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AnnoUno, più che #vivizingaro è un #chenoia

12 Giugno 2015

Una polemica, l’ennesima, imperversa sui media e rimbalza sui social: la gaffe di AnnoUno. Il talk show condotto da Giulia Innocenzi, nella puntata intitolata ‘Senza rom’, ha lanciato gli hashtag #viviNORMALE e #viviZINGARO. Ora, basta una “normale” osservazione per comprendere l’offesa strisciante che c’è sotto questa iniziativa di comunicazione. Ma un errore può capitare, solo “chi fa, sbaglia”, si dice. Diciamo che è solo un hashtag frutto di una disattenzione, per quanto palese portatore di insana gaffe. Voglio fingere che in fondo c’era la voglia di veicolare il concetto sociologico di nomadismo (per approfondimenti rimando al testo di Michel Maffesoli), quell’esaltazione di non avere una fissità culturale. Fatemi illudere. Del resto il #viviZINGARO è stato ritirato.

AnnoUno

Dopo aver derubricato alla voce “svista” la questione #viviZINGARO, Giulia Innocenzi, erede dell’esperienza santoriana a La7, dovrebbe comunque meditare sull’ipotesi di lanciare un altro hashtag, sullo stile #chenoia. O, citando un altro hashtag molto famoso, #cambiaverso al programma. Da un punto di vista dell’innovazione, o presunta tale, desta più di qualche perplessità già la scelta del nome, AnnoUno, non proprio una svisata jazz di fantasia.

Passando dalla metafora musicale a quella più terrestre del talk show, AnnoUno sembra un inchino che gronda  riverenza verso i propri padri giornalistici. E anche in questo caso voglio cogliere la benevolenza di dedicare un tributo alle precedenti generazioni, perché poi la rottamazione a ogni costo non produce sempre effetti positivi. Come dire: prendiamoci il meglio dai loro insegnamenti. Ma appare sinceramente esagerato proseguire con gli stessi simboli, nello stesso studio, con la stessa scenografia. Non sarebbe gradita un po’ di inventiva? E il problema, del resto, non è il nome.

Il format, infatti, non sta certo rivoluzionando né ringiovanendo il modo di fare giornalismo televisivo. Per quanto vorrei cercare di evitarlo, il paragone con ‘Amici’ di Maria De Filippi diventa l’unico pregnante: è l’applicazione del battibecco giovane, anzi giovanissimo, su temi sociali di interesse (l’omosessualità) o di attualità (i rom). La differenza sostanziale è che ‘Amici’, nel suo settore, è stato rivoluzionario, a prescindere dal giudizio sul contenuto del programma.

AnnoUno risulta, invece, la stantia riproposizione di un modello già macinato e rimesso insieme per un pasticcio che vuole portare negli studi televisivi non l’opinione “dell’uomo qualunque”, bensì del “giovane qualunque” con un bombardamento a tappeto di luoghi comuni tra ragazzi vogliosi, ovviamente, di strappare l’applauso a scena aperta in diretta tv, mettendo magari in difficoltà l’ospite di turno. Un evento che dà più soddisfazione di mille like su un post su Facebook e perciò scatena la guerriglia verbale del “sono favorevole” e “sono contrario”. L’importante è salire sul palco e rubare la scena per qualche secondo, che “magari mi si nota”. Pazienza se poi tutto viene maciullato nel gorgo delle mille opinioni.

In una fase storica in cui domina il cicaleccio, servirebbe almeno recuperare una parvenza di rigore per lasciare qualche traccia di informazione. Ma è un’utopia, tanto che AnnoUno non ci pensa proprio a farlo: per amor di audience, gli opinionisti sono Antonio Di Pietro e Alba Parietti. Allora #chenoia questo “nuovo” giornalismo.

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