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L’Italia dei fuochi d’artificio. Di Savinuccio Parisi e Procopio Di Maggio
L’Italia dei fuochi d’artificio, l’Italia che si sfalda, che perde i suoi anticorpi di legalità.
Ieri.
Da una parte i festeggiamenti del suo compleanno (per carità legittimi) di Procopio Di Maggio, a 150 passi dalla casa che fu di Peppino Impastato.
Cento anni passati a sporcarsi le mani di sangue e baci mafiosi e con una serata chiusa in bellezza, con una festa, giochi d’artificio (chissà cosa ha pensato Peppino, da lassù).
La sostanza non cambia a Bari: stessi fuochi di artificio per festeggiare l’uscita dal carcere di un pluripregiudicato: Savinuccio Parisi.
In entrambi i casi provo vergogna e sdegno, per l’omertà ormai (come fosse una piovra) diffusa e radicata nella nostra cultura.
Sarebbe riduttivo dire che questi sono fatti che segnano nella loro drammaticità, ancora più forte se si pensa alla passività con la quale molti cittadini baresi hanno assistito a questo evento, un qualcosa di grave.
Una gravità che delinea uno spazio: c’è una parte che spinge per l’onestà, il rispetto delle regole, la convivenza pacifica, civile e proficua e c’è una parte della città che è ostile prima di tutto alle istituzioni.
Se non ci si rende conto (prima) dell’esistenza di questa cosa, di questo sfaldamento culturale, non si potrà parlare di cultura della legalità.
Quella che punta a diffondere una cultura fondata sul senso civico, che possa efficacemente contrapporsi alla cultura del privilegio e del ricatto. Quella che contraddistingue i fenomeni mafiosi nel nostro paese dimostrando che in quei luoghi dove la mafia, la criminalità organizzata, ect, ha spadroneggiato è possibile ricostruire una realtà sociale ed economica fondata sulla legalità e sul rispetto della persona.
Partendo dalla memoria, dai segni e dai gesti (per esempio si poteva fare a meno di invitare Gigi D’Alessio al capodanno in Piazza).
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