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“Non e’ la Rai” era una cagata pazzesca
Sulla Gazzetta di oggi il settantunenne Giorgio Dell’Arti scrive che “Non e’ la Rai”, programma le cui protagoniste non avevano neppure vent’anni – era “un programma geniale… un inno alla gioventu'”.
Capiamo gli appetiti della carne, ma vorremmo fosse chiara una cosa a tutti coloro che hanno meno di 30 anni: “Non e’ la Rai” era una cagata pazzesca. Non in senso ironico, non come la “Corazzata Potemkin” di Fantozzi che in realta’ e’ un capolavoro: una cagata nel vero senso della parola.
In quella cultura “contro” che negli anni ’90 era ancora possibile, “Non e’ la Rai” era non un simbolo ma IL simbolo del drammatico impoverimento culturale imposto dal primo berlusconismo al Paese. I “Sangue Misto” dedicarono ad Ambra e a Forza Italia una strofa della celebre “Piglia Male” diventata immortale nel corso degli anni. Vasco – quello duro e puro di ieri, non la versione bolsa e spompata alla Francesco Amadori di oggi – dedico’ alle ragazze del programma la canzone “Delusa”, dove descriveva il dramma di queste donne senza nessun talento all’infuori della spregiudicatezza, un po’ carnefici e un po’ vittime di una cultura che, nel decennio successivo, sarebbe tracimata dalla TV alla politica, estendendo il dramma dal personale al Paese intero. Chi l’avrebbe detto, allora, che la delusione le avrebbe spinte sempre piu’ su, dal Consiglio Regionale della Lombardia al Parlamento Europeo?
Tra l’altro, nel testo il Blasco faceva allusioni chiarissime – “pero’ quel Boncompagni li cosa ti fa…” – che solo grazie alla spensieratezza e al liberalismo dei Novanta, contrapposta alla pesantezza del politicamente corretto odierno, potevano essere prese alla leggera: stante l’inaudita gravita’ delle accuse (la maggior parte delle ragazze erano minorenni), non risulta che il Blasco sia mai stato costretto a rettificare.
Mentre i genitori ne vietavano ai figli la visione, i maschi piu’ giovani guardavano il programma di straforo, senz’audio, con evidenti intenti onanistici: “Non e’ la Rai” era il metadone di chi non poteva stare su la notte a guardarsi “Colpo Grosso”. Sulle femmine, invece, il programma faceva selezione come il Mortirolo al Giro: se una lo guardava, potevi tranquillamente escluderla dal tuo campo di interesse.
Ricordo una mia compagna di classe delle elementari, femminista ante-litteram , che in gita strappo’ il poster di una tizia di Non e’ la Rai di nome “Miriana” venduto in allegato con il Cioe’ (la Torah della demenza adolescenziale di quel decennio): le dedicammo immediatamente “Sei un mito” degli 883.
Fa molta nostalgia, vent’anni dopo, vedere che di quell’Italia di allora, che aveva – eccome! – la forza di incazzarsi non sia rimasto praticamente nulla: quello che ieri creava scandalo oggi viene celebrato come frutto del “genio”, e nessuno dice nulla. Attenzione: non uno scandalo “in avanti” come per Carmelo Bene o Pasolini o per qualunque artista che sfidi, con la propria opera, la morale corrente. Ma uno scandalo “all’indietro”, perche’ davvero una simile cagata, dove le donne erano usate come marionette, dove non c’era satira, ironia, umorismo sembrava un’offesa intollerabile a un Paese che per ogni Pippo Baudo o Bruno Vespa aveva comunque un Ricci, un Ghezzi o un Arbore da contrapporre.
Proprio Arbore, autore in TV di programmi opposti al Non e’ la Rai di Boncompagni, viene tirato dentro per il bavero in virtu’ dei successi radiofonici che firmarono assieme. Successi che, e’ bene ricordarlo, cambiarono per sempre, e in meglio, la storia della radio italiana. Successi che, e’ bene ricordare pure questo, sono datati 1970 – l’anno del Mazzola-Rivera, Presidente del Consiglio Rumor e Presidente Americano Richard Nixon. Impossibile allora non pensare a Jep Gambardella, che grazie a un solo libro di successo visse per sempre felice e contento nella Roma dei salotti, dei Palazzi e degli spaghi che ora corre in massa a santificare l’Uomo che Sussurrava all’Auricolare, in un abbraccio che unisce destra e sinistra, gruppo Mediaset e gruppo l’Espresso, Foglio e Fatto Quotidiano nella consueta, italica ammucchiata post-mortem dove il morto e’ sempre un genio e i cretini siamo noi – Umani, Troppo Umani – che non avevamo capito, non ce n’eravamo accorti, non eravamo stati bravi a leggere le sfumature.
Vent’anni fa, Boncompagni defini’ la sua TV come “vuoto pneumatico”. Vent’anni dopo, quel vuoto si e’ inghiottito tutto, come nella Storia Infinita e questa effettivamente si, e’ l’opera di un Genio.
Del male.
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