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Da Berlusconi a Renzi

4 Luglio 2015

Cosa ci ha lasciato, alla fine, Berlusconi? Il seminario promosso da ComPol e Antonio Palmieri, tenutosi settimana scorsa alla Camera, ha tracciato un panorama abbastanza completo di tutti gli aspetti della comunicazione che hanno permesso a Berlusconi i numerosi trionfi dell’ultimo ventennio. E ne hanno scritto su questo giornale, nei giorni scorsi, alcuni degli studiosi presenti in quella occasione. Una cosa però, a mio parere, non è stata sufficientemente sottolineata: il comportamento del suo principale rivale, il centro-sinistra.

L’Ulivo (l’Unione, il Pd, o le altre etichette che si sono succedute nel tempo) ha avuto infatti una sua indubbia parte di merito nel “permettere” quelle vittorie. E non soltanto perché si è accorto in ritardo di quanto produttivo fosse il tipo di modalità comunicativa del fondatore di Forza Italia. Ma soprattutto perché ha compiuto scelte poco utili, nelle tante occasioni di voto, per contrastare quelle sue capacità. Prima fra tutte, la scelta del candidato di coalizione.

In breve: è stato scelto un candidato forte, quanto meno dal punto di visto della comunicazione, quando le sue chance di vittoria erano minime; è stato scelto al contrario un leader piuttosto debole, sul piano comunicativo, quando c’erano alte aspettative di vittoria. Così sono certo riusciti a limare in parte i margini della sconfitta, nel primo caso, ma hanno certamente impedito al loro avversario di subire cocenti debacle elettorali nel secondo caso.

Ripercorriamo brevemente la storia elettorale della seconda repubblica. Nel 1994, ci si è affidati ad Occhetto, con la sua gioiosa macchina da guerra, contro un avversario alle prime armi coalizzato in maniera piuttosto improbabile (come si è visto dopo pochi mesi) con ex-missini e con i leghisti. Facile da battere, con un altro candidato.

Nel 1996, con un Berlusconi debole e privo oltretutto dell’appoggio della Lega, si è presentato un ex-democristiano, senza dubbio molto valido e preparato, ma non certo un campione dell’arte della comunicazione, e incapace di scaldare i cuori degli elettori. Risultato: una vittoria “per un pelo”, e grazie all’aiuto esterno di Bertinotti. In quel frangente occorreva invece un trascinatore, ovviamente serio e preparato, che avrebbe potuto far tramontare la stella dello stesso Berlusconi, che forse non si sarebbe più ripreso.

Nel 2001, dopo anni di governi non eletti, e sostenuti addirittura da Cossiga, la sconfitta del centro-sinistra era certa. Si è scelto dunque un volto nuovo, il sindaco di Roma, che allora veleggiava sulle ali dell’ottima performance del Giubileo. Non troppo di sinistra, un po’ “piacione”, come veniva definito dai suoi avversari, che è riuscito alla fine a limitare i danni.

Nel 2006, di nuovo, Berlusconi si trovava in forte crisi di consensi. L’Unione ripresentò Prodi che, di nuovo, dovette scontare una performance comunicativa non all’altezza, permettendo anche per questo una brusca risalita del centro-destra. La coalizione di Prodi imbarcò un po’ tutti, desiderosi di salire sul carro del previsto vincitore (da Mastella a Scilipoti), e vinse di nuovo per una manciata di voti.

Nel 2008, reduce da un biennio di governo molto negativo, il novello Pd si presentò con un vero leader, capace almeno in quel frangente di attirarsi la simpatia anche di molti elettori delusi dalla politica e, come si diceva, di scaldare i cuori. Come ci si poteva aspettare, Veltroni alla fine perse, facendo registrare però il risultato più positivo di sempre, in termini elettorali. Se si fosse candidato solo due anni prima, sarebbe stato probabilmente un trionfo del centro-sinistra.

Nel 2013, ed è storia di ieri, con Berlusconi sotto accusa in tanti campi ed in profonda crisi, costretto a lasciare il governo a Monti, il Pd scelse Bersani – anch’egli non certo un mago della comunicazione – per trovare ancora una volta una vittoria di Pirro, grazie anche all’ascesa di Grillo e del suo movimento. Certo, le primarie dettano legge, ma ci fosse stato Renzi, il primo Renzi, in quella occasione il Partito Democratico avrebbe quasi certamente trionfato.

Insomma: il leader di Forza Italia è certo un genio della comunicazione. Ma le sue sconfitte il centro-sinistra è andato proprio a cercarsele. Oggi la lezione di Berlusconi, almeno, sembra essere stata compresa. Grillo, lo stesso Renzi, Salvini hanno “imparato” da lui quanto importante sia l’aspetto comunicativo, a volte decisivo. E si sono ben attrezzati in questo senso. Per quanto riguarda il contenuto del loro messaggio, a voi lettori l’ardua sentenza.

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