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Musulmani contro cristiani, da una bufala è nato un nuovo genere giornalistico
Alla fine si scopre che il bambino senegalese di Terni non avrebbe aggredito la compagna di classe 12enne per il crocifisso che portava al collo. Come sempre più spesso accade, a poche ore dalla notizia, arriva la smentita, e tutto finisce nella classica bolla di sapone. Se non fosse per il fatto che, nel frattempo, la notizia è girata, in molti casi è diventata virale, e l’opinione pubblica si è costruita (o ha rafforzato) un’idea che difficilmente si smonterà con la successiva rettifica.
In questo circuito bufala/smentita, riproposto con sconfortante ripetitività, la persecuzione dei cristiani da parte dei musulmani è uno dei topos più ricorrenti. Tanto da essere diventato un nuovo genere giornalistico, redditizio (in termini mediatici) almeno quanto quelli sui “rom ladri di bambini” o sui “rifugiarti che mangiano a spese degli italiani”.
Il tema della “persecuzione dei cristiani nei paesi islamici” meriterebbe una trattazione a parte, visto che, anche in questo caso, le notizie false spacciate per vere non mancano (basti pensare a quella della “Crocifissione di cristiani in Siria”, ripresa anche da Repubblica e Corriere della sera), ma qui ci limiteremo alle presunte persecuzioni subite dai cristiani in Italia. Qualche tempo fa il Giornale, una delle testate che con più costanza battono il tema, sintetizzò il concetto in un articolo ad hoc: “Dal no al Natale al cibo a scuola: l’Italia si piega ai musulmani”.
Il punto è che, spesso e volentieri, le notizie che dovrebbero comprovare questa tesi si rivelano semplici fantasie, come rivelato da alcuni meritori siti web di debunking. Si va dalla gita in fattoria annullata in una scuola di Milano fino alla recita scolastica vietata a Torino (entrambe “per non offendere i musulmani”), passando per l’autobus vietato alle donne in provincia di Siena.
Qualche volta i fatti sono stati travisati, ma molto più spesso si tratta di una bufala bella e buona, inventata da chi ha interesse ad alimentare un’immaginane deteriore degli immigrati e in particolare della categoria più pericolosi, quella degli immigrati di religione islamica.
Il caso più clamoroso si è avuto con la notizia della accesa disputa teologica sul gommone tra profughi musulmani e cristiani, con questi ultimi che avrebbero avuto la peggio, finendo gettati in mare. In questo caso il fatto, ricostruito a partire dalle testimonianze degli sbarcati raccolte dalla squadra mobile di Palermo, viene preso per buono da tutti, compresi i grandi organi di stampa, e fa il giro del mondo. La Stampa parla di “Guerra di religione sul gommone”, mentre qualcun altro (Huffington Post) arriva a descrivere i particolari della vicenda, compresa la “catena umana” creata dai cristiani “per resistere all’odio di chi da quel barcone voleva buttarli giù perché devoti a un altro Dio”, attribuendo il tutto a “un odio che non si placa nemmeno di fronte a un viaggio d’inferno”.
Solo a distanza di dieci giorni si inizia a far luce su quanto accaduto. L’Espresso titola: ‘Migranti, la rissa sul gommone: “Non è stata una strage religiosa”’, dando conto dei particolari emersi dalle indagini in corso. Viene fuori che “anche uno dei presunti assassini è cristiano”, mentre tra le vittime ci sarebbero diversi musulmani. Insomma: la storia del Jihad in mare non regge.
Come scrive Lorenzo Declich ne “L’islam nudo” a proposito della cosiddetta “industria della persecuzione”:
“Al di sotto della ‘patina’ del titolo giornalistico troviamo quasi sempre dinamiche complicate che vanno esplorate, ragionate, studiate nella loro specificità se non si vuole arrivare a semplificazioni pericolose”.
Ma una premura del genere è ignota a molti. Le segnalazioni dei casi dei “musulmani padroni a casa nostra” si moltiplicano, lanciate da siti più o meno noti, frequentemente riprese dai grandi media. La veridicità della fonte poco importa, e la verifica, come è oramai consuetudine consolidata, non si fa mai, non subito. Nel dubbio si dà la “notizia”, si monta il titolo, si alimenta la polemica. Se poi ci sarà da smentire, si smentirà pure. Oppure si farà semplicemente finta di nulla. Tanto a chi importa?
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