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Jonas – Il labirinto della memoria
Jonas si avvicinò con una certa riluttanza alla casa gialla, gli incubi del suo passato. Era ancora a 20 metri dall’ingresso quando, con la coda dell’occhio, scorse alla sua destra in fondo al viale qualcosa muoversi.
Volse rapidamente il capo di 90 gradi, senza riuscire a comprendere cosa fosse: forse una memoria antica, troppo veloce per afferrarla, troppo breve quell’attimo per comprenderne il mistero.
Abbandonò allora, senza una precisa volontà, la sua precedente direzione. Cominciò a percorrere il viale alberato sulla sua destra, cercando nuove immagini di quella repentina apparizione, nuove conferme di quelle brevi impressioni visive. E ancora il suo occhio registrò un movimento.
Come quando si inseguono fioche luci nel cielo, ed il modo migliore per catturarle non è fissarne direttamente la provenienza, ma un punto indefinito, leggermente sfasato, di qualche grado più a destra, o più a sinistra.
Così fece Jonas: il suo sguardo puntò diritto davanti a sé, senza tentennamenti, senza lasciarsi deviare dall’immagine che ora più chiaramente proveniva dal lato destro del suo cammino.
Procedeva lentamente sulla ghiaia del viale, e quella figura defilata gli appariva ora in tutta la sua consistenza, in tutta la sua interezza. Era semplice: bastava non deviare troppo la direzione del campo visivo per materializzare la sembianza, per comprenderla meglio, per farsi accompagnare nel cammino. Senza fretta, senza più paura, senza problemi.
Jonas ne sentiva ora chiara e intensa la presenza: la sua memoria, il suo passato, la sua vita. Io sono la mia storia. Continuò allora a camminare, tranquillo, sulla ghiaia del viale. E un leggero sorriso increspò lentamente gli angoli della sua bocca.
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