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Nel lungo periodo saremo tutti boomers: Keynes contro la dittatura del presente
John Maynard Keynes era un uomo straordinario. In un’esistenza relativamente breve – morì il 21 aprile 1946, a soli 63 anni – oltre a cambiare volto alla scienza economica e imporsi come una delle menti più brillanti del XX secolo, il maestro di Cambridge diede un contributo decisivo al dibattito tra le due guerre mondiali fino a vivere da protagonista gli accordi di Bretton Woods del 1944.
Keynes ha una fortuna in comune con Marx: non gli toccò assistere all’ascesa dei propri epigoni. Anche per questo la sua eredità è così ostica da maneggiare. L’opera omnia è una materia magmatica, vastissima e variegata. Sono in pochi a conoscerla davvero a fondo. La maggior parte di noi si limita ai suoi aforismi epocali, come se l’opera di un genio si potesse condensare in un paio di tweet. Ma Keynes fu molto di più di un polemista brillante e forse ciò che lo rende così vivo ancora ci sfugge. Come si coglie l’essenza di una figura così complessa?
Nel suo ultimo lavoro appena uscito per EGEA, Quando l’oceano si arrabbia. Keynes per chi non l’ha mai letto, Luciano Canova sceglie un metodo insolito: partire dai dettagli. Per ritrarre “un essere umano davvero fuori dal comune” che stuzzicava Albert Einstein e intimoriva Bertrand Russell, ne scandaglia la biografia, selezionando con cura i particolari da mettere a fuoco.
Canova evoca gli anni giovanili, la formazione nel campus di Cambridge e l’abitudine a non curarsi troppo delle apparenze (Maynard era dichiaratamente bisessuale e teneva un inventario meticoloso delle proprie conquiste). La carriera accademica fu fulminante. Ovunque si cimentasse, Keynes bruciava le tappe. L’adesione al circolo Bloomsbury fu l’ennesima occasione per saziare la sua curiosità e mettere in mostra un talento che non sopporta etichette. Essere parte attiva delle élite più esclusive del Paese non gli impedì di agire fuori dagli schemi. E così, nella seconda stagione della sua vita, in totale libertà, si innamorò “carne e sangue” di Lidija Lopuchova. Il fatto che, all’epoca, ballerine e accademici non convolassero quasi mai a giuste nozze si rivelò un dettaglio del tutto trascurabile.
Il futuro economista eccelleva in tutto, anche nell’opinione di sé. Di capitolo in capitolo, emerge tutta la sua bulimia intellettuale che esercitò con grande ambizione su più tavoli. Quelli delicatissimi della politica internazionale furono tra i suoi preferiti. Il libro ci riporta al primo dopoguerra, quando, da membro della delegazione inglese agli accordi di Versailles, Keynes lottò con tutte le forze perché i vinti non venissero umiliati, nella convinzione che le riparazioni imposte alla Germania dovessero essere “ragionevoli”. La pace si difende con lo sviluppo economico, anche a costo di sacrificare un po’ di retorica. Keynes è protagonista anche negli anni successivi, quando l’economia mondiale è alle prese con la crisi del ‘29 e il ruolo della spesa pubblica torna ad essere essenziale. Da liberale inglese, non inneggiava certo alla rivoluzione. Praticava un’adesione profonda alla realtà, senza timore di tornare sui propri passi se ciò è necessario a compierne di nuovi. La Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, forse il suo lavoro più noto, è figlio della Grande Depressione. Nelle fasi di crisi, sostenne Keynes, solo l’intervento statale attraverso la leva degli investimenti pubblici può riportare in equilibrio il sistema.
Canova mescola con sapienza i livelli del racconto. La narrazione procede leggera e precisa, con un montaggio divertito che rallenta ed accelera giocando con il tempo, come in Dunkirk di Christopher Nolan. Da questo cut-up della memoria, emerge un ritratto originale che non ha la pretesa di essere definitivo ma ha il pregio di stimolare la riflessione su quale sia oggi l’eredità di John Maynard Keynes.
L’autore lo dichiara fin dall’introduzione: Keynes è il suo personale “cavallo di Troia”. La cittadella da assaltare è quella delle nostre certezze su questioni come il mestiere dell’economista, il ruolo degli intellettuali e, in un’epoca di influencer forti ed élite deboli, l’importanza del merito.
Alcune delle pagine più coinvolgenti del libro sono dedicate al rapporto speciale che legò John Maynard Keynes a Friedrich Von Hayek. Si tratta di due menti agli antipodi. Da una parte il vecchio maestro, fautore dell’intervento regolatore dello Stato, dall’altra il giovane leone, futuro “padre del liberalismo economico”. Il confronto tra i due fu aspro, a tratti feroce come piaceva a Keynes, ma senza che venisse meno la stima reciproca e nemmeno l’amicizia. Nel confronto Keynes-Hayek, c’è tutta l’essenza del pensiero dialettico: se si accompagna al rispetto, ogni sfida intellettuale diventa maieutica. Il duello tra le guglie della cappella del King’s College di Cambridge, a base di colpi di scopa e badile, mentre il cielo è solcato dai bombardieri tedeschi, è forse l’apice del libro.
L’intera vita di Keynes è un invito ad essere pratici, a “sporcarsi le mani”. Un vero intellettuale non si lascia intimorire dalla realtà. Se le idee più geniali non arrivano ai tavoli dove si fa la storia, rischiano di rimanere inutili. Mettere la propria opera al servizio della politica è l’esigenza naturale di chi non rinuncia a cambiare il mondo.
Il vero genio non si esaurisce mai nel narcisismo. Semmai lo sfrutta come leva. Oggi la ricerca esasperata del consenso (o visibilità?) rischia di ridurre ogni confronto intellettuale ad una sterile faida. Accade in ogni ambito: economia, virologia, epidemiologia non fanno differenza. Fingendosi democratica, la scienza finisce soltanto per perdere in autorevolezza. Nai capitoli finali, Canova propone alcune regole pratiche. È un invito che rivolge a se stesso, nel proprio lavoro di economista e divulgatore, ma è anche una buona prassi di igiene intellettuale che forse ciascuno di noi, in qualsiasi mestiere, dovrebbe far propria.
L’esempio di John Maynard Keynes ci può aiutare. Oggi lo scienziato sociale deve riappropriarsi della realtà ripartendo da quella moltitudine quasi caotica di dati empirici che ogni giorno ci interroga, senza che l’ossessione del presente diventi l’ultimo recinto dei propri pensieri. Per tutti l’ottimismo caparbio di Keynes resta la migliore delle bussole.
L’ultimo libro di Luciano Canova prende di petto la complessità di un uomo pieno di sfaccettature e ci regala il ritratto vivido di un “battitore libero con un cervello che luccica”, un economista che non ha mai rinunciato all’ambizione di cambiare la realtà. Per “generare un mondo migliore per il maggior numero di persone possibile”, bisogna ripartire dalle basi: competenza, pazienza e tanto coraggio. Nella consapevolezza che ciascuno di noi è responsabile delle proprie scelte e proprio per questo, quando il mare chiama, mette da parte ogni paura.
Luciano Canova
Quando l’oceano si arrabbia. Keynes per chi non l’ha mai letto
EGEA
2020
pp. 128
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