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Marina Berlusconi e la cultura italiana: le follie dell’Imperatrice

28 Aprile 2017

Quando l’Imperatrice Marina Berlusconi decide di comunicare con la Nazione, il format è sempre lo stesso: una telefonata al giornalista Daniele Manca e via, ecco la lenzuolata sul Corriere della Sera dove il Presidente di Fininvest e Mondadori esterna in santa pace il suo punto di vista sulla politica, l’economia, la finanza e chissà, forse in futuro anche sulla Bibbia, sul Creato e pure su Domineddio.

Il momento, come si sa, è quello che è: il Milan è stato venduto, Mediaset ha i conti in rosso, e neppure papà se la passa un granché bene. E siccome a rallegrare gli umori di casa è rimasta la sola Mondadori, dal pulpito di via Solferino ieri è arrivata una specie di inserzione pubblicitaria mascherata da intervista, ad uso e consumo della case editrice di Segrate che, nelle parole della Berlusconi, è una sorta di ultimo bastione contro l’avanzare di orde barbariche in procinto di corrompere il Paese, l’Europa e addirittura il Mondo intero.

L’unico antidoto possibile al contagio del “populismo” e della rabbia non è, per la Berlusconi, una politica finalmente incisiva e in grado di affrontare a viso aperto le tante sfide imposte dalla contemporaneità. No, secondo la Berlusconi la soluzione sono “i libri e la cultura”.

Essendo stati pochi giorni fa in quella Spoon River della fiera “Tempo di libri” a Milano, nutriamo qualche dubbio non tanto sulla validità dell’enunciato in generale – la cultura è il miglior antidoto a tutti i mali del mondo – quanto sul fatto che tale enunciato sia vero in Italia, alla luce dell’offerta del mercato librario nostrano, Mondadori compresa.

In quei corridoi bui, dove i pochi sparuti visitatori si incrociavano salutandosi, come si fa in montagna quando ci si incontra su impervi e desolati sentieri, abbiamo avuto la conferma di quanto l’editoria sia ridotta al ruolo di intrattenimento, ancella di altre industrie, costretta a giocare un ruolo  subalterno sullo scacchiere della Societa’ dello Spettacolo.

Mentre i piccoli editori e le loro proposte venivano marginalizzati ai bordi dell’enorme spazio scelto per la Fiera – una scelta motivata non dal numero di visitatori attesi ma dalla necessità di contenere l’ego degli autori che si sono alternati al microfono davanti a una platea di interessatissime sedie vuote – l’offerta dei grandi editori consisteva essenzialmente in:

– la biografia dello sportivo con il faccione di detto sportivo in copertina, per sfruttare i cascami del successo del libro del tennista Agassi risalente ormai a 10 anni fa (in prevalenza Mondadori).

– il libro del personaggio televisivo famoso, dalla sessantatreenne Dandini Serena che consiglia le passeggiate più chic da fare a piedi a Parigi (non Mondadori) al sessantasettenne Briatore Flavio che spiega come in Italia si debba fare il grano e se non lo si fa allora tanto vale farsi fuori (di una controllata Mondadori).

– il libro del giornalista televisivo famoso, che scrive e riscrive lo stesso libro ogni 12/16 mesi, dove dice che l’Italia è cambiata completamente bla bla bla… e se prima era A adesso è B e in futuro prepariamoci perché sarà C bla bla bla… e poi quando è chiaro a tutti che il futuro non è C e nemmeno D ma XYZ lui nel libro successivo scrive che lo aveva detto (molti Mondadori).

– il libro a firma di sconosciuti Efebi ed Efebe di età compresa tra i 20 e i 40, che di mestiere parlano dei fatti loro su Youtube e che in copertina assumono pose improbabili, con facce sofferenti come se avessero un attacco di colite improvviso ma il bagno fosse chiuso e loro non avessero la chiave (tutti Mondadori).

 

 

– il libro di ricette di cucina, meglio se a base di avanzi perché con la crisi si sa com’è signora mia… (tutti, nessuno escluso, anche Mondadori).

Sappiamo qual e’ il motivo di tutto questo: il mitologico inseguimento al pubblico “non-lettore”. Peccato che a furia di inseguire il non-lettore si e’ arrivati direttamente al non-libro ed e’ difficile pensare che davvero, in Italia, l’industria del non-libro possa riscattare la coscienza civica del Paese.  Ad ogni modo, la parte piu’ interessante dell’intervista arriva dopo.

Dapprima, la Berlusconi dice che è importante abbattere i muri che “sbarrano la strada alla libertà di espressione, alla libera circolazione di idee e opinioni”. E mentre leggiamo queste parole e pensiamo all’editto bulgaro, a Enzo Biagi – Enzo Fucking Biagi! – buttato fuori dalla RAI di Berlusconi nel 2001, e siamo lì a trasecolare pensando ad uno scherzo, ecco che la Berlusconi si lancia in un anatema contro “l’antipolitica”, fenomeno che – secondo lei – fomenterebbe “il fondamentalismo e il fanatismo” e che “si nutre di demagogia e di ipocrisia”.

Avete presente la faccia che fareste voi se decideste di cambiare sesso in Thailandia, e nel mezzo dell’operazione finisse l’anestesia e vi accorgeste che il chirurgo è Enrico Papi fatto di metamfetamina?

