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Precari: caro presidente Iacopino, e se cominciassimo a…
L’Ordine dei giornalisti si è costituito parte civile nel processo, istruito per violenza privata, a carico dell’editore di Calabria Ora, in seguito al suicidio di un collega.
Qualche giorno prima di essere chiamato con altri ex colleghi a testimoniare, ho avuto modo di sentire telefonicamente il presidente Enzo Iacopino, al quale, se un merito va sicuramente ascritto, è quello di aver sollevato e cercato di porre rimedio alla questione dei compensi per i free lance, giungendo anche alla realizzazione della Carta di Firenze che dovrebbe garantire quanti collaborano da esterni alla fattura di un giornale. Molti non sanno, infatti, che se per assurdo un giorno tutti i collaboratori di una qualsiasi testata incrociassero le braccia, pochissimi giornali riuscirebbero ad arrivare in edicola il giorno dopo e quelli online rimarrebbero non aggiornati. Eppure, i compensi a volte sono anche di quattro euro ad articolo.
Il fatto è che la categoria dei giornalisti, sempre pronta a pontificare su tutto, non ama mettere in piazza le proprie vergogne. Perché, come definire altrimenti, quello che sta dietro la candida ammissione che una collega che collabora con una rivista di gossip mi ha fatto l’altro giorno? “Mi pagano venti euro a pezzo. Ho accettato perché se io rifiuto ci sono schiere di altri collaboratori disposti a scrivere gratis”, mi ha spiegato. Così come un’altra ha detto: “Mi ha chiesto di firmare come direttore un numero, ho accettato perché così, almeno, visto che sono ferma con il lavoro, il mio nome continua a girare”. Si riferiva a un editore, tristemente noto, che nel corso degli anni ha truffato decine e decine di giornalisti (solo nell’ultimo anno non ha pagato stipendi per oltre ottantamila euro). Lui, però, è sempre lì, che continua – quando riesce – a editare nuovi giornali.
La questione che vorrei porre al presidente Iacopino, a questo punto, è questa: e se questi editori non trovassero più giornalisti disposti a firmare come responsabili le loro pubblicazioni?
Come fare? Mi è capitato di leggere sul Corriere del Mezzogiorno, il dorso del Corriere per Campania e Puglia, questa notizia:
«Denunceremo i commercianti che non denunciano gli estorsori per concorso esterno di associazione di stampo mafioso o associazione per delinquere finalizzata al reato di estorsione». Lo ha dichiarato in una intervista a Radionorba il questore di Foggia, Piernicola Antonio Silvis, commentando l’ondata di attentati contro negozi a Foggia e in provincia.
«In questo territorio – ha detto il questore – il concetto di legalità sfugge, per cui vorrei fare un invito a tutti gli esercenti e gli imprenditori vittime di estorsioni perché facessero come hanno fatto i loro colleghi a Bagheria, a Palermo, dove tutti i commercianti hanno denunciato le estorsioni: così facendo probabilmente questa piaga si estinguerebbe. Se non denunceranno le estorsioni – ha detto il questore di Foggia – cominceremo probabilmente a denunciare i commercianti per concorso esterno in associazione di stampo mafioso o associazione per delinquere finalizzata al reato di estorsione. Riteniamo che questo sia un segnale importante da dare alla collettività perché se il concetto di legalità sfugge e non ci si rivolge alle autorità dello Stato allora dobbiamo essere noi a spingerli in un modo o nell’altro a farlo».
Non so giuridicamente, nel caso specifico dei giornalisti, come la cosa potrebbe configurarsi. Ma so, purtroppo per esperienza diretta, che ci sono colleghi (i nomi, gira e rigira, sono sempre gli stessi) che ritrovi sempre come direttori responsabili di pubblicazioni – spesso edite con il sistema del service, quello migliore per evadere i contributi previdenziali – riconducibili a editori senza scrupoli.
Se l’Ordine cominciasse a fare piazza pulita di certi giornalisti compiacenti, potrebbe essere un buon inizio. Perché, come ho detto nella telefonata al presidente Iacopino, sarebbe opportuno che si intervenisse prima che i precari si puntino una pistola alla testa. Farlo dopo, per quanto giusto, mette solo tanta tristezza.
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