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Caro Vauro, l’orribile vignetta sulla Leopolda te la potevi risparmiare

5 Novembre 2016

Caro Vauro Senesi, magari non mi leggerai ma ci provo lo stesso.

Si può pensare tutto il male del mondo della Leopolda di Matteo Renzi e si può criticare chi ormai ogni anno la riempie di significati spesso eccessivi, al limite del fanatismo. Allargando il campo, si può osteggiare una politica sempre più “ispirata” dai suoi finanziatori dove i gadget prendono il posto dei simboli, dove al pensiero si preferiscono le slide.

Ma la vignetta che tu hai dedicato a questa settima edizione della kermesse renziana è davvero orribile e con la satira c’entra poco o nulla. Il tuo disegno in questo caso non indigna, non genera un sentimento di repulsione o fastidio, non fa neanche ridere (e tu spesso riesci ad essere geniale). Dalla matita di quello che oggi è per molti il miglior vignettista italiano emerge solo il suo personale disgusto per il renzismo, un disgusto che lo porta a desiderare che “una scossetta, anche piccola piccola” colpisca l’antica stazione fiorentina lasciando tutti sotto le macerie.

Al netto della facile retorica su chi nelle ultime settimane sotto le macerie ci si è trovato davvero, o ha visto i sacrifici di una vita ridotti in polvere dal terremoto, il messaggio è davvero una brutta caduta di stile per chi come te si professa ancora “convintamente comunista”. Saprai meglio di me che il pensiero gramsciano torna spesso sull’educazione del popolo, in un passo dei “quaderni dal carcere” leggiamo: “Che un popolo o un gruppo sociale arretrato abbia bisogno di una disciplina esteriore coercitiva per essere educato civilmente, non significa che debba essere ridotto in schiavitù”. Mi permetto di aggiungere (Gramsci non me ne voglia, ma sul suo giornale oggi scrive persino Fabrizio Rondolino, quindi ha problemi più seri) che non si debba sperare che quel popolo arretrato sia sterminato da calamità naturali.

Caro Vauro, quelli che optavano per l’eliminazione fisica degli avversari politici erano altri e a noi più giovani avete insegnato che vanno combattuti. Mi auguro che la tua matita torni a Gramsci e che questo sia stato solo un brutto incidente di percorso, perché la buona satira può aiutare l’intelletto stimolando ragionamenti e pensiero critico. Può persino contribuire a “educare il popolo” e magari chissà, a far tornare una bella politica con più ideali e meno leopolde. Dopo i terremoti restano solo macerie e morte…

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