Quella è la faccia che abbiamo fatto noi leggendo la Berlusconi dire ciò.

DEMAGOGIA?

E Ambra Angiolini che nel 1994 dice che ‘Occhetto lo vota Satana e Berlusconi lo vota Gesù’? E i meno tasse per tutti e per Totti del 2001? E l’amore vince sempre sull’invidia e sull’odio? E meno male che Silvio c’è cantato sulle scale del Palazzo di Giustizia? E tutte le puntate del TG 4 di Emilio Fede, del TG 1 di Minzolini ed Enrico Mentana cacciato dal TG5 e chiudiamo qui la lista sennò andiamo avanti all’infinito?

IPOCRISIA?

E le cene eleganti, le leggi ad personam, i diritti civili presi a sputi da una classe politica di divorziati, inquisiti e condannati?

Non sembra di leggere un’intervista, pare di assistere a una mostra speciale di un Dalì appena ritrovato dal Manca.

Ma ecco che il fido giornalista entra in azione. Si, perché il binomio Marina-Manca è di quelli collaudati, e il reporter sa che quando Marina la spara grossa, lui deve intervenire con una domandina che all’apparenza sembri critica (per la serie “la domanda io l’ho fatta e voi non potete dirmi niente”) , quando in realtà ha il solo scopo di permettere alla zarina di meglio articolare il suo pensiero e spararla ancora più grossa. Dopo un’altra valanga di inchiostro in cui la Berlusconi, con il piglio di una Giovanna d’Arco griffata Chanel, ci spiega che i libri (meglio se Mondadori) salveranno le sorti della Galassia, ecco che il Manca spara la bomba:

“Posizioni un po’ diverse da quelle di suo padre, che molti considerano il prototipo del populismo…”

E Marina, senza fare un plisse’, risponde che suo padre “si e’ sempre battuto per il rispetto della democrazia liberale che chi nega l’idea stessa della politica vorrebbe cancellare”.

Mentre il giornalista tace, chiunque abbia un QI superiore a 0,1 si butta a terra in preda a convulsioni, tipo un personaggio epilettico dei libri di Dostoevskij. E nel delirio, vede scorrere davanti a sé le immagini delle infinite volte in cui Berlusconi rivendicava la sua diversità dai “politici di professione“, il modo sprezzante in cui si rivolgeva ai vari Prodi, Rutelli, Fassino eccetera accusandoli di “non aver mai lavorato in vita loro” e di come dava di matto ogni volta in cui i meccanismi della politica ne rallentavano l’azione.

Ma il definitivo colpo di grazia arriva in fondo, quando l’Imperatrice conclude dicendo che senza Berlusconi avremmo “un’Italia meno libera di pensare con la propria testa senza chiedere la testa altrui”.

E’ il definito colpo del K.O., che scorre liscio senza una chiosa, un contraddittorio, niente di niente.

Intendiamoci: Berlusconi padre ha certamente significato per il Paese anche diverse cose positive – per esempio Savicevic e Van Basten, il Drive in e Antonio Albanese, Occhi di Gatto e Lady Oscar.

Ma a che prezzo? Al prezzo di cambiare per sempre il nostro rapporto con il pensiero critico ovvero con quel “pensare con la propria testa” cui la figlia fa riferimento.

L’occupazione militare della società italiana da parte di Berlusconi da una parte e del conseguente antiberlusconismo militante dall’altra ha eliminato la possibilità di  un libero pensiero liberamente non allineato, ha fatto si che ogni voce fuori dal coro venisse strumentalizzata, accusata d’essere al servizio ora di questo ora di quell’altro Padrino o Mammasantissima appartenente al clan rivale, denigrata e screditata per poi essere definitivamente zittita. O di qua o di là, negando per sempre l’opzione  non di stare pavidamente in mezzo alla maniera dei democristiani, ma di rivendicare il diritto a dire la propria opinione in modo critico ma svincolato dalle appartenenze e dalle convenienze politico-ideologiche.

Questa e’ la vera – e terribile – eredità di un quarto di secolo di Berlusconi: il fatto che ci ha reso tutti ultras, contradaioli incarogniti che usano le idee come manganelli per darseli in testa accusando gli altri – tutti gli altri – di essere al servizio di questo o quel berluschino di oggi.

“Gufo ignorante!” se qualcuno si azzarda a insinuare che il Renzi di Governo ha clamorosamente fallito gli obiettivi del Renzi della prima Lopolda; “servo pagato dalla ca$ta!!1!! se si  ha abbastanza fegato per dire che con quella faccia Di Maio non potrebbe fare il concorrente dalla De Filippi figuriamoci il Presidente del Consiglio.

Non che prima di Berlusconi, col PCI e tutto il resto, ce la passassimo benissimo: ma dal Gruppo 63 in poi era ancora possibile un Canto Libero; dopo Berlusconi è stato solo Coro, a prescindere da quale fosse il colore del Coro. La coscienza critica l’abbiamo persa completamente, e il risultato più evidente è il panorama desolante del mercato editoriale: tra “Ciao Darwin” e la vetrina del Mondadori Multicenter c’è continuita’ totale.

Che Marina Berlusconi vada in estasi ci sta. Che ciò diventi, nel silenzio generale, verità storica non contraddetta da nessuno sul primo quotidiano italiano no.

 

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