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Il Sole 24 ore ha discriminato una giornalista e dovrà pagarle 150 mila euro
La storia di Lara Ricci è un caso che farà parlare ed è un bene per tutte le donne. Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Milano, il magistrato Riccardo Atanasio ha accertato che la giornalista del Sole 24 Ore è stata discriminata approfittando della sua assenza per divieto di lavoro dovuto alla maternità. La discriminazione infatti “si può realizzare non solo in quanto la maternità ne sia la causa (vale a dire che il datore di lavoro voglia colpirla proprio in quanto la maternità si pone in contrasto con gli interessi dell’impresa) ma anche solo in quanto sia l’occasione per farlo, quindi dal punto di vista temporale, approfittando cioè dell’assenza della lavoratrice”. Il Giudice ha valutato le prove documentali portate dalla ricorrente e ha stabilito un risarcimento di circa 150 mila euro, il rimborso delle spese sostenute per la lite, e la pubblicazione del decreto sul giornale.
LE RESPONSABILITÀ
Questa è una storia che, se letta nei suoi diversi aspetti, dice ancora di più su quanto tossici possano essere certi contesti. Un caporedattore descritto come molesto, un direttore che immagina la giornalista possa avere un comportamento da stalker, un’amministratrice delegata che promette vendetta. Una certificazione della parità di genere che il gruppo Sole 24 ore ha ottenuto di recente, ma che potrebbe perdere. E infine un’adeguata conoscenza della legge, in particolare del Codice delle Pari Opportunità tra uomo e donna. No, quello di Lara Ricci non è un caso limite, ma piuttosto un racconto in cui altre donne potranno ritrovarsi.
CHI HA AGITO LA DISCRIMINAZIONE
Lara Ricci lavora al Sole 24 ore dal 2000, ha vinto il premio Voltolino e ha avuto altri riconoscimenti. Curatrice delle pagine di letteratura e poesia di Domenica, l’inserto culturale del quotidiano, coordina oltre sessanta collaboratori e partecipa ad eventi e festival. O meglio, questo succedeva fino a due anni fa, prima del suo congedo di maternità obbligatorio, al termine del quale si è trovata ancora con meno responsabilità di quante ne avesse vent’anni prima. Riferisce di essere stata dequalificata a correttrice di bozze, senza più rubriche da gestire, per decisione del nuovo caporedattore Marco Carminati. Il Comitato di Redazione allora schiera con lei, invia due diffide e organizza un incontro con il caporedattore, che però purtroppo non risolve nulla, e nemmeno in seguito riesce a ottenere un colloquio con l’amministratrice delegata Mirja Cartia d’Asero.
Carminati, che lavora all’inserto culturale del Sole dal 1990, è diventato caporedattore nel gennaio 2020 e da allora, come si apprende dal decreto che abbiamo potuto visionare, “la situazione cambiava profondamente anche in considerazione della necessità di fare lavorare tutta la redazione in regime di smart working e della gravidanza della ricorrente Ricci, da aprile 2020” . La discriminazione sarebbe stata agita in tutti gli ambiti del rapporto di lavoro tra i due: “Carminati sarebbe solito urlare al telefono, apostrofando la ricorrente in maniera irrispettosa; inoltre l’accuserebbe di tutti gli errori rinvenuti nelle pagine del Domenicale; il Carminati poi sarebbe solito rifiutare ogni proposta della ricorrente, senza fornire spiegazioni nonché accusarla di mentire per difendersi dalle contestazioni.” Il Giudice nota inoltre come con i precedenti caporedattori Lara Ricci non si fosse mai trovata in situazioni simili.
Per sfavorire Ricci, Carminati le nega anche le trasferte che prima svolgeva per partecipare a festival ed eventi, e di cui erano a conoscenza anche il direttore Fabio Tamburini e il Comitato di Redazione. Il 10 maggio 2021, finito il congedo e un periodo di ferie, “Carminati le comunicava che era stata trovata una nuova modalità organizzativa dell’attività della redazione; ma Ricci lamenta che nei fatti è stata modificata solo la sua organizzazione di lavoro, in quanto l’attività lavorativa delle altre giornaliste – che lavorano al supplemento “Domenicale” hanno proseguito ad espletare le loro attività senza alcun reale mutamento di quelle modalità”.
