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Recensioni o schede prodotto? Tuttolibri cede l’archivio ad Amazon
Un virus si aggira da troppo tempo tra le mura inconsistenti delle redazioni culturali. Christian Raimo l’ha battezzato con felice neologismo “ufficiostampizzazione” che definiva come “riduzione della critica culturale a prodotto da promuovere, la sudditanza anche solo psicologica nei confronti del marketing aziendale”. Manca da troppo tempo una rivista culturale degna di questo nome e quelle che esistono, storiche e ancora cartacee invece di difendere la propria autonomia scendono nella fossa dei leoni.
La Lettura del Corriere della Sera s’è reinventata. Prima finiva direttamente nel cestino quando era in accoppiata gratuita. Lasciata dagli edicolanti negli spazi vicini ai tornelli visto che non c’era resa per il supplemento. Adesso nella sua terza vita di supplemento settimanale a vendita facoltativa sembra più vivace. Il domenicale del Sole è sempre un bel leggere e poi c’è per semplice e necessaria sintesi, Tuttolibri. Il supplemento del sabato de La Stampa soffia sulle prime 40 candeline con quello che il quotidiano torinese celebra come ‘contaminazione’ necessaria, per andare là dove i lettori si trovano. Le recensioni di Tuttolibri saranno direttamente nella descrizione del libro su Amazon. E ogni due settimane ci saranno ancora dei percorsi ad hoc. Così “dopo quarant’anni, Tuttolibri vuole restare un settimanale prestigioso e riconosciuto come punto di riferimento per tutta l’editoria ma esserlo anche nel mondo digitale” commenta il direttore Calabresi. E dove va a cercare questo spazio Tuttolibri? Proprio nel marketplace globale, quell’Amazon che ha falciato via tante piccole librerie.
Il mercato ha leggi che il cuore non può – per fortuna – comprendere sino in fondo. C’è differenza fra contaminazione e mischia senza capo né coda. L’autorità di una recensione è stata già messa a dura prova dai colpi di uffici stampa e ricatti incrociati nel monopolio che, di fatto, esiste nel mondo delle lettere italiane. Calabresi nel video dell’annuncio usa delle parole che spingono a più di una riflessione: “abbiamo preso 1200 recensioni del nostro archivio, le abbiamo date ad Amazon e saranno le schede prodotto che andranno ad affiancarsi alla recensioni dei lettori. […] A cui si aggiungeranno altre 800 recensioni nuove all’anno”. Ecco. Sono quelle parole che stonano: recensioni ridotte a schede prodotto. La critica abbassata al passaparola che tanto impatta sugli acquisti ai tempi dei social network. L’autorevolezza del critico calpestata nella stessa arena in cui si muove il lettore più sperduto in balìa di sconti e promozioni.
Il perimetro del giornale, il suo menabò offriva un giardino felice in cui ritagliarsi tempo per il mondo delle lettere e della cultura. Quel che rimane del giornalismo culturale è stato sempre accusato di essere troppo ammanicato con le case editrici e gli imperversanti uffici stampa e la loro linea diretta con le scrivanie dei redattori. 800 recensioni l’anno destinate già a diventare altrettante ‘schede prodotto’ in questa pervasiva voglia di ibridazione in cui il giornalista è ridotto al ruolo di promoter. Non c’è più spazio per l’educazione del lettore che, come ricordava Raimo, è il ruolo principale del giornalismo culturale (e del giornalismo tout court). Non ci può essere tra le pareti virtuali del negozio più grande del mondo.
Antonino Pintacuda
@toninopintacuda
Fonte: Cultora
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