Media
Fabrizio Rondolino ha lasciato Twitter. Ci mancherà la sua cortese sobrietà
«Mi sono cancellato da Twitter, perché è un posto infame, frequentato da personaggi pericolosi». Sono le parole con cui Fabrizio Rondolino, editorialista de L’Unità all’insaputa del direttore del giornale, ha spiegato a Radio Cusano Campus la sua decisione di abbandonare il noto social network dove si distingueva per le sagge prese di posizione e i pacati scambi di vedute con i suoi fedelissimi seguaci.
È accaduto tutto nel giro di poche ore: neanche un cinguettio di congedo ha infatti accompagnato la sofferta decisione dell’ex collaboratore di Massimo D’Alema, nonché responsabile della comunicazione della prima edizione del Grande Fratello. La sua scomparsa è stata un vero e proprio fulmine a ciel sereno per quello che Virginia Raggi definirebbe “il popolo della rete, la domanda è: come si spegne? AGLIUDO!”, un popolo che in queste ore sta vivendo la perdita con tristezza e sconcerto.
Di Fabrizio – così lo chiamano gli amici più stretti nella vita reale – ricorderemo la sua cortese sobrietà e l’incredibile capacità di rispondere con garbo anche alle accuse più velenose che gli venivano rivolte dai “gufi rosiconi”, che osavano definire “becero trasformismo e servilismo” i suoi continui cambi di casacca a favore del potente di turno. In realtà quello di Fabrizio è solo amore verso ciò che è ancora genuino in un mondo ormai transgenico (non so che vuol dire, ma suona davvero bene).
Ci piacerà ricordare la sua ammirazione per il lavoro svolto dalle ONG, che lo portò a definire Emergency “un’organizzazione politica antioccidentale mascherata da ospedale ambulante che va isolata e boicottata”, o la sua illuminata interpretazione del rapporto SVIMEZ 2016, quando ci spiegò che “i meridionali sono ‘poveri’ perché non pagano le tasse, disoccupati perché lavorare stanca”. Dovremo fare a meno dei suoi moniti sulle evoluzioni geopolitiche, come quello sul suffragio universale, divenuto ai suoi occhi “un serio pericolo per la civiltà occidentale”.
A percepire il vuoto che ha lasciato Fabrizio nel mondo virtuale saranno intere categorie, donne e uomini che in lui vedevano una luce colorata e intermittente, come una lampadina sull’albero di Natale (oggi mi gira così…). Fra i tanti è giusto ricordare i lavoratori del pubblico impiego, quelli che dovrebbero essere gli unici a pagare le tasse “perché non lavorano”, ma anche i docenti del mezzogiorno definiti dalla firma del giornale fondato da Antonio Gramsci “capre deportate” o “semianalfabeti che scioperano perché hanno paura del lavoro, del merito, della cultura” che la polizia dovrebbe “riempire di botte” quando si permettono di manifestare il loro dissenso nel centro storico di Roma. Perché Fabrizio non ama le proteste, le proteste portano odio, mentre lui diffonde amore. Amore e pornografia. Così, nell’agosto del 2015, invoca “una spruzzata di antiparassitari per dissolvere i ‘contestatori’ dell’Aquila”.
Anche la politica sentirà la mancanza della voce virtuale di Fabrizio, dagli amici di un tempo come Pierluigi Bersani, teneramente definito “un uomo squallido, privo di principi, intimamente vigliacco” per la sua decisione di votare No al referendum costituzionale del 4 dicembre, all’adorato premier Matteo Renzi, che forse in queste ore febbrili avrà dedicato un pensiero malinconico a uno dei tanti che ad ogni ora del giorno e della notte lo ricoprono di amore non richiesto. Un amore adolescenziale, tenero come quei suoi primi baci, un po’ troppo umidi, un po’ troppo appiccicosi.
Devi fare login per commentare
Accedi