Alcune parti del decreto risulteranno ancora più chiare per chi ha dimestichezza con il lavoro giornalistico: “Ricci, lamenta che, nella sostanza, Carminati ha avocato a sé tutta la parte di gestione dei rapporti con i collaboratori di cui si occupava prima la ricorrente; a Ricci sarebbe poi stato precluso di occuparsi dei contatti con la casa editrice, dei festival, delle manifestazioni letterarie, dei rapporti con gli scrittori non collaboratori; è poi stata esclusa dalle mail interne alla redazione e non ha più potuto nemmeno occuparsi di redigere le notizie non firmate all’interno della pagina della letteratura.
Ancora il caporedattore l’ha esclusa dalle mail con le quali rappresentava tutti gli argomenti che sarebbero stati trattati nel numero che si stava confezionando, invitando le colleghe a completare il programma e specificando i singoli argomenti che sarebbero stati trattati da loro”.
L’azienda si giustifica di fronte al giudice affermando, in buona sostanza, che Ricci non aveva mai avuto un ruolo così importante. Ma come sa chiunque abbia lavorato in una redazione, spesso si svolgono compiti non specificati negli accordi firmati anni prima, e ci sono caporedattori che sembrano lavorare decisamente meno dei loro sottoposti, pur attribuendosi pubblicamente tutti i meriti dei lavoro svolto, soprattutto quando i risultati sono apprezzati dai lettori.
VESSATA PERCHé NON VOLEVA CHE I COLLABORATORI FOSSERO SOTTOPAGATI?
Le prove portate da Ricci dimostrano non solo la centralità da lei avuta in precedenza al Domenicale, ma anche come fosse sempre lei “a negoziare col direttore i compensi per i collaboratori ritenuti troppo bassi anche tenuto conto della concorrenza”.
Ricci si ritrova con unico compito: correggere i testi, perché “è Maria Luisa Colledani a comunicare i contenuti delle pagine di letteratura del Domenicale e ad occuparsi di inserire gli aforismi (…) Sicchè, la ricorrente non sarà destinata nemmeno a curare quella impaginazione che Carminati le comunicava avrebbe svolto dal 10 maggio in avanti” e “su 51 numeri pubblicati nell’anno 2022 la ricorrente non ha ricevuto alcuna mail per 41 volte, fatta eccezione solo per la mail di comunicazione del programma definitivo (quindi quando il Domenicale è oramai deciso nel suo contenuto)”.
Carminati viene sollecitato più volte da parte del Cdr e del direttore Tamburini a una risposta, ma questa non arriva. Finalmente nel luglio 2021 si svolge un incontro, in cui il caporedattore descrive come non efficiente la precedente gestione in mano a Ricci e afferma inoltre che lei “aveva bisogno di molte ore per preparare le pagine”. Quando Giuseppe Latour del Cdr lo incalza con domande volte a capire come sia organizzato il lavoro nelle diverse aree di sua competenza, Carminati cerca di far apparire la situazione creatasi come inevitabile conseguenza della maternità: “la Lara è appunto, va beh adesso è in ferie, ma durante il servizio è in allattamento, quindi ci sono delle ore dedicate a quello” ma – stando a quanto si legge nel decreto – non offre alcuna rassicurazione sul futuro del rapporto professionale.
IL DIRETTORE TAMBURINI PARLA ADDIRITTURA DEL RISCHIO DI STALKING, MA A PARTI INVERTITE
“Ma quindi è una modalità di lavoro diversa quella che hai con le altre colleghe della redazione rispetto a quella con Lara”, fa notare a quel punto Barbara Bisazza, anche lei componente del Cdr. Dopo aver divagato Carminati le risponde che “bisogna accettare il ruolo di chi è stato messo a capo di una redazione”, e in questo è appoggiato dal Direttore, che arriva persino a dire: “il compito di un vice caposervizio è quello di fare il vice caposervizio, di dare un contributo per arricchire le pagine, punto e stop, se no si chiama stalking. Grazie”.
