosegua, perché la rete è il fattore maggiore di accelerazione di sviluppo tecnologico: come abbiamo già scritto altre volte, il Paese scivola progressivamente in tutti gli indici di digitalizzazione, con effetti pesanti sullo sviluppo socio-economico. A questo va aggiunto che un deficit di accesso alla banda larga, e alle infrastrutture immateriali ad essa collegate, oggi rappresenta un deficit di democrazia.
Non possiamo più permettercelo.
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