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Emmanuel è anche la nostra vergogna
Vergognamoci noi che “non l’avremmo mai fatto”.
Vergognamoci noi che non riusciamo a staccare gli occhi da quella fotografia, di una coppia di giovani sposi felici, che oggi fa capolino su tutti i giornali.
Vergognamoci tutti (ma per davvero) noi che mai prenderemmo a sprangate nessuno, noi che non insulteremmo mai nessuno per il colore della pelle, per la religione, per l’orientamento sessuale.
Vergognamoci per conto terzi, perché quel fascista, ultras, coglione, non lo farà e mai chiederà scusa.
E se lo farà sarà per suggerimento di qualche avvocato, non per un moto sincero dell’animo.
Per vergognarsi bisogna essere persone. Per pentirsi bisogna sentirsi uomini. E lui non lo è.
Vergognamoci al posto suo ma anche per noi stessi che continuiamo a fare spallucce alle uscite di politici o sedicenti tali che magari in un conato di malpancismo civico abbiamo contribuito anche noi a mandare in parlamento con una crocetta su una scheda, in apparenza innocua.
Vergognamoci perché a volte ci scappa detto “negro”, perché ci scappa pensato “frocio”, perché in fondo poi non han tutti i torti quelli che dicono che sono “troppi” e che la Raggi è una “bambolina”.
Ecco vergognamoci a 360 gradi da mattina a sera per un tempo indefinito.
Una società diventa sporca e irrespirabile per una serie di concause e una somma di piccoli insignificanti gesti di trasandatezza umana.
Chi ha ucciso Emmanuel Chidi Namdi l’ha fatto perché in qualche modo si è sentito quasi autorizzato dal vuoto lasciato dai valori e dai principi che tutti noi, chiusi a riccio nelle nostre vite diversamente piccole e sconfitte, abbiamo contribuito a creare.
Possiamo identificarci a giorni alterni con un diverso “Je suis” senza in realtà non essere nulla.
Possiamo sbattere su ogni piazza virtuale a disposizione la nostra vita senza in realtà averla una vita nostra.
La vita è quel dettaglio di scelte e caso che ha portato Emmanuel a lasciare la Nigeria, attraversare quel braccio di mare, silenzioso obitorio, fra inenarrabili fatiche per approdare ad un mondo civile che lo ha tradito barbaramente.
La vita è quell’ accidente fragile che gli è stato tolto per strada, ma anche e soprattutto quel futuro che desiderava.
La prima non c’è più, il secondo si è trasformato in un monito e in un insegnamento che forse fra un post e l’altro, potremmo anche provare a raccogliere. Pensiamo a costruire un futuro diverso per chi c’è e per chi arriva, magari scappando. Pensiamo ad un futuro più respirabile per tutti. Dopo esserci vergognati ovvio.
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