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I due uomini-format che illuminano La7
E’ veramente un momento d’oro per Urbano Cairo: il suo Torino vola ogni oltre previsione, da poco ha coronato un sogno acquisendo la maggioranza di Rcs e nella sua televisione si gode la più brillante coppia di giornalisti in circolazione sui canali italiani
In Italia se non c’è qualcuno che ti imita, non sei nessuno. E’ così dai tempi di Noschese, con i politici che fingevano di arrabbiarsi, ma che in segreto gioivano per le sue attenzioni.
La storia è proseguita con le gag – talvolta piuttosto scadenti – del Bagaglino, alle quali i rappresentanti del popolo partecipavano con fanciullesco entusiasmo. Alcune imitazioni servono anche a sdoganare il proprio bersaglio, a renderlo più simpatico. Un caso eloquente è quello di Ignazio La Russa, che grazie a Fiorello è stato reso più umano e meno temibile, nonostante il pizzetto vagamente mefistofelico.
La straordinaria imitazione che Maurizio Crozza fa di Enrico Mentana è un caso tipico di celebrazione. A finire nel mirino del comico genovese non è tanto la persona, quando il format stesso dell’ormai celebre “maratttona televisiva”. Nel suo caso, i due concetti coincidono. Il programma a cui si assiste non è il TG o lo speciale di La7 sul fatto del giorno, ma il TG o lo speciale condotto da Mentana e quindi infarcito con il suo particolare umorismo, l’eloquio fulmineo, la continua apertura di frasi subordinate e le battute dissacranti che molto spesso vanno sopra le righe, in un crescendo di ilarità talvolta persino gigionesco. Un marchio di fabbrica, insomma, rimasto invariato da “Matrix” ed altri programmi precedenti fino ai suoi ultimi successi. Compresi quelli su Facebook, dove il suo stile caustico è particolarmente apprezzato.
Un caso molto simile di conduttore che non segue il format, bensì è il format è rappresentato da Giovanni Minoli. Il suo “Faccia a faccia”, anch’esso in onda su La7, altro non è che la pedissequa riproposizione del suo storico “Mixer” con un altro nome, evidentemente per mere ragioni di copyright. Per il resto, è tutto identico, compreso il particolare stile di inquadratura, con il volto dell’ospite riprodotto sullo sfondo. D’altronde, già dal 2013 Minoli conduce su Radio 24 “Mixer 24”, che, al di là del diverso media utilizzato, è ispirato in maniera altrettanto palese a se stesso.
Per quanto la carriera di Minoli sia passata per molti altri successi (“La storia siamo noi”, la produzione di “Quelli della Notte” e persino l’ideazione della soap “Un posto al sole”), è proprio il format di “Mixer” quello che maggiormente gli si addice. E per forza: anche in questo caso, il format è il conduttore, con la sua straordinaria capacità di fare domande e soprattutto quelle che Travaglio efficacemente chiama “le seconde domande”, ovvero quelle che si fanno dopo una risposta che non convince fino in fondo. In un mondo nel quale molti giornalisti sviliscono il nostro mestiere limitandosi a reggere il microfono per le dichiarazioni del potente di turno, non è roba da poco.
Non è quindi azzardato dire che con Mentana e Minoli La7 abbia ingaggiato la coppia “top” del giornalismo televisivo italiano di questo periodo, considerando anche il temporaneo stop di Milena Gabanelli.
Entrambi, senza averlo mai nascosto, arrivano dall’ondata degli anni ruggenti del potere craxiano. Inevitabilmente ne hanno pagato il prezzo durante i periodi bui del PSI, ma oggi che timidamente si ricomincia ad usare la parola “socialista” senza temere scomuniche, nessuno può mettere in discussione il fatto che si tratti di due numeri 1.
In comune, hanno anche uno stigma. Crozza dice che Mentana “ha inventato la tv del dolore (il suo)” e forse qualcuno ricorderà quando Minoli veniva imitato da Corrado Guzzanti, che lo impersonava come un cronista sanguinario a caccia del particolare scabroso. “Dolore fisico” era il brano di apertura di “Sopravvoliamo”, il disco inciso da Guzzanti e dal cast della trasmissione “Avanzi” con il nome d’arte di “Rokko e i suoi fratelli”. Neanche a dirlo, la base musicale era la famosa sigla di “Mixer”, sulla quale Guzzanti scimmiottava l’inconfondibile parlata del giornalista.
Anche nel suo caso, essere imitato da un artista di così grande valore è la prova inconfutabile della grandezza del personaggio. Siamo rimasti agli anni Ottanta e alla “Milano da bere”? Può darsi, ma il merito va riconosciuto a chi ce l’ha e oggi è francamente difficile trovare professionisti del livello di Minoli e Mentana.
foto: elaborazione su immagini ufficio stampa
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