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Senza un linguaggio chiaro e appropriato, la critica politica resta aria fritta!

30 Giugno 2020

L’esigenza di un’informazione più completa e immediata, tanto nel linguaggio quanto nei contenuti, scaturisce in primo luogo dall’insofferenza generale nei riguardi della politica e dei suoi rappresentanti. Non si può continuare a informare scegliendo di denigrare o adulare a seconda dei dettami della parte che si preferisce e con cui ci si schiera. Vi è un’urgenza, sempre più impellente, di un nuovo modo di comunicare ed esercitare la critica, che precede addirittura la necessità di innovare la sostanza della classe dirigente. Eppure, se la solita, inutile e sleale minutaglia politica va perdendo provvidenzialmente dei pezzi, e anche di peso, si fa per dire, la chincaglieria intellettuale che ne ha raccontato fino ad ora le gesta, coprendone l’indecenza con atteggiamenti e congetture da rattoppo, resta ferma al suo posto, come se, questa, non avesse niente a che fare con una maniera di concepire il potere grazie al quale è stata legittimata a pensare e a scrivere ovvietà sconcertanti, banalità disarmanti e schifezze in genere.

Chiamati a difendere un sistema che protegge quanto di più indegno possa produrre una società contorta e perversa come la nostra, oggi, molti critici e giornalisti girano a vuoto intorno all’asse dell’evanescenza, abituati come sono ad agire a comando, ad abbaiare quando scatta un ordine dall’alto, a stare in guardia quando il padrone li mette in allerta, a scodinzolare quando, invece, li rimbrotta. Che strano, di canile hanno tanto, ma non il fiuto, che poteva tornare loro utile, se non altro per prevedere in tempo che un’insoddisfazione di massa, ramificata in rete, quand’anche squinternata e nevrastenica, li avrebbe ridimensionati nella funzione, giudicandoli scribacchini e simulatori di pensiero.

Via, s’invoca da più parti un po’ di ritegno! Ci ritroviamo giornalisti di grido (e non solo perché urlano) che, nonostante innumerevoli cantonate, sbagliatissime previsioni e ipotesi scriteriate sullo stato sociale della nazione, hanno ancora l’ardire di sbraitare dalle poltrone televisive di questo o quel talk, esponendo, ripetutamente un vuoto ideologico snervante e una caratura deontologica di livello infimo. Si fa, a buon ragione, un gran parlare della limitatezza di chi, fin qui, ha governato la nazione, ma non altrettanta attenzione è riservata agli “intelligentoni” che per un tempo analogo hanno raccontato, criticato e analizzato il paese, chi senza azzeccarne una, chi senza essere adeguatamente attrezzato per farlo. Eppure, pare chiaro a tutti, anche agli sprovveduti, che a fare da contraltare a una classe politica non del tutto adeguata ce ne sia una giornalistica altrettanto inadatta.

Ridotta, ormai, a materia non soggetta a ragionamento, la politica gode dell’assenza di una critica autentica, pertinente, autorevole. Pertanto, due delle attività fondamentali di uno stato civile ed evoluto, la politica e la comunicazione, da noi versano in una condizione rovinosa. Devono necessariamente cambiare registro e ammodernarsi, recuperando uno spirito e introducendo nuovi metodi : diversamente, il paese resta nelle mani di interpreti di basso profilo e narratori di aria fritta.

 

 

 

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