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Il Sole24ore da dentro: “Una direzione affamata di potere e incapace d’ascolto”

12 Ottobre 2016

La crisi del Sole 24 Ore, decine di milioni di perdite, alcuni esposti in procura e la paura che l’epilogo sia brutto per tutti, è sotto gli occhi di tutti. Una crisi che colpisce due volte, perché affonda nella carne viva del giornale di Confindustria, di una grande testata storica che – si pensava – potesse uscire se non indenne, almeno “in piedi”, dalla crisi del comparto. E invece. Della crisi del Sole abbiamo parlato con Franco Sarcina, al Sole dal 2007 come Vicecaporedattore, responsabile dell’online fino al 2010, poi passato alla carta, e infine tornato all’online ma senza i gradi di “responsabile”. La sua testimonianza è la voce interna ad un’azienda che vive la crisi e che può aiutarci a capire il clima all’interno del più importante quotidiano economico italiano.

In questi giorni la crisi del Sole 24 ore è diventata argomento di massa. Come hai vissuto e visto questi anni di cambiamento all’interno del giornale di Confindustria? Cosa, a tuo giudizio, non ha funzionato?

La sensazione che si è vissuta negli ultimi anni è di isolamento. Assolutamente nessun contatto con la direzione, ma anche insufficiente interazione con la base dei lettori, nonostante gli strumenti a disposizione. Penso a Internet e ai social, che se ben sfruttati possono rappresentare un mezzo utile, nonostante gli evidenti difetti e la tendenza polemica che spesso viene cacciata fuori da chi scrive su Facebook o Twitter.
Inoltre: noi siamo il quotidiano di Confindustria. Ma non si creda che, pur rispettando a pieno le volontà del nostro editore, non si sarebbe potuto ampliare il campo di argomenti trattati, dando spazio a cose che, pur presenti nel giornale, sono state in parte trascurate o messe comunque in secondo piano.
Confindustria, come tutte le associazioni apartitiche, non è un monolite ed è composta da moltissime persone che varrebbe la pena di conoscere. Da diversi membri -e io ne ho avuta testimonianza spesso- è giunta l’esigenza che il “loro” giornale si occupasse di come il mondo è cambiato. Sì, perché dal 2007 ad oggi il mondo è cambiato molto, e spazio per un dibattito, per creare e rendere pratiche idee, ce ne è tanto. Dai temi della globalizzazione, ai problemi legati al lavoro che cambia, all’immigrazione, alla politica “nuova” che poi forse non è tanto nuova, ai fenomeni sociali. Osservare in primo luogo, ma anche rielaborare ed arrivare ove possibile ad idee pratiche. Questo, secondo me, non è stato fatto a sufficienza.

Par di capire che, a differenza dell’interpretazione che si sta molto diffondendo tra i colleghi, tu riconosci come responsabili anche la direzione, e non solo il management. Quali sono stati secondo te i principali “errori culturali” e di gestione giornalistica che hanno portato a questa situazione?

Fare il direttore di un giornale è un mestiere maledettamente difficile. Occorrono sia capacità giornalistiche, “fiuto” della notizia se vogliamo utilizzare un termine del mestiere, sia capacità di confrontarsi con le persone. All’esterno e all’interno del giornale. La capacità di confronto e di ascolto secondo me è mancata totalmente, almeno verso il corpo redazionale, tranne forse che con pochi “eletti”. In qualsiasi lavoro, quando si ha responsabilità di persone, si deve porre attenzione a queste persone. E non per soddisfare esigenze “sindacali” o per farle stare buone, ma perché le idee vengono anche da loro. Invece, la bulimia di potere della direzione e l’incapacità di ascolto hanno favorito il fatto che molti elementi all’interno della redazione, che magari avrebbero potuto dare un buon contributo di idee al giornale, si autolimitassero. «Tanto a che serve tirare fuori idee e proposte un po’ originali? Nessuno mi ascolta…».

