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Popper, Kuhn e Boccia al centro

29 Aprile 2020

Non possiamo non dirci seguaci di Popper, a giudicare dallo scandalo che ha suscitato la pretesa del ministro Boccia che gli scienziati gli forniscano “certezze inconfutabili”.
Su Gli Stati Generali la sua richiesta è stata definita una “sonora cazzata”.

La locuzione di Boccia è infelice, ma non migliore servizio hanno offerto alla Scienza i chierichetti di Popper, citandolo come nei tempi bui si citava Aristotele, come testimonia l’articolo su Strade online, Parola di Popper.

Il successo di Popper fuori dalla cerchia degli addetti ai lavori è da attribuire all’indubbio valore delle sue riflessioni, all’ampiezza dei temi trattati ma anche al fatto che queste si prestano a farne slogan:

“Un’affermazione è scientifica se è confutabile, altrimenti è metafisica”
oppure
“La scienza procede per congetture e confutazioni”.

Immaginiamo la versione popperiana del presidente degli Stati Uniti J. F. Kennedy che annuncia  il progetto di portare l’Uomo sulla Luna:

“Abbiamo deciso di andare sulla Luna [ ] …Spenderemo miliardi di dollari per mandare l’Uomo sulla Luna nel tentativo di confutare l’ipotesi scientifica che la Luna esiste.
A verificarla sono bravi tutti. Pure i sovietici che non sono scientifici ma metafisici…”

Quelli che dubitano che l’uomo sia andato sulla luna sono forse popperiani che ci sono rimasti un po’ male?

Forse la pretesa di Boccia appare meno sciocca se invece di affidarci alla visione della Scienza di Popper, ci affidiamo a quella di Thomas Kuhn, espressa nel saggio Struttura delle rivoluzioni scientifiche.

Per quello che ci interessa qui possiamo dire che le tesi di quel saggio sono due:
1. La Scienza non procede in modo lineare: alterna fasi di scienza normale e fasi di rivoluzione.
2. I Paradigmi scientifici sono incommensurabili.

Nella fase di scienza normale si procede, all’interno di uno scenario dominato da un paradigma di riferimento, per congetture e confutazioni, addomesticate dalla progressiva introduzione di ipotesi ad hoc, che mirano a ricondurre le “anomalie” al paradigma dominante e limitare la confutabilità del medesimo
L’egemonia di un paradigma ha aspetti negativi, come la censura di confutazioni radicali. D’altro canto ha aspetti neutri: gli investimenti in ricerca sono orientati in base al paradigma di riferimento; si sottragono risorse a filoni di ricerca promettenti e in conflitto ma allo stesso tempo si evita di disperderle in una miriade di direzioni.

Nella fase rivoluzionaria, paradigmi alternativi si fanno strada, facendo leva sulla insostenibilità delle ipotesi ad hoc, fino a che uno di essi soppianta il precedente per ragioni varie.

La confutazione ha un ruolo marginale perché i paradigmi sono “incommensurabili”: affrontano i fatti da osservare da fronti diversi con concetti diversi e sistemi di verifica diversi, in questo senso il paradigma tende ad uno stato di autoreferenzialità o con molta approssimazione di inconfutabilità.

Torniamo al Ministro Boccia e chiediamoci: il corona virus è un’anomalia oppure è coerente con il paradigma dominante in epidemiologia?
Se è un’anomalia, è facilmente riconducibile attraverso ipotesi ad hoc a quel paradigma?
Oppure è un’anomalia talmente profonda da minare il paradigma dominante e aprire la competizione ad altri paradigmi?

Una fase di scienza normale è caratterizzata da un elevato grado di omogeneità nelle proposte degli esperti.
Le istituzioni scientifiche sovranazionali e nazionali propongono risposte coerenti e omogenee?

Esiste un consenso pressoché unanime presso la comunità scientifica su questo tema?

Insomma, esiste già un paradigma di riferimento, possiamo definire un’ortodossia e le relative eterodossie? Oppure dobbiamo aspettare che uno si imponga?

La richiesta di “certezze inconfutabili” può essere letta come la richiesta di un un consenso elevato a favore di un paradigma, un consenso da ottenere con le buone – gli argomenti popperiani – o con le cattive – in forza di argomentazioni non solo popperiane.

Un paradigma a partire dal quale sia possibile prendere decisioni politiche e scientificamente sensate, come avviene peraltro in altri ambiti sociali economici e giuridici, per i quali i “tecnici” sono i portatori “asintomatici” di paradigmi, di ciò che in quella fase è l’ortodossia che orienta la ricerca e gli investimenti.

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