IL CODICE DELLE PARI OPPORTUNITÀ È STATO SCRITTO PER NOI
Il Giudice ha fatto riferimento al Codice delle Pari Opportunità (legge 198/2006, lettura consigliata a ogni lavoratrice e lavoratore) che è stato aggiornato nel 2021. All’articolo 25 comma 2 bis del Codice è trattata la maternità e si definisce come discriminazione “ogni trattamento o modifica dell’organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro” nello stato di gravidanza. Nello scrivere il decreto il Giudice ha spiegato inoltre che aggiornare il Codice (ad esempio l’articolo 25) è stato fondamentale, perché “ha esplicitato e reso maggiormente chiaro quali sono le situazioni che costituiscono discriminazione a causa della gravidanza”, e con l’articolo 56 si fa riferimento anche alle singole mansioni svolte prima del periodo di divieto di lavoro: “hanno altresì diritto di essere adibite alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti”. Per questo motivo, scrive, “la discriminazione si può realizzare non solo in quanto la maternità ne sia la causa (vale a dire che il datore di lavoro voglia colpirla proprio in quanto la maternità si pone in contrasto con gli interessi dell’impresa) ma anche solo in quanto sia l’occasione per farlo, quindi dal punto di vista temporale, approfittando cioè della sua assenza. La terminologia usata “in ragione dello stato di gravidanza” ha proprio un’accezione ampia che può essere intesa tanto “a causa” quanto “in occasione” della stessa. E non assume alcun rilievo lo stato psicologico del datore di lavoro, vale a dire che lo faccia volutamente o, semplicemente, per non essere attento al problema in cui la lavoratrice versa: rileva la situazione nella sua oggettività, e cioè se la discriminazione sia stata consumata o meno”.
Nel caso di Lara Ricci, inoltre “La gravità della situazione va poi individuata nella sua notevole durata – ad oggi oltre 26 mesi”. Il comportamento del direttore Tamburini, inoltre, “pone la società nella situazione di essere diretto contraddittore della lavoratrice; sicché, non è necessario valutare in questa sede il grado di coinvolgimento de IL SOLE 24 ORE SPA.”
RISARCIMENTO ANCHE PER IL DANNO ALL’IMMAGINE
Il Giudice ha aggiunto di aver valutato “il ruolo ricoperto dalla Ricci nel mondo della letteratura in considerazione del lunghissimo periodo di svolgimento delle sue mansioni” e perciò ha stabilito anche il risarcimento del danno non patrimoniale all’immagine. Qualora il Sole non recepisse quanto stabilito incorrerebbe in un’ammenda fino a 50000 euro, o all’arresto fino a sei mesi.
IL SOLE POTRÀ ANCORA VANTARE LA CERTIFICAZIONE – PREMIO PER LA PARITà DI GENERE?
Ma non è finita qui. Il gruppo Sole 24 ore è stato il primo gruppo editoriale italiano a poter vantare la certificazione per la parità di genere, assegnata da esperti (o forse, da esperte – si spera) del gruppo Bureau Veritas dopo una valutazione. La certificazione era arrivata a fine 2022, a sei mesi dalla nomina di Mirja Cartia d’Asero quale nuova amministratrice delegata del gruppo (prima era componente del Consiglio di Amministrazione, dal 23 luglio 2020). E stando al sito di Bureau Veritas, il Sole accede così anche a “sgravi fiscali e premialità nella partecipazione a bandi italiani ed europei”. C’è da chiedersi se dopo il caso di conclamata discriminazione il quotidiano potrà ancora sbandierare un tale certificato: Bureau Veritas specifica che “ha una durata di 3 anni, con due sorveglianze con frequenza annuale per monitorare il sistema di gestione ed eventuali miglioramenti”.
ESSERE MADRE QUANDO TUTTO CROLLA
E dire che l’amministratrice delegata Mirja Cartia d’Asero parla di sé e del gruppo in modo molto diverso da quanto emerge dalle prove portate da Lara Ricci. Al Festival dell’Economia di Trento lo scorso maggio, ad esempio, conversando con il direttore di Affari Italiani Angelo Maria Perrino aveva ricordato i tempi in cui non era ancora assidua delle classifiche delle donne di successo stilate da testate quali Forbes e Fortune, e la definizione che avrebbe scelto per sé è quella di underdog (riprendendo il termine usato da Giorgia Meloni in ottobre, nel discorso programmatico per il primo voto di fiducia al suo governo appena eletto). Divenuta professionista della finanza, dapprima come avvocata, poi come manager e imprenditrice, a Trento aveva parlato anche dell’essere una madre lavoratrice ai tempi della bancarotta di Lehman Brothers (che fino al 2008 era uno dei gruppi bancari più importanti al mondo, tanto da costringere di fatto Fed e Bce a intervenire al fine di evitare la replica di una crisi globale paragonabile a quella dovuta al crollo di Wall Street negli anni Venti del Novecento, la cosiddetta Grande Depressione), nonostante la banca non venga menzionata nella sua biografia on line sul sito del Sole. Ricorda in proposito Mirja Cartia d’Asero: “Io sono rimasta perché avevo appena avuto mia figlia quindi non potevano cacciarmi (…) Avevo la tata che mi portava la bimba in ufficio, ho dovuto conciliare le cose ed è stato molto complicato”.
