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La propaganda razzista del Giornale e il silenzio dell’Ordine dei Giornalisti
Il pluralismo dell’informazione e la libertà di stampa sono cardini imprescindibili per un paese libero e democratico, ma la delirante linea editoriale de Il Giornale, quotidiano di proprietà della famiglia Berlusconi e attualmente diretto da Alessandro Sallusti e Nicola Porro, con il giornalismo ormai ha ben poco a che vedere. E se sull’edizione cartacea il quotidiano che fu fondato da Indro Montanelli si limita ad essere il principale house organ fascioleghista, superando persino Libero, sull’online lo spettacolo è agghiacciante. In mezzo a notizie di gossip becero, dove si chiede espressamente di aprire articoli per vedere foto osé di personaggi non sempre sulla cresta dell’onda, vengono continuamente proposti contenuti con titoli roboanti e commenti palesemente razzisti che vanno assai oltre il limite della decenza. La tecnica utilizzata è quella del click bating, un inganno ormai ingiustificatamente tollerato anche nell’editoria online.
Ormai è un bombardamento quotidiano, che si acuisce quando fatti di cronaca rilevanti come l’omicidio di Fermo o un attentato terroristico mettono sotto i riflettori il diverso. Che si tratti di un immigrato, un gay o un musulmano ha ben poca importanza. Ciò che è importante è raccontare che è un invasore, un nemico da rimandare nel suo paese perché oltretutto è mantenuto dallo Stato, un pervertito a cui va negato ogni diritto. Nelle tante “notizie” lanciate con clamore e toni violenti, il protagonista negativo è quindi quasi sempre un clandestino, un immigrato, un profugo, un richiedente asilo, mentre la vittima è costantemente un povero italiano vessato da uno Stato che a lui preferisce il “negro”, ovviamente perché sul “negro” qualcuno si arricchisce. Se poi si fa una semplice ricerca sul fatto riportato, accade sovente che l’interpretazione faziosa e a senso unico dello stesso falsi la medesima notizia, ammesso che di notizia si tratti. E nei giorni di magra, c’è sempre da rilanciare quel sentito dire di quella piazza di un paesino del nord est dove un immigrato ha “umiliato” un povero vecchio chiamandolo “italiano di m…”. Al resto pensa poi Salvini su Twitter e su Facebook.
Ma oltre ai terribili invasori “negri”, ci sono ovviamente i nemici politici, utilizzati in modo indegno come bersaglio per insulti violenti e sessisti da parte degli utenti, che visto il livello del prodotto sono semi analfabeti che utilizzano la rete e i social network per sfogare rabbia animale. Di loro parlò molto bene Umberto Eco, coniando la definizione “legioni di imbecilli”. Sul podio dei più odiati da questa plebe da tastiera aizzata da pseudo giornalisti, troviamo la Presidente della Camera, Laura Boldrini e l’ex ministro Cécile Kyenge, quella che l’impunito senatore Roberto Calderoli definì orango (ma non dategli del razzista, per carità). Le notizie su di loro, presentate con titoli al limite della diffamazione, sono sempre accompagnate da un “E voi, cosa pensate?”. Quello che accade nei commenti dei “lettori” è paragonabile a ciò che fanno i maiali quando l’allevatore lancia il mangime nel porcile.
Il tutto allegramente in barba sia alla Carta di Roma che, tra le altre cose, stabilisce un glossario per definire le diverse condizioni di migranti, rifugiati, profughi ecc… sia, soprattutto, alla sentenza decalogo della Corte di Cassazione sul diritto di cronaca del 1984, che recita testualmente: “Il diritto di cronaca è legittimo se rispetta una forma civile dell’esposizione dei fatti. Vale a dire: non eccedente rispetto allo scopo informativo da conseguire, improntata a serena obiettività almeno nel senso di escludere il preconcetto intento denigratorio e, comunque, in ogni caso rispettosa di quel minimo di dignità cui ha sempre diritto anche la più riprovevole delle persone, sì da non essere mai consentita l’offesa triviale o irridente i più umani sentimenti”.
Poi ci sarebbe l’Ordine dei Giornalisti, un’entità astratta che servirebbe ad evitare tutto questo.
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