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Ma Renzi è davvero il clone di Berlusconi?
Si è discusso molto di Berlusconi ovviamente, nel seminario promosso da ComPol e Antonio Palmieri, qualche settimana fa alla Camera, e dedicato alle capacità comunicative del fondatore di Forza Italia, di cui questo topic è testimonianza e base di partenza per ulteriori discussioni future. Molte analisi avevano naturalmente una chiara impronta rivolta al passato, alla nascita e crescita di un fenomeno che ha demarcato la politica e la comunicazione dell’ultimo nostro ventennio. Ma non sono mancati, tra un intervento e l’altro, frequenti richiami a chi è stato identificato da molti come il suo legittimo “successore”, Matteo Renzi. Quanto c’è di vero in questo che è diventato rapidamente una sorta di mantra all’interno dell’analisi socio-politica? Le analogie tra Berlusconi e Renzi sono soltanto di facciata, oppure si radicano compiutamente fino a trasformare questo scorcio storico nel segno del cosiddetto “renzusconismo”?
Occorre tenere in considerazione diversi aspetti, che non è opportuno miscelare tra loro come in un frullatore. Cerchiamo di comprenderli, analiticamente, uno per uno. C’è prima di tutto il tema legato alla comunicazione, anch’esso scorporabile in due pezzi: il tono del discorso e il tipo di destinatario. Per quanto riguarda le modalità comunicative, è indubbio che Renzi abbia qualche debito verso Berlusconi: il rapporto diretto che entrambi tendono ad avere con i cittadini, con gli elettori, emerge come sostanzialmente simile. Si superano le mediazioni politico-partitiche e si parla immediatamente con il popolo. Il leader di Forza Italia lo faceva prevalentemente con i vecchi media, la tv in primis, ma anche la radio (indimenticabili le sue performance come ospite del canale Isoradio, dedicato al traffico). Il leader del Pd anche attraverso i nuovi media, twitter soprattutto. D’altra parte, molti dei leader politici più popolari (da Obama a Sarkozy, da Blair a Zapatero, allo stesso Bossi) fanno della comunicazione diretta al popolo una sorta di marchio di fabbrica.
Il tipo di destinatario si miscela con il tipo di messaggio. Berlusconi tendeva ad avere come pubblico i cittadini nella loro totalità, tentando di convincere tutti della bontà della sua proposta, tanto è vero che il costante richiamo al comunismo, in un’Italia dove di comunisti ce ne sono rimasti ben pochi, aveva unicamente una funzione simbolica: il nuovo mondo contrapposto al vecchio mondo di divisioni di classe. Renzi ha (avuto) un messaggio più divisivo, contro i sindacati, contro le vecchie bandiere della sinistra, contro l’idea del posto fisso, contro una vecchia classe politica da rottamare. Non vuole convincere tutti, dunque, ma tirare dalla sua parte coloro che vogliono cambiare le regole ormai stagnanti della politica italiana. Correndo il rischio di inimicarsi una buona fetta di elettorato, soprattutto a sinistra, come ben noto.
Infine, i contenuti delle proposte politiche. Da questo punto di vista, non hanno torto coloro che hanno rimarcato, nel seminario e in molte altre sedi, che i due non paiono molto dissimili. Il vieto ritornello (cos’è di destra e cos’è di sinistra, di gaberiana memoria) non può che portarci a sottolineare il fatto che i governi contemporanei si assomiglino un po’ tutti. I Conservatori svedesi, quando andarono al governo, ci riuscirono rinfacciando ai socialdemocratici che il loro sistema di welfare non funzionava più. E che, ironia della storia, soltanto loro potevano riavviarlo positivamente. Giusti o sbagliati che siano, una buona dose di provvedimenti del governo Renzi coincide proprio con quelli che i governi Berlusconi non riuscirono a produrre. Esattamente per il motivo di cui si diceva più sopra: il Cavaliere tentava di piacere a tutti e, per non scontentare nessuno, non poteva prendere strade di divisione. Renzi al contrario tende a percorrere quelle strade. Almeno fino a qualche tempo fa. Perché ora, pare anche lui intraprendere la via berlusconiana: l’abolizione della tassa sulla prima casa, non potrebbe essere il tassello simbolico di questo suo nuovo corso?
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