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Il balletto del buco

29 Maggio 2015

Ma quanto è grande questo buco? Nessuno sa ancora dirlo con certezza. Nelle prime ore successive alla tragica notizia, si leggevano un po’ dappertutto, sul web, titoli come: “La Consulta boccia la legge Fornero. Buco da 5 miliardi”. Al tramonto i miliardi erano saliti a 8-10, l’indomani a 12, poi ancora più su, finché l’ufficio studi della Cgia di Mestre, una benemerita istituzione della quale il cittadino comune ignorava totalmente l’esistenza, non ha dato nel giro di qualche giornataccia il suo responso: 16,6 miliardi. Di euro, si capisce. Ma ci sono già altri calcoli, forse altrettanto autorevoli, che spostano la cifra a 18.

Ce n’è abbastanza per ribattezzare laicamente maggio (il Mese della Madonna) il Mese dei Numeri. Si danno i numeri, letteralmente. All’ora che si vuole, senza neppure bisogno del rosario che, almeno, ha i grani contati (59, credo).

Sorge il sospetto che si tratti di un conto niente facile. In verità non è poi così impossibile farlo, se si conoscono le regole.

Il primo effetto della notizia è stato per me di vivissima sorpresa. Com’è possibile che l’adeguamento al costo della vita di un certo numero (sia pure molto alto) di pensioni assommi a cifre così astronomiche in un periodo in cui l’inflazione è ai suoi minimi storici e il vero nemico (come i più saggi economisti ci ripetono ogni giorno) è rappresentato dalla sua sorella triste, la deflazione?

Per cercare di capirlo, ho dato i numeri anch’io.

Disponendo di una connessione Internet, non ci vuole più di un minuto per sapere che, in realtà, l’inflazione nel 2012 (il primo anno in questione) è stata del 3% e nel 2013 dell’1,2%. Il totale fa 4,2%? E’ questo probabilmente il calcolo, del tutto errato, che è stato fatto da principio. Se così fosse, ipotizzando che il totale delle pensioni interessate dalla legge Fornero fosse di 50 miliardi all’anno, 100 in due anni, il buco sarebbe di 4,2 miliardi. Eccoci vicini al primo dato pubblicato da molti mezzi di comunicazione nella concitazione seguita alla tragica notizia.

Ma il calcolo da fare è ben diverso. Per ogni 1.000 euro di pensione pagati nel 2012 se ne sarebbero dovuti pagare 1.030. Nel 2013 non già 1.012, ma 1.030 più l’1,2%, cioè circa 1.042. Dunque, per ogni 1.000 euro di pensioni pagate all’anno, alla fine dei due anni ci sono 72 euro da restituire, e non 42. Poi arriva il 2014, anno per il quale l’adeguamento delle pensioni ha ripreso ad essere applicato. Però applicato sui 1.000 euro, e non sui 1.042. Grazie al cielo l’inflazione nel 2014 è stata di un ridicolo 0,2%. Quindi la differenza per l’anno scorso è tra 1.042 + 0,2% = 1.045 e 1.000 + 0,2% = 1.002. Eccovi in bonus altri 43 euro da aggiungere ai 72. Totale: 115. Poi c’è il 2015, del quale non conosciamo ancora ovviamente il tasso d’inflazione. Fosse zero, dovremmo aggiungere soltanto altri 43 euro, per un totale di 158. Questo per ogni 1.000 euro (annui) di pensione. Siamo al 15,8%, e non al 4,2. A questo punto basterebbe conoscere l’ammontare totale annuo delle pensioni interessate per sapere l’entità del buco. Ma questo dato non l’ho trovato da nessuna parte.

Non ho trovato da nessuna parte nemmeno i dati che ho elencato qui sopra, con la sola eccezione dei tassi d’inflazione, anno per anno. Sono tutte comunicazioni che mi sono fatto da solo. Con la calcolatrice.

A cosa sono servite dunque tutte quelle cifre pubblicate e vociferate nei primi giorni febbrili dopo la tragedia? Non certo a farci capire l’essenziale. “Much amount about nothing” potremmo ben dire parafrasando il Bardo. “Tante cifre per nulla”.

Oltre a questo, un altro punto sul quale la comunicazione (da parte tanto dei politici quanto dei media) è stata assai carente è la risposta alla seconda ovvia domanda: perché la Consulta ha giudicato la legge incostituzionale?

Non lo sapete, vero? Io me lo sono comunicato da solo e la prossima volta, in caso di perdurante reticenza dei mezzi di comunicazione, lo comunicherò anche a voi. Ne rimarrete sorpresi, lo prometto. Oh sì, molto sorpresi.

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