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Pensare è sopravvalutato, lasciamolo all’AI
Come liberarci una volta per tutte dal fastidio della riflessione umana
Il dibattito sull’intelligenza artificiale impazza nel nostro Paese. Ne parlano tutti, come della Juve di Thiago Motta: intellettuali di professione, sociologi, salumieri superstiti, professori di ogni ordine e grado. Ma mentre ci perdiamo in queste discussioni, dimentichiamo forse un dato più inquietante: il 47% degli italiani è analfabeta funzionale.
Non significa che non sappiano leggere, scrivere o fare di conto, ma che non sono in grado di utilizzare efficacemente queste competenze. È un deficit di ragionamento critico, una dipendenza cronica da informazioni semplificate e frammentarie. E allora viene spontaneo chiedersi: l’IA è il problema o semplicemente il naturale successore di una mente collettiva già in affanno?
Il punto è che abbiamo rinunciato a pensare da molto tempo. Prima abbiamo smesso di contare, poi di orientarci, infine di scrivere. Ora, con ChatGPT, siamo arrivati ai saggi degli studenti, alle relazioni per gli impiegati e persino alle tesi di laurea. Un successo verrebbe da dire. Finalmente liberi dalla responsabilità di dire sciocchezze, dal dubbio, dalla fatica di pensare.
Ma se noi smettiamo davvero di pensare, chi controllerà l’intelligenza artificiale? Ora siamo vicini a qualcosa di ancora più inquietante. Secondo Giuseppe Trautteur, fisico e informatico teorico, «l’IA è già pronta a sviluppare una coscienza». Non è fantascienza, né distopia. È una frontiera nuova, prossima. E se avessimo già perso in partenza la corsa contro il tempo, cedendo all’intelligenza artificiale l’ultimo residuo di lucidità che ci è rimasto?
Poul Lafargue, genero di Marx, nel suo “Diritto all’ozio” sognava un mondo in cui gli operai avrebbero smesso di idolatrare il lavoro. Noi stiamo andando oltre: ci stiamo liberando anche dal peso della nostra stessa mente. Ma così come il lavoro fisico non è sparito, semplicemente si è trasformato, nemmeno il pensiero potrà estinguersi. Forse la vera rivoluzione sarà imparare a usare l’AI senza diventarne schiavi. Ma questo richiede un piccolo sforzo: pensare. E se fosse già troppo tardi?
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