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Bravo, Iacona, era ora che qualcuno scendesse dal pero

21 Settembre 2015

Non c’era bisogno della puntata di ieri di Presa Diretta dal titolo “Tutele crescenti” per dimostrare che Riccardo Iacona è un bravissimo giornalista, tra i pochi “dalla schiena dritta”, come molti hanno commentato in diretta su Twitter durante la messa in onda del programma ieri sera (l’hashtag #PresaDiretta ha mantenuto la terza posizione tra i trends topic, due posizioni dopo #MissItalia).

Vero giornalismo d’inchiesta, con Federico Ruffo che per documentare a quali condizioni siano costretti a sottostare gli italiani pur di lavorare, si è fatto assumere in un call center ed è diventato “porta-a-portista” per un’azienda romana che piazza, in maniera non proprio limpida, contratti con compagnie di luce e gas, riconoscendo un compenso (e non sempre) solo quando la firma del contratto è estorta a qualche povero cristo. O quanto costa un posto da guardia giurata in un istituto di vigilanza del Napoletano.

La puntata di Presa Diretta ha poi virato quasi completamente sugli effetti del Job’s Act, ed è stato un peccato.
Introducendo il servizio di Ruffo, Iacona ha ammesso che, prima di visionarlo, aveva avuto difficoltà a credere a quanto il suo inviato gli aveva raccontato del materiale raccolto.

Per questo, pur riconoscendo al conduttore di Presa Diretta tutti i meriti che gli spettano, l’impressione è che Iacona ieri abbia fatto un po’ (quanto volutamente o meno, non è dato sapere) l’Alice nel Paese delle meraviglie, e  sia sceso dal pero solo ora.

Le mostruosità che caratterizzano il mercato del lavoro in Italia, infatti, sono precedenti al Job’s Act. Lo sfruttamento nei call center è nato con i call center, così come commessi di negozio da anni lavorano come “partecipanti in associazione”, con obblighi di orario e tutti gli altri doveri previsti da un rapporto di lavoro subordinato, ma per la legge sono “soci” e la retribuzione considerata provento della partecipazione all’impresa.

Per non parlare dello stratagemma di stage e tirocini. Leggete questo annuncio pubblicato pochi giorni fa su un sito:

All’interno di progetti regionali finalizzati all’inserimento lavorativo XY ricerca per proprio cliente sito in XY
2 ADDETTI AI SERVIZI CIMITERIALI La risorsa si occuperà dell’accoglienza feretro, preparazione tomba e loculo, pulizia cimitero. Si richiede buona predisposizione al lavoro e possesso della Patente B. Tirocinio di 6 mesi, indennità mensile di €400

Un tempo i becchini (riprendiamo a chiamare le cose con i loro nomi) sarebbero stati assunti direttamente attraverso un concorso bandito dal Comune e il “tirocinio” sarebbe stato il periodo di formazione che qualsiasi impiego prevede (non a caso i contratti di lavoro, soprattutto nel pubblico, prevedono un periodo di prova, generalmente di tre o sei mesi, al termine del quale si viene confermati. Nel frattempo, però, sei un dipendente con stipendio da contratto nazionale e non un tirocinante a 400 euro al mese).

In altre parole, Iacona ha reso, come sempre, un ottimo servizio e certo non poteva, nel tempo a sua disposizione, restituire agli italiani tutte le facce dello sfruttamento del lavoro nel nostro Paese. Certi argomenti, che sarebbero stati più interessanti delle dichiarazioni di alcuni intervistati, sono stati, purtroppo, solo sfiorati. Come le ritorsioni contro chi denuncia (è il caso della ragazza siciliana minacciata perché sul suo blog aveva riportato i meccanismi della truffa e dello sfruttamento).

Molte cose si sapevano già, si conoscono, si continua a far finta di non vederle. O accade che a non vederle siano proprio coloro che del racconto della verità hanno fatto il proprio lavoro, i giornalisti. E’ quello che sembra potesse essere accaduto fino a ieri sera perfino a Iacona.

Speriamo che al suo “risveglio” segua quello di altri suoi colleghi.

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