LA REAZIONE DELLA CEO AL COMUNICATO DEL COMITATO DI REDAZIONE
Nonostante tra le tante esperienze annoveri anche quella della maternità, dunque, la Ceo non sembra quindi provare alcun interesse o empatia per quanto vissuto da Lara Ricci nella stessa fase. La stessa impressione si ha nel leggere la sua risposta al comunicato divulgato venerdì scorso dal Comitato di redazione del Sole formato da Barbara Bisazza, Giuseppe Latour, Giovanni Negri, Riccardo Ferrazza, i quali hanno descritto il trattamento ricevuto dalla collega come tipico degli anni Cinquanta e hanno fatto notare come i lavoratori del gruppo spesso non vengano ascoltati dalla dirigenza (e nemmeno i loro comunicati): “Le relazioni sindacali, negando la nostra storia, sono state ridotte a un flusso unilaterale, nel quale l’azienda parla e i dipendenti recepiscono. E ora tutti ne paghiamo il prezzo”, avevano concluso.
Ma per Mirja Cartia d’Asero: “La sentenza è ‘lunare’ e ovviamente proporremo tutte le azioni giudiziali per sovvertirla in quanto riteniamo vi siano numerosi profili non ancora adeguatamente valutati dal Giudice. Ancora più ‘lunare’ è in ogni caso il Vostro comunicato, alla luce degli immani sforzi che tutti – come noto- quotidianamente profondiamo per tenere alto il nome del nostro gruppo in un percorso di confronto e dialogo a tutti i livelli”.
CHE ARIA TIRA AL SOLE
Del resto, l’imprenditrice aveva pubblicato in marzo una sorta di editoriale auto-celebrativo dei buoni risultati di vendita (“Il Sole è tornato a splendere”), cui il Comitato di redazione aveva replicato ricordando che tale successo non ha però significato per i lavoratori la fine di una lunga stagione di tagli e sacrifici: “non possiamo non ricordare che il passaggio a un gracile segno positivo è stato ottenuto anche grazie ad anni di taglio del costo del lavoro, compresi il 2022 e il 2023, in tutte le sue forme, strutturali, con i prepensionamenti, e temporanee (queste ultime in realtà ormai in corso da molto tempo), con la cassa integrazione e i contratti di solidarietà. Misure che hanno investito tutto il personale del gruppo”.
C’erano stati altri comunicati critici da parte del Cdr, ad esempio quello sui non così velati inviti ad investire in Cina che ricorrono sul quotidiano, oppure quello in cui si chiedeva la sospensione (solo tardivamente accolta) di un noto collaboratore, Marcello Minenna, indagato e poi arrestato con l’accusa di corruzione nell’ambito di un’inchiesta della procura di Forlì. Giusto per dare un’idea di quali sono le firme che interessano alla dirigenza, che ha poi scelto di rispondere con un messaggio firmato Direttore, ma a Dagospia, anziché ai giornalisti. E una settimana fa un altro comunicato del Cdr era stato pubblicato in sostegno ai sette colleghi di Radio24 che il Consiglio di amministrazione minaccia di trasferire a un’altra testata.
LA SOLIDARIETÀ DI COLLEGHE E COLLEGHI
Se, come prevedibile, la CEO non avrà un ripensamento, la giornalista ha invece incontrato la solidarietà di colleghe e colleghi, che a sua volta sta portando altri effetti positivi, come la condivisione di esperienze simili che potranno essere d’aiuto per molte lavoratrici. Ha twittato così ad esempio la giornalista Monica Luongo (concludendo con un incoraggiamento collettivo che unisce un’espressione napoletana e una veneziana che sta ‘teniamo duro’): “Stavo per finire il terzo mese, il caposervizio mi chiamò per avvertirmi che mi avrebbero sbattuto in cantina se non fossi rientrata. In metropolitana il latte scorreva sulla camicia. #KTSM #dureaibanchi”
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