Media

Antisemitismo, odio e social network

19 Marzo 2015

“#Hitler was right” (Hitler aveva ragione), “#Hitler did nothing wrong” (Hitler non ha fatto niente di male), e “#Kill the Jews” (Ammazza gli ebrei!) sono stati trend mondiali molto popolari su Twitter durante il conflitto palestinese-israeliano del 2014. L’antisemitismo ha infiammato Twitter nei giorni della guerra, riempiendosi di insulti e minacce, senza che il “popolo di Twitter” – espressione banale per indicare gli utenti che si aggregano in “tendenze”, decidendo come taggare gli argomenti dei loro Tweet – si indignasse.
Ma anche oggi su Twitter è possibile “seguire” e cioè diventare dei follower di una varietà di falsi Hitler redivivi, che nei loro profili mettono le foto dell’autentico Hitler, ripreso nello splendore della forza fisica – si fa per dire – e non mentre passa in rassegna davanti al Bunker gli ultimi soldati abili e arruolati del Terzo Reich: quindicenni in uniformi stracciate, pronti a morire (dopo poche ore) per un uomo già sostanzialmente morto.
Su Twitter, infatti, a due clic di distanza – tanti ne bastano per followare un Hitler redivivo – ci aspettano antisemiti, ma anche razzisti, omofobici e non solo, al punto che negli Stati Uniti sono state messe a punto delle “mappe dell’odio”, costruite dalla Humboldt University che definisce come “Hate Speech” le espressioni “spontanee” e non organizzate di odio che prendono forma su Twitter.

 

L’“odio” che finora è stato mappato dalla Humboldt University riguarda l’omofobia, il razzismo, e le disabilità, chiamati con nomi meno prosaici di questi: Nigger, Cripple, Dike (traducibili più o meno in Negro, Zoppo, Frocio). Stranamente, nella classificazione della Humboldt mancano gli insulti antisemiti, nonostante Twitter strabocchi di falsi Hitler.
Abbiamo quindi deciso di fare una velocissima ricerca sul web – come quella che potrebbe fare un utente qualunque – per ritrovare le eventuali tracce dell’odio collegate all’antisemitismo e alle simpatie filonaziste.
Abbiamo cercato su Twitter e su Facebook se vi fossero utenti che si chiamavano Hitler. Su Twitter abbiamo cercato anche i Tweet che contenevano la parola Hitler, che è cercabile se associata a un Hastag. Su Youtube, invece, la parola a Hitler sembra associata solo alla documentaristica, mentre invece abbiamo trovato insulti antisemiti nei commenti ai video. Ne abbiamo scelto uno, quello relativo alla morte di Ian Halimi, il ragazzo ebreo francese massacrato nel 2006 dalla “Banda dei barbari”, che lo ha torturato fino ad ucciderlo.
Pubblichiamo di seguito i nostri “reperti” trovati sul web che dimostrano come sia facile pubblicare insulti nazisti e antisemiti. Anche se Facebook sembra in grado di controllare il fenomeno dell’odio.

Twitter. Account dell'utente @DictatorHitler
I profili degli utenti filonazisti su Twitter (quelli che possiamo leggere, quindi in inglese) fanno pensare che siamo di fronte a qualche psicotico che inneggia a distruggere “Pussy and Jews”, protetto dall’anonimato che viene consentito dai social, oggi in maggioranza frequentati da utenti che non vogliono essere identificati.
Facebook, il più vecchio dei social network, è basato invece sul possibile ampliamento – in formato digitale –  dei nostri contatti “reali” (su Facebook ci mettiamo il nostro nome e la nostra faccia), ma molti dei nuovi social network sono basati sull’anonimato, come Whisper e Secret, e lo stesso Twitter è per la maggior parte frequentato da utenti con un nome coperto da un nickname.

Twitter. Risultati della ricerca per #Hitler

Ma sono molti altri i social network che si sono trovati di fronte all’esplosione di commenti, post, tweet, trherad, eccetera, su piattaforme concepite per ospitare tutti, senza mettere veramente nessuno alla porta. Insomma, il web sta diventando sempre di più un Far Web selvaggio e primitivo, dove l’odio si può propagare senza che nessuno vigili sui confini – anche quelli sanciti dalle legislazioni penali – che non devono essere attraversati.
I social network sono l’evoluzione del web 1.0, dove per accedere al web era quanto meno necessario costruire un sito, comprare un dominio, smanettare un po’ sul web. Adesso, invece, basta un cellulare per invocare di nuovo che gli ebrei vengano ammazzati – “#Kill the Jews – senza rischiare nulla.
I Tweet sono ancora lì, visibili da tutti.

Oggi esiste una quasi totale mancanza di barriere, anche all’ingresso, dei social. L’accesso è aperto a tutti – una porta molto facile da varcare – e questo fatto ha portato sulla scena del web utenti che fino a pochi anni fa sarebbero stati “silenti”, ma che adesso possono fare addirittura propaganda nazista, finanziati direttamente dalla Borsa di New York, dove molte società sono quotate.
I social network, per di più, non sono indicizzati su Google, perché si tratta in genere di piattaforme chiuse, che ti consentono di ricercare (esclusivamente al loro interno) solo alcuni contenuti, come per esempio i nomi degli utenti, gli hashtag nel caso di Twitter, e poco più. Solo recentemente è stato stretto un accordo fra Google e Twitter perché anche i Tweet, e non solo i profili degli utenti su Twitter, siano mostrati fra i risultati delle ricerche su Google (a partire della seconda metà del 2015).
Ma fino a quando non sarà reso operativo l’accordo, sarà impossibile effettuare delle ricerche quantitative non solo su Twitter, ma anche sugli altri social network (che dovrebbero comunque stipulare un accordo simile a quello di Twitter per apparire tra i risultati sul motore di ricerca).
I contenuti spalmati dagli utenti sui social network sono comunque diventati una proxy dell’infinito: per fare una ricerca quantitativa sono necessari molto mesi e strumenti informatici molto potenti.

