Media
Obama e il Ganzo Journalism
Attenzione: con le interviste a Vox, Buzzfeed e Vice Obama ha scelto di puntare NON sul digitale, NON sui social MA sull’informazione digitale, oltretutto la più innovativa e sperimentale. Tre indizi che ci portano a capire che i media del futuro o saranno di avanguardia o non saranno. O faranno prodotti arrappanti o da soli, lo spirito critico e l’indipendenza, non basteranno.
Tre indizi fanno una prova. A dire il vero ne bastava uno ma tanto meglio.
Eccoli:
1. Un mese fa Obama ha rilasciato un’intervista video a Vox. Spettacolare da molti punti di vista. Fate prima voi a vederla (anche pochi secondi) che io a spiegarla, ma per i più pigri il carattere di novità consiste in questo: mentre Obama parlava e gesticolava si aprivano delle finestre con testi o grafici ad accompagnare la visione e l’ascolto. Una figata unica. Non a caso quell’intervista da molti analisti è stata vista come un punto di svolta. Analisti quasi tutti stranieri, va da sé. Commenti in Italia di questa cosa? Pochissimi. A memoria me ne ricordo uno solo, di Marco Bardazzi, ex responsabile digitale de La Stampa e ora capo della comunicazione Eni, ma magari altri me ne sono sfuggiti.
2. Poco dopo è uscita un’altra intervista di Obama, stavolta a Buzzfeed. Obama nel trailer dell’intervista appare con uno di quei cosi che vendono i cingalesi in corso Como per farsi i selfie più belli, fa facce strane, le fa pure davanti allo specchio. Altro punto di svolta. Nessun politico (tantomeno un Presidente, il Presidente) si era mai spinto a fare una cosa del genere. Commenti? Pochi, tutti sul web. I quotidiani ne hanno parlato, hanno approfondito? Zero.
3. Ieri Vice ha annunciato: domani intervisteremo Obama. Ma non si è limitato a questo, ha fatto di più: ha spiegato dove lo avrebbe incontrato, cosa avrebbero fatto insieme e con che tempi. Infine ha lanciato un hashtag, #vicemeetsobama, chiedendo al proprio pubblico di inviare spunti domande riflessioni. Il pezzo si conclude così: l’unione fa la forza.
Ora. È un caso che Obama abbia deciso di mettersi a disposizione così tanto per tre siti web? Stiamo parlando del presidente degli Stati Fucking Uniti d’America, quindi della persona più impegnata sulla faccia della terra. Oltretutto, per ovvie ragioni, quando Obama fa una cosa sa perfettamente perché la fa e come la deve fare. Niente scherzi, nessuna improvvisazione. È tutto concordato al dettaglio. Ergo: Obama, nel caso di Vox, sapeva che durante le sue risposte si sarebbero aperti dei pop up con delle info, così come nel caso di Buzzfeed sapeva già che prima o dopo l’intervista istituzionale avrebbe dovuto recitare come un attore, e idem nell’ultimo caso ha dato il suo assenso affinché Vice spiattellasse con un giorno di anticipo i suoi programmi e la notizia dell’intervista. Tutto questo cosa ci dice?
Altre tre cose:
1. Obama ha scelto di puntare pesantemente – attenzione! – non sul digitale, non sui social (come ha già fatto in passato) ma sull’informazione digitale, sui media che vivono soltanto online. E non sull’informazione digitale sui generis ma la più innovativa, la più sperimentale, la più figa. In America Vox, Buzzfeed e Vice fanno numeri esagerati, ma non è solo questo il punto, c’è anche un discorso di target (diversi tra loro), di linguaggio, di freschezza. Obama si dimostra avanti anni luce. Renzi tu che fai, ce la dai a noi un’intervista che rispetti questi canoni?
2. Vice, poi, si allarga: ce ne sono già stati di esempi di giornalismo partecipativo, ma di certo non con un Presidente, il Presidente. La mentalità giornalistica classica è quella di fare le cose di nascosto per poi uscire con un’esclusiva. Soprattutto se l’intervista è a un Presidente, il Presidente. Invece no, se ne fregano, aprono a tutti, Open source a manetta.
3. Questo rafforza una convinzione: il giornalismo è morto; che novità direte, sì, ma per me dire che il giornalismo è morto significa dire che sono morti pure tutti quei discorsi sul giornalismo, su come sta cambiando, cosa c’è dopo, sulla differenza tra il digitale e carta stampata. Mi sto sempre di più convincendo che sia proprio il caso di chiamare il giornalismo con un altro nome, forse ganzo journalism, o che perlomeno un altro tipo di giornalismo debba essere fatto: qualcosa di più arrapante e coinvolgente di sicuro, perché lo spirito critico e l’indipendenza sono fattori fondamentali ma da soli non bastano, non basta più l’autorevolezza bisogna essere anche veloci, fruibili, ammiccanti, con un video un’intervista un servizio. Bisogna far eccitare chi guarda, chi ascolta, chi legge. In una parola, bisogna essere ganzi. Sì, per me l’era del ganzo journalism è definitivamente iniziata. Occhio perché giornalismo e arte non sono mai stati così vicini. Tre indizi, una prova.
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