Altro esempio (ma qui siamo alle valutazioni personali): perché il titolo del Sole che è stato più citato e portato a stendardo negli ultimi tempi è stato il famoso “Fate presto”, nel periodo forse più drammatico della recente crisi? A me sembra del tutto deresponsabilizzante, e lo notai da subito. Sarebbe stato più opportuno un “Facciamo presto”. Non voglio dare lezioni dii giornalismo, per carità, ma è significativo di una certa mentalità che ha acquisito il giornale per causa della sua direzione. Mentalità secondo me sbagliata, tanto più in un giornale che si rivolge comunque a determinati lettori: le maniche ce le si deve rimboccare tutti.

3) In questi giorni si parla molto della gonfiatura di abbonamenti digitali. È stata una causa della crisi che oggi è diventata evidente, o piuttosto un goffo tentativo di arginarla?

Secondo me, più che di causa o di tentativo di arginarla, questo è un caso di sottovalutazione delle conseguenze e di machiavellismo. Insomma, il discorso che è stato fatto è: “proviamo così, magari ci va bene…”. Approfittando anche dell’oggettivo disordine che c’è in questo campo.

4) L’impatto dell’online e del digitale sul nostro mestiere e sull’industria di cui facciamo parte è stato fortissimo, una vera rivoluzione. Come valuti il lavoro fatto dal tuo giornale in questo campo, che ormai è necessariamente “il” campo? Quali sono state le principali occasioni mancate?

Come penso in più o meno tutte le testate italiane, ci si scontra con una serie di problemi notevoli. Il primo dei quali è che non esiste ancora una “ricetta” valida, universale e condivisa, per fare fatturato con l’online. Ormai però dovrebbe essere chiaro a tutti che questo media non è solo un “traino” per la carta, ma in realtà ancora questo concetto non viene del tutto compreso. L’online ha delle caratteristiche intrinseche che lo rendono potentissimo. Però queste caratteristiche vanno sfruttate.
Al Sole, questo sforzo si è visto a fasi alterne. Ed inoltre, le linea editoriale è sempre stata “ballerina”. Che contenuti ci vanno sull’online? Si riprendono i pezzi della carta? Dove si mette il paywall? Si parla anche della “cronacaccia nera” oppure si mantiene un profilo più alto, come sul giornale cartaceo? I lettori vogliono aggiornamenti frequenti od approfondimenti, o tutti e due? Come comportarsi con i contenuti già pubblicati sul giornale cartaceo? Il cambio di linea, frequente su questi temi, secondo me ha spiazzato diversi lettori.

Ancora: penso che per i contenuti “chiave” del Sole i nostri lettori, anche sull’online, siano perfettamente disposti a sborsare dei soldi. Però a patto che questi contenuti siano diversi, da quelli presenti sul giornale di carta, o sui quotidiani digitali. Questo a volte avviene, a volte no.
Esiste la formula giusta? Non lo so, ma mi sembra che questo problema non sia stato affrontato a sufficienza. Personalmente, io credo in un online a due facce. La prima è “veloce”, fatta di rapidi aggiornamenti e snella nei tempi di produzione, che tratta di tutto senza però “svaccare” e totalmente gratuita. La seconda contiene i temi “core” del giornale, molto approfondita e del tutto pay, fin dal primo click. Ma è un mio punto di vista: secondo me per lavorare al meglio bisognerebbe sguinzagliare qualcuno per un paio di mesi a visitare le sedi dei grandi giornali esteri, e capire i pro e i contro dei vari sistemi. Dopo si decide, possibilmente considerando tutti gli aspetti. Anche quelli pubblicitari e di marketing, ché i soldi non vengono giù dagli alberi.

5) Parli spesso di curiosità, e della sua assenza. Temo che questo sia diventato un difetto della nostra categoria, ed è assurdo, perché noi dovremmo essere curiosi per statuto interiore. Che ne pensi?

Penso che sia proprio questo il problema più grave che deriva dal fatto di lavorare in situazioni (e non parlo affatto solo del Sole 24 Ore) dove la curiosità non viene premiata, anzi di fatto viene in un certo senso ostacolata e “normalizzata”: dopo un po’ è destinata a spegnersi, o a ritirarsi nel “personale”. Ed è un delitto che questo possa succedere, per chi fa il nostro mestiere. Eppure capita spessissimo, ed è forse il limite maggiore della stampa italiana, con rare e circostanziate eccezioni.

 

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