Insomma, il Far Web è diventato un buon “conduttore” dell’odio? La risposta, data dello stesso ISIS, è positiva. Lo Stato Islamico di Abu Bakr al-Baghdadi usa Twitter per fare proseliti, fino a 90.000 secondo l’Indipendent  e al momento Anonymous sembra bizzarramente l’organizzazione più impegnata a denunciare il fenomeno, al punto di aver segnalato a Twitter circa 9.000 account che ritiene sospetti.
La stessa Anonymous ha incitato gli utenti a segnalare ai social network gli utenti che fanno propaganda per ISIS e chiedere che i loro profili e i loro post vengano cancellati.

Fotogramma di video di Anonymous

La versione psicotica e filoislamica del nuovo terrorismo antioccidentale e antisemita usa quindi i social network per fare propaganda, e raccogliere nuovi Foreign Fighter (definisco ISIS come un gruppo filoislamico perché si sta impropriamente appropriando della religione islamica nel tentativo totalitaristico di diventarne l’unica e accreditata portabandiera).
Ma se Twitter viene utilizzato in maniera militante da ISIS, non mancano altre piattaforme, diventate social con la pratica dei commenti, che oggi ospitano insulti antisemiti, diligentemente tradotti nella lingua del browser grazie ai potenti algoritmi di Google.

Come nel caso di Ian Halimi, il ragazzo ebreo parigino ucciso dalla “Banda dei Barbari” nel 2006, dopo 24 giorni di torture, e riconosciuto dalla stessa Francia come “vittima dell’antisemitismo”. Sua madre, Ruth Halimi, viene pubblicamente insultata su Youtube da utenti di fatto anonimi. Usano nomi come “Terra promessa Palestina” per commentare il video del telegiornale in cui si dà l’annuncio della condanna della “Banda dei barbari”, che ha torturato un ragazzo di vent’anni fino a farlo morire. Gli insulti, in francese, sono diligentemente tradotti in Italiano da Google, anche se con qualche errore (dovuto probabilmente al fatto che nel post viene usato uno slang francese). Ecco gli insulti. Orribili e barbari.

YouTube. Insulti a Ruth Halimi

YouTube. Traduzione degli insulti a Ruth Halimi

 


Sì, certo, c’è la possibilità di chiedere la cancellazione dei commenti segnalandoli come “spam o abuso”
, ma evidentemente non lo ha ancora fatto nessuno, perché i commenti risalgono a sette, nove mesi fa. Neanche Youtube sembra essere stata in grado, come del resto Twitter, di individuare i contenuti offensivi (in questo caso collegati anche al turpiloquio) per cancellarli.
L’unico social network dove invece non esistono utenti che si chiamano “Hitler” è Facebook, dove la ricerca dà un esito interessante: vieni collegato alla voce di Wikipedia su Hitler.

Facebook. Risultato della ricerca per Adolf Hitler

Facebook. Pagina di Hitler che rimanda a Wikipedia
Sulla pagina ci sono circa 313.000 “Mi piace”, difficili da interpretare, anche se bisogna immaginare che si tratti di utenti che volevano esprimere una loro simpatia nei confronti del Nazismo. Ma sicuramente Facebook ha messo in atto delle policy tali per cui a nessuno è concesso di aprire un profilo usando il nome di Hitler, come succede invece su Twitter.
Naturalmente la ricerca su Facebook non consente di accedere ai contenuti delle pagine, e quindi non è possibile verificare se non vi siano commenti antisemiti nei post degli 800 milioni di iscritti a Facebook, ma si può senz’altro concludere che una macro-azione di censura preventiva sui profili dichiaratamente filonazisti è stata fatta. Con la beffa finale di spedire sulla pagina di Wikipedia gli aspiranti “amici” degli Adolf Hitler che invece abbondano su Twitter.

Si può allora abbandonare il Far Web di questi ultimi anni, visto che l’esplosione del fenomeno dei social network è stata possibile proprio grazie alla libertà di pubblicare TUTTO QUELLO che desideravamo? I social network possono sopravvivere se toglieranno ai loro utenti il piacere selvaggio di pubblicare quello che vogliono, a cominciare dagli insulti?
Il Fair Web potrebbe essere la prossima evoluzione dei social network? L’Intelligenza Artificiatale, unita al controllo dell’uomo, potrà aiutarci a tenere pulite le cantine del web, piene di post anonimi e offensivi che sporcano l’aria che tutti vogliamo respirare?
E com’è possibile controllare il web – e farlo diventare il Fair Web – senza costruire mostri come il Great Fire Wall cinese, dove si dice che lavorini due milioni di persone? E come possiamo essere sicuri che chi “controlla” i dati del Fair Web non li usi contro di noi? Magari raccontandoci che è per il nostro bene?
Cominciate a pensarci… Luciano Canova proverà a proporre una risposta.

Stay tuned su GliStatiGenerali!

0 Commenti

Devi fare login per commentare

Login

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.