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Allora difese Giannino e oggi lo sfotte: qual è il vero Gramellini?
“Come milioni di altri italiani davanti alla moglie o a Equitalia, Giannino non inventare completamente la realtà: solo un po’ migliorare. Per lui il master di Chicago essere come fiore all’occhiello delle sue giacche color formigoni: un apostrofo rosa fra le parole «me amare». Certo, in Germania due ministri essersi dimessi per laurea taroccata. Ma io dire: con tutti i guai e i cialtroni che noi avere, essere questo il problema? Bugie assomigliare a omeopatia: in piccole dosi aiutare a difendersi dalle grandi. Ieri il primo a dare del bugiardo a Giannino essere stato uno che per fermare il proprio declino avere fatto votare dal Parlamento che Ruby essere la nipote di Mubarak”. (Massimo Gramellini, La Stampa, 19 Febbraio 2013)
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“Il precursore della cosmesi a (cinque)stelle e strisce è stato il brillante Oscar Giannino, che maturò un ingiustificato complesso di inferiorità nei confronti degli economisti bilingue che incrociava ai convegni, al punto da inventarsi un master a Chicago che nel 2013 gli costò l’elezione in Parlamento a capo di un partitino molto english (…) Il professore potrebbe essersi recato a New York in incognito e non avere poi resistito all’idea di farlo sapere agli amici. Con qualche ragione: i nostri potenti sono così provinciali che basta stampare un indirizzo americano sul biglietto da visita per godere ai loro occhi di una credibilità superiore al talento.
Ironie della Storia. Il movimento che considera le competenze un orpello («uno vale uno») rischia di vedere sfumare il suo primo candidato per eccesso taroccato di meriti. Più prudente affidarsi a chi, come Di Maio, non avendo le spalle gravate dal peso di troppi titoli accademici, non sentirebbe mai il bisogno di inventarsi un master a San Diego.”. (Massimo Gramellini, Corriere della Sera, 23 Maggio 2018)
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