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Soci del Corriere, se tenete ai lettori dateci un direttore come si deve
Scriviamo da lettori del Corriere della Sera. Contiamo (ancora) qualcosa? Quell’esercito di azionisti che un bel giorno ha deciso di giocare all’editore (del più grande giornale italiano) pensa davvero che bastino i milioni per sentirsi il padrone del vapore? (Temiamo di sì). Il Corriere ha un’altra storia, anche nei tormenti. Soprattutto nei tormenti. I padroni, sappiatelo cari azionisti da salotto, siamo noi. Siamo noi che mettiamo il nostro euro e cinquanta quotidiano per il sostentamento di un’idea liberale. Uno e cinquanta tutti i giorni, quando non di più con gli inserti vari. (Piuttosto, una richiesta di chiarimento all’ad Scott Jovane: ma quelle copie che l’edicolante ci vende tagliate sul bordo o con una cancellatura in alto a destra, sono per caso copie omaggio che riciclate a nostre spese, guadagnandoci due volte?)
In questo periodo il giornale non è granchè. Ve ne siete resi conto, gentili azionisti, vi interessa qualcosa della qualità del prodotto o state pensando solo a far cassa per tamponare i debiti? Se cala la qualità del giornale, i debiti saliranno comunque, questo vi è sufficientemente chiaro o ci vuole il genio della lampada? Avete commesso un errore imperdonabile mesi fa: annunciare il cambio del direttore, ma ritardato di nove mesi, giusto per regalare a Ferruccio De Bortoli l’ultima felice gravidanza. Un periodo senza più identità, privo di mordente, senza un progetto definito per il futuro. Chi lo paga questo errore? Anche voi, naturalmente. Oltre ai lettori, che il giornale lo leggono almeno. Inutile ricordarvi che il giornale ha perso peso politico, quindi voi di conseguenza avete perso peso nei vostri salotti. C’era quella pubblicità: «Vuoi perdere peso? Chiedimi come!». L’avete pensata voi, vero, cari azionisti del Corriere della Sera?
Adesso siete tutti lì intorno a un tavolo per capire quale direttore nominare. Capendo nulla di giornalismo, il rischio che canniate pesantemente non è solo possibile, è altamente probabile. Girano nomi che onestamente non hanno senso, l’ultimo è Polito. Allora, noi lettori vogliamo aiutarvi. Aiutarvi senza seconde letture, senza retro pensieri, pensando egoisticamente al nostro bene, soprattutto al nostro bene di lettori (non eternamente affezionati). È chiaro che in un posto grande come il Corriere della Sera, non pensare a una risorsa interna è un po’ un delitto. Come quelle riserve della Repubblica che rappresentano un presidio di sicurezza, di tranquillità democratica, quando le situazioni del Paese sono molto intricate. È andata proprio in questo modo quando si è trattato di districare la matassa del nuovo presidente della Repubblica. Matteo Renzi ha pensato a una riserva come Mattarella e ha fatto bingo.
In certi casi è utile fare dei nomi per capire cosa si intenda per risorsa interna. È un mix facile eppure complesso, che comprenda autorevolezza, sapienza giornalistica, esperienza sul campo, stima dei colleghi. Un nome ve lo facciamo, cari azionisti, in modo che possiate comprendere quella linea di decenza sotto la quale è impossibile scendere. Il nome è quello di Gian Antonio Stella. Su questa linea, che sia lui o un altro come lui, noi (lettori) ci stiamo.
Magheggi strani evitateli, perché vi respingeremo con perdite. Le perdite saranno quelle delle edicole, a cui non verseremo più quotidianamente il nostro euro e cinquanta (altri giorni anche di più).
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