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Ma noi non ci sanremo
Gli Elii continuano a travestirsi e a fare grassa ironia. Entrambi gli atteggiamenti sono maschere, e la cosa alla lunga annoia. E non mi stupirei se dopo essersi congedati in coro, tornassero sparpagliati alla corte dei fiori come fossero Pooh. Enrico Ruggeri ha fatto il contrario, sempre solo su quel palco, è tornato con il suo gruppo Decibel, in fondo mai esistito, e con un brano masochista degli ’80. La Vanoni ha invece un grande passato, e non avrebbe dovuto immolarlo al presente condotto dal dittatore Claudio Baglioni, vestito di chiaro ma non illuminato: smorfia e postura suggeriscono che abbia un bastone infilato su in verticale; e come tutti i dittatori non ha fantasia. Ci sono come detto le vecchie glorie riesumate, gli abbonati al festival, qualche giovane autore già in decomposizione, i rockettari da salone di bellezza, la band nata nei centri sociali. Le canzoni? Ma perché ripetersi ogni volta: non contano un cazzo. Non c’è Baglioni che tenga. A Sanremo va chi non ha canzoni degne. Su quel palco, la strofa/ponte/ritornello vale la suoneria dei telefonini, ha lo stesso scopo. Si può dimenticare, per tornare identica al prossimo squillo annuale. Sono seduto sul divano, perché devo provarci, come ogni anno, e mi imbarazzano sempre queste canzoni. E pure gli ospiti pieni di moralismi ed entusiasmi sbiaditi. E le gag? Non ho colpe, eppure mi vergogno per loro. E non c’è scampo. Negli intervalli c’è sempre la Hunziker. Raffica di spiegoni, superlativi come coriandoli, sorrisi di plastica allenatissimi. Ed è colpa sua se ho ceduto la prima sera alle 23.00, per non fare più ritorno su Rai1. Sono allenato alla farsa festivaliera, ci siamo dentro tutti, censori e affezionati, ma la Michelle svizzera mi ha sfinito. Sentimento che mi è sembrato di leggere anche nello sguardo forzatamente mansueto del buon Favino: un pugile alle corde, che vorrebbe tanto avere la forza per il colpo del KO. Perché poi la pur bella ed elegante Michelle non seduce. Fa circolare poco sangue. Insomma: non ci date canzoni, non ci fate ridere, dateci allora le gnocche vere, anche se balbettano appena. Tanto su quel palco le parole non servono.
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