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Berlusconi e il web: distanti ma non estranei

1 Luglio 2015

Che Berlusconi sia uomo televisivo e non uomo del web è un’affermazione sulla quale è difficile trovare dissensi o contestazioni. Detto ciò, tuttavia, non si possono ignorare intermettenti frequentazioni né un investimento costante in relazione al partito, con l’apertura del primo sito di Forza Italia nel 1995.
Al di là della presenza del partito sul web – sempre in linea con le applicazioni di provenienza statunitense e aggiornato sul fronte delle opportunità di partecipazione alle campagne elettorali – la prima occasione di contatto diretto di Berlusconi si colloca nel corso della campagna del 2001. La campagna, peraltro, che ha segnato un punto di svolta sul fronte dell’e-campaigning in Italia.
In quella campagna, i punti principali del programma del partito vennero sintetizzati ed espressi in cartelloni dalle dimensioni di 6 metri per 3 che invasero piazze e strade italiane. Veloci e incisive dichiarazioni – equiparabili ai moderni tweet – sostituirono gli spot elettorali resi impraticabili dalla normativa relativa alla conduzione delle campagne elettorali. Come si può notare dai seguenti manifesti, questioni diverse vennero toccate e associate a un impegno assunto da Berlusconi.

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L’invasione dei cartelloni elettorali diede vita a una prima e mai vista allora forma di reinterpretazione da parte degli utenti internet. Con modalità virali, si diffuse la pratica di modificare, “taroccare” si disse allora, i manifesti, trasformandoli in dichiarazioni surreali.

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Il successo dei manifesti taroccati fu tale che lo stesso Berlusconi – con il sostegno del suo consulente per le nuove tecnologie Antonio Palmieri – indisse una sorta di concorso per premiare – con una cena ad Arcore – i primi tre. Il primo premio fu vinto dal seguente manifesto.

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Il caso illustrato, oltre a mostrare un interessante uso della cartellonistica in campagna elettorale, consente di individuare, anche, la prontezza di Berlusconi nell’accogliere i frutti della pratica del mash up messa in atto dai cittadini sul web. Certo, non si tratta di una valorizzazione “diretta” delle potenzialità della rete. Essa è certamente “indiretta” ma tale, comunque, da testimoniare un riconoscimento per la modalità di reframing messa in atto dai cittadini.
Quell’esperienza di contatto “indiretto”con il web non ha dato vita a sostanziali novità sul fronte della strategia comunicativa di Berlusconi, che ha continuato a ruotare intorno alla tv. Così, anche la stagione dei social media non ha visto Berlusconi impegnarsi in prima persona, forse perché convinto, per citare le sue parole, che “Queste robe […] non portano manco mezzo voto” (citazione riportata da Tommaso Labate, 8 gennaio 2015 «Corriere della Sera»).
Nonostante la valutazione circa la marginalità dei social media, Berlusconi ha, nel maggio 2015, attivato un account su Instagram, dove ha condiviso foto di momenti intimi con i suoi cagnolini e la fidanzata nonché momenti di lavoro, che lo ritraggono alle prese con la lettura di documenti.

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La conversione di Berlusconi a Instagram è, a mio avviso, coerente con la centralità da sempre assegnata alle immagini invece che ai testi oltre che a una modalità di presenza che non implica necessariamente un’interazione con gli utenti, confermando la centralità di un modello broadcast.
Così, anche in questo caso, Berlusconi ha mostrato di saper cogliere le potenzialità di una piattaforma, adattandola al suo stile comunicativo che è stato e continua a essere “one to many”, decisamente lontano da quelle modalità di relazione “many to many” tipiche del web. Insomma, siamo ancora in presenza di avvicinamenti progressivi con una grande distanza ancora da percorrere ma non di totale estraneità.

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