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Exit-poll e proiezioni: numeri a caso

2 Giugno 2015

Viene da chiedersi: ma Rai e La7 hanno soldi da gettare alle ortiche? E per quale motivo poi? Come di consueto, come capita ormai spesso nelle ultime occasioni elettorali, le stime fornite da exit-polls e proiezioni non ci dicono nulla più di quanto avremmo potuto ipotizzare noi, da casa, basandoci sul nostro fiuto o sugli ultimi sondaggi pubblicati. L’altra sera i due exit-polls, per Liguria e Campania, sebbene presentati sotto forma di forchette larghe 4 punti, non hanno azzeccato neppure una stima, vale a dire che nessuno dei sette candidati è risultato alla fine all’interno di quel margine ipotizzato. In Liguria poi nemmeno la classifica dei candidati è stata corretta: si ipotizzava un testa-a-testa tra Toti e Salvatore (l’esponente dei 5 stelle), mentre nella realtà, semmai, il testa-a-testa è stato tra Salvatore e Paita, ma per il secondo posto, mentre Toti faceva corsa solitaria per raggiungere il quorum del premio di maggioranza.

D’accordo, sappiamo tutti i limiti degli exit-polls: alcuni intervistati mentono, altri non vogliono rivelare il proprio voto, nemmeno in segreto, altri ancora non si fanno avvicinare dai rilevatori. Ma la storia di questa tecnica è nota, e alcuni correttivi possono essere presi in considerazione per giungere a risultati migliori di questi. E certo un exit-poll con zero stime corrette è forse statisticamente più difficile che indovinarne almeno una. Se da questa tecnica non ci aspettavamo poi moltissimo, c’era però, poco dopo, il paracadute delle proiezioni. Che come noto non si basano su dichiarazioni di voto, ma su numeri veri, scrutinati nei seggi campione, e quindi statisticamente molto affidabili, se ci sono abbastanza casi nel campione e se la scelta del campione è ben studiata.

Ahimè, l’iter delle ben più solide proiezioni non è stato se non lievemente differente da quello degli exit-polls. Zaia è stato stimato inizialmente al 44%, quasi 7 punti sotto il suo risultato finale; in Liguria è stato ipotizzato un nuovo testa-a-testa, stavolta tra Toti e Paita, quando il distacco finale tra i due è risultato di oltre 6 punti; per l’Umbria, hanno costretto il povero Enrico Mentana ad avallare un ipotetico scoop, del tutto infondato, con la possibile vittoria del centro-destra (il cui candidato ha in realtà perso con un distacco di quasi il 4%); in Puglia il vantaggio di Emiliano sul secondo pareva limitato a 20 punti, quando alla fine è risultato di 30. Certo, alcune stime si sono avvicinate, ma come facciamo a sapere di quali dobbiamo fidarci?

Insomma: un vero sfacelo. E l’ovvia domanda nasce dal cuore. Per quale motivo le televisioni affidano le serate elettorale ad istituti che, come è accaduto spesso nel passato, non sono in grado di svolgere il proprio compito con un livello di professionalità adeguato? Sarà forse colpa del ristretto budget che mettono loro a disposizione: pochi soldi equivale a poche interviste o poche sezioni nel campione per le proiezioni. Ma se è così, perché vengono effettuate, sapendo che il risultato sarà quello che, elezione dopo elezione, siamo stati costretti a sopportare? Ovviamente, con decine di commenti pressoché inutili nel corso delle trasmissioni. Per sapere come è andata davvero, alla fine, non resta che attendere i dati ufficiali del ministero, che come di consueto arrivano al rallentatore. O gli istituti non possono svolgere correttamente il loro lavoro per mancanza di risorse economiche, oppure non sono in grado per loro impreparazione. Sia l’uno o l’altro il vero motivo, resta il fatto che, per noi telespettatori, seguire queste serate elettorali diviene ogni anno che passa una sicura fonte di disaffezione o magari, al limite, di divertimento. Si va comunque a letto con un punto interrogativo, aspettando i risultati finali del giorno dopo, come accadeva tanti tanti anni fa…

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