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Caso Stival, per favore non facciamo le verginelle

16 Ottobre 2015

Commenti indignati dopo che il Fatto Quotidiano ha pubblicato la notizia che i parenti di Loris Stival, il bambino ucciso in Sicilia e del cui omicidio è accusata la madre Veronica Panarello, avrebbero percepito dei compensi per partecipare ad alcune trasmissioni di Mediaset. Dagli atti emerge un vero e proprio tariffario per partecipare a programmi come “Domenica Live” e “Delitti e segreti”: il compenso variava tra i 2 e i 3500 euro e, a volte, sarebbe stato accompagnato da “regalini”, come il pagamento delle visite mediche per alcuni parenti.

A dirla tutta, questa dei compensi per il rilascio di interviste richiesto da parenti di vittime di fatti di cronaca, è un po’ la scoperta dell’acqua calda. Certo, duole pensare che qualcuno cerchi di guadagnare da una disgrazia che l’ha colpito, soprattutto se a rimetterci la vita è stato un bambino.
Ma, per favore, non facciamo le verginelle: molti giornali italiani hanno sempre pagato per portare a casa esclusive e interviste.

E’ capitato in qualche occasione anche a chi scrive, sia di ricevere richieste di compenso, sia di essere incaricato dal direttore di turno di “rilanciare” per assicurarsi che la storia non finisse sulle pagine della concorrenza. E, in un solo caso, di proporre al giornale il riconoscimento di un gettone per l’intervistato.
In una occasione, incaricato da un settimanale di intervistare la figlia di una famosa coppia di artisti, la stessa, durante la telefonata per fissare l’appuntamento per l’intervista, una delle prime cose che tenne a specificare fu: “E per il cachet con chi parlo?”. Sembra che tra i vip ( o presunti tali) la pratica di “parlare dietro cauzione” sia in voga.

Ma lasciamo stare il caso particolare delle starlette e dei personaggi tv (che spesso telefonano ai direttori dei settimanali popolari per proporsi come personaggi di copertina, offrendo esclusive, ovviamente dietro compenso).
In altri casi di cronaca nera, altri parenti hanno chiesto compensi per parlare, rilasciare interviste, concedere “esclusive”. Nell’ambiente giornalistico si sa benissimo chi sono, non c’era bisogno di aspettare che il Fatto pubblicasse la storia dei familiari di Loris.

Esiste, purtroppo, un “mercato” sul quale, sinceramente, non risulta l’Ordine dei giornalisti si sia mai preoccupato di tenere corsi di aggiornamento. Ma, si sa, quella dei giornalisti è la categoria che scrive paginate su caporalato e lavoro nero in agricoltura, ed evita accuratamente di guardarsi allo specchio dove rischia di vedere riflessa l’immagine dei tanti precari costretti a lavorare a quattro euro al pezzo.

Anni fa, a Napoli, una giovane donna incinta, scoprì di avere un tumore. La scelta era tra operarsi e perdere la bambina che portava in grembo o far nascere la figlia e morire. Lei scelse la seconda opzione.
Mi rilasciò una intervista (nessun compenso) nella quale, insieme al marito, spiegava perché aveva compiuto quella scelta, consapevole che l’avrebbe condotta alla tomba.

Quando la bambina stava per nascere, un settimanale concorrente si aggiudicò l’esclusiva. “Visto che la storia a livello nazionale l’abbiamo tirata fuori noi”, fu il succo della telefonata che ricevetti dal direttore, “non possiamo permettere che siano altri ad avere l’esclusiva del parto. Chiamali e rilancia”.
Al telefono il marito della signora mi spiegò: “Per prima cosa abbiamo dato la parola all’altro giornale, in secondo luogo, sì, è vero che ci daranno dei soldi, ma con mia moglie abbiamo già deciso di devolverli in beneficenza a un istituto per la ricerca sui tumori. Non ci sembra corretto non mantenere l’impegno preso”.

Una sola volta ho chiesto io a un giornale che venisse riconosciuto un “gettone” a un intervistato. Era un operaio di Taranto, passato alla storia come la persona più “precaria” d’Italia: gli avevano ridotto l’orario di lavoro all’Arsenale militare portandoglielo a quindici minuti al giorno, pur avendo moglie e figli da mantenere, Era restìo, non voleva parlare. L’idea di pagarlo per l’intervista fu mia. Non me ne sono mai pentito: almeno in quel caso il compenso è andato a chi, non desiderandolo, ne aveva davvero bisogno.

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