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Nel Paese in cui i giornalisti vengono picchiati perché fanno il proprio lavoro
Spesso, anche troppo spesso, si levano voci tuonanti a sostegno della libertà di stampa. Un Bene Fondamentale per la Democrazia, sentiamo ripetere durante le celebrazioni di qualche eroe dell’informazione. Penso, per esempio, a Giancarlo Siani di cui recentemente è stato commemorato l’anniversario. Salvo poi assistere a episodi come quello che ha visto per protagonista Giorgio Mottola, giornalista della trasmissione di Rai Tre ‘Report’. Per fortuna con conseguenze meno gravi rispetto a quello menzionato, ma sicuramente molto importante per il discorso complessivo sul giornalismo.
Il fatto è semplice: telecamera in spalla, era andato a porre delle domande all’amministratore delegato della Società Italiana Elicotteri, Andrea Pardi. Fare domande è la base del mestiere di un cronista per informare un cittadino. La risposta di Pardi è stata furiosa (il video che racconta la vicenda è visibile in fondo all’articolo). E non bisogna tacere il mancato intervento delle persone presenti durante l’ingiustificabile aggressione, mentre il giornalista di ‘Report’ chiedeva aiuto.
Non conosco personalmente Giorgio Mottola, ma di fronte all’atto che ha subito non può che scattare una solidarietà piena di empatia e un incoraggiamento a proseguire il suo lavoro. Il cronista stava facendo – bene – quello per cui è pagato a fare: raccontare la notizia, chiedendo riscontri al diretto interessato della gestione della società. Certo, con lo stile di ‘Report’, quello scomodo dell’inchiesta, lontano anni luce dal vellutato modo di fare giornalismo a cui sono abituati manager e politici. E c’è anche un inciso da fare: la trasmissione condotta da Milena Gabanelli non è come altri programmi che cercano la provocazione per spettacolarizzare le notizie.
Insomma l’aggressione a Mottola non può e non deve passare sottotraccia. La sensazione è che l’opinione pubblica si stia abituando a eventi del genere. Ci sono sempre più cronisti minacciati e/o costretti a confrontarsi con un clima ostile. E al di là delle generiche dichiarazioni favorevoli alla libertà di stampa, si fa ben poco a garantire questo sacrosanto diritto pure sul piano della mobilitazione sociale e culturale. Perciò ora sarebbe il caso che quelle stesse voci tuonanti citate a inizio articolo si levino a sostegno di Giorgio Mottola e di ‘Report’, per biasimare il signor Pardi (che ovviamente è stato denunciato). Affinché episodi del genere non accadano più.
L’Italia non può essere il Paese in cui i giornalisti vengono picchiati perché fanno bene il proprio lavoro. Non bisogna poi scandalizzarsi se le classifiche sulla qualità dell’informazione ci portano in posizioni così basse: a chi fa con rigore il proprio lavoro viene riservato questo trattamento speciale.
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