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Un plauso con qualche perplessità alle critiche di Milena Gabanelli

22 Dicembre 2018

La brava giornalista Milena Gabanelli nel suo videoblog sul Corriere della Sera on line questa settimana ha scagliato una lancia contro i siti che offrono notizie gratis; l’informazione ha un valore e la carta stampata non può vivere di sola pubblicità, ha affermato. Solo You Porn può farcela solamente con inserzioni. La carta stampata necessita invece anche di abbonati paganti. Unicamente i giornalisti, che sono professionisti vincolati da un codice deontologico, fanno un controllo delle notizie. Volere invece fruire di notizie gratis apre la strada al depauperamento dell’offerta, con redattori pagati a 15 euro a pezzo se va bene -qui in verità neanche quello- contenuti di scarso valore ed apertura degli argini alla diffusione di fake news. Gli unici che approfitterebbero di questo stato di cose sono solo i grossi protagonisti di internet Google, Twitter e Facebook che fungono da vetrina per le notizie on line. Questo in sintesi il suo assunto.

La dottoressa Gabanelli ha senz’altro ragione nel lanciare l’allarme sui rischi derivanti dalla precarietà del mestiere giornalistico e la pericolosa riduzione dei margini economici per tutti gli operatori. Ma per quanto riguarda il calo di qualità dell’offerta a causa dei social omette di contemplare che la responsabilità è anche dei quotidiani nazionali che hanno trascurato a lungo di presentarsi adeguatamente on line, lasciando lo spazio alla nascita di molti altri soggetti in rete. Per lungo tempo poi, hanno limitato la qualità dei contenuti prendendo gli internauti come lettori di seconda classe.

Milena Gabanelli, in un successivo video della sua rubrica Dataroom sul Corriere della Sera se l’è presa, e per quanto è dato capire pienamente a ragione, con Facebook anche perché permette l’esistenza di una pagina con la sua foto che diffonde a suo nome cose che ella non ha mai affermato. Sovviene una breve digressione, pure la giustizia tedesca, in un piccolo caso che si è svolto innanzi al tribunale di Monaco di Baviera si è scontrata con la mancata collaborazione di Facebook. L’imputato era accusato di avere diffuso due commenti razzisti contro i mussulmani nel sito della società di gestione delle piscine pubbliche della capitale della Baviera. Gli inquirenti erano risaliti alla sua pagina Facebook come fonte e ne avevano chiesto i movimenti alla società che però non li ha mai forniti. Alla fine, dopo quattro udienze, i giudici hanno assolto l’imputato per impossibilità di stabilire con certezza che fosse lui la fonte dei post, altrimenti a detta della Presidente della Corte, senz’altro penalmente sanzionabili.

In conclusione, la denuncia di Milena Gabanelli che occorrono maggiori equilibri nel sistema informativo nazionale coglie nel segno, ma non individua che i correttivi necessari non possono che scaturire dagli stessi quotidiani che devono decidere di offrire un prodotto on line più dinamico se vogliono togliere spazio e lettori a siti internet meno accurati. I quotidiani hanno dalla loro le capacità di internazionalizzarsi, come hanno dimostrato le inchieste realizzate da diverse testate collaborando su larga scala, quali quella sui Panama Papers. In Germania ad esempio la Süddeutsche Zeitung ha costituito un team di inchiesta con la WDR e la NDR.

Oltre a ciò, senza un improponibile dispendio di mezzi le testate storiche italiane farebbero un passo avanti anche già creandosi una rete diffusa di propri collaboratori che affianchino i pochi corrispondenti all’estero. Questi ultimi non possono essere dovunque ed avere occhi dappertutto, un team invece potrebbe più efficacemente segnalare le notizie da pubblicare in rete con maggiore celerità; fermo restando che i quotidiani hanno soprattutto il compito di contestualizzare e commentare gli eventi, offrendo un quadro interpretativo al lettore. Dotati poi anche di un po’ di mezzi, i coadiutori potrebbero spostarsi di più sul territorio e raccogliere contenuti in competizione alle agenzie stampa che servono le stesse informazioni a tutte le redazioni.

Fuor di metafora, si faccia ad esempio il processo al collaboratore nazista Iwan Demjanjuk a Monaco di Baviera: si mossero i media di tutto il mondo, dall’Italia mi risulta fu mandato unicamente il corrispondente di Repubblica e solo all’udienza di apertura e quella di chiusura di un dibattimento durato in effetti un anno e mezzo. Non si può fare l’elogio della serietà dei quotidiani di carta stampata nel verificare le notizie se si deve poi al contempo constatare come essi spesso lesino nel raccoglierle direttamente.

Immagine di copertina: Pixabay, https://pixabay.com/it/dadi-su-un-giornale-profitto-2656028/.

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