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Il picco del narcisismo italiano, ecco il segreto di Facebook
Facebook é un libro aperto davvero. Pensiamo di controllarlo, di trasmettere quanto vogliamo della nostra ‘immagine’. Invece ogni like, ogni condivisione, ogni post, ogni orario di connessione, ogni adesione a un evento e anche ogni silenzio dice tutto di noi e delle nostre relazioni con gli altri. Quanto posti? A chi ti rivolgi quando posti? L’intestazione degli status recita ‘a cosa stai pensando’. In realtà solo una minoranza riferisce di scrivere post spontanei, espressione diretta del proprio pensiero. Per la maggioranza invece si tratta di un’intenzione comunicativa mediata da diversi passaggi. In primo luogo l’immagine di sé, la ricerca, a volte disperata, di presentare un vetrina di sé convincente: di cosa mi sto occupando, che posizione ho nei confronti delle piccole o grandi cose della vita, quali sono i miei talenti. Nei racconti biografici raccolti da Episteme si ritrova una correlazione molto evidente: tanto maggiore è la frequenza dei post, tanto più fragile è la percezione della propria identità.
Tanto maggiore è l’ansia di definirsi, tanto più grande è il vuoto che si cerca di colmare. Anche per quanto riguarda la presenza in rete, come nella vita in generale, vale il principio dell’equilibrio. L’estrema parsimonia può rivelare, anche se non sempre e non necessariamente, una difficoltà relazionale. Una produzione incessante e quindi la presunzione che le centinaia o addirittura migliaia di amici sia sempre interessata a quel che si posta, rivela certamente l’ipertrofia di un ego alla ricerca di riconoscimento. La situazione si aggrava quando l’oggetto dei post tocca questioni personali (il proprio carattere, il proprio stato d’animo, i propri sentimenti attraverso vignette e fotografie ecc.). Sembra caduta una barriera che accompagnato la storia stessa dell’uomo, quella della discrezione e riservatezza sulla sfera delle questioni private. Una sorta di incontinenza espressiva che ha perso ogni limite ed espone in pubblico brani di vita un tempo custoditi nella propria sfera più intima. L’intimità inautentica costituisce il tono di voce di molte bacheche, in particolare femminili, ma non solo, e si prolunga nei commenti che estendono la socializzazione non richiesta a particolari della vita privata e delle relazioni dei partecipanti (prevalentemente ricolme di proclamazione di affetti, tvb, cara/o sorella/fratello, fantastico, unico ecc) . Eppure l’effetto, il giudizio degli ‘altri lettori’ di fronte a questa esposizione pubblica di fatti privati, è spesso di fastidio e irritazione.
La stessa autenticità si diluisce fino ad acquisire un effetto di artificiosità, ‘fake’, come dicono alcuni. Scopriamo che in realtà, pur parlando a un grande numero di persone, nella scrittura, così come nel gioco di like (a chi è rivolto una like? A una persona? A un contenuto?) che scatena, si ha spesso presente solo un gruppo ristretto di destinatari a cui si vuol far arrivare un messaggio. A volta esplicitamente evocati con un tag, a volta chiamati in causa in forma più o meno criptata ( allusioni, doppi sensi, riferimenti) mentre gli ‘altri’ (i destinatari di secondo livello) vengono a rappresentare il terzo occhio di una pulsione esibizionista . A volte sono semplicemente ‘costretti’ a recepire messaggi scritti su una bacheca pubblica ma rivolti in realtà, e capita più spesso di quanto non si creda, a una singola persona. E allora fb rischia di assecondare una forma di comunicazione obliqua, in cui vale il principio, perverso, della sostituzione. D’altra parte che la coppia esibizionismo-veuyrismo sia una dimensione fondamentale per comprendere la fruizione dei sociale media è un dato trova tante conferme sperimentali.
Una deriva che si collega al trend di lungo periodo del narcisismo degli italiani. Dallo scenario Atlas abbiamo monitorato negli anni il grado di accordo all’affermazione ‘mi piace guardarmi allo specchio’, che riguardava il 35% degli italiani negli anni ’80. Oggi abbiamo sforato il 50%, ma forse si potrebbe riscrivere come ‘mi piace guardarmi su facebook’. Nel nostro campione infatti, fatto 100 il tempo passato su fb, così si distribuisce: 10 per le notifiche, 20 scorrere i post sulla home, 30 andare a vedere la bacheca di amici, 40 manutenere/guardare/contemplare la propria bacheca.
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