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Al Foglio Cerasa butta via i pezzi buoni di Ferrara (e gli impone la sua fuffa)

11 Maggio 2015

Non c’è come perdere il titolo per perdere tutto. Come quando, di nobile lignaggio, vivi giovanilmente nelle mollezze di un pittoresco fancazzismo e ti ritrovi, in età adulta, con le pezze al culo perche quel marchese di tuo padre magari ha gettato via una fortuna al tavolo del poker. Allo stesso modo, perdere il titolo di direttore non ti dà più diritto a nulla, neppure a imporre allo sbarbato che ti ha rubato il posto i tuoi buoni pezzi che hanno fatto di te un onest’uomo/giornalista. Seguo Giuliano Ferrara più adesso di prima, chè adesso c’è vera trippa garantista da esibire contro il giovanetto fastidiato dall’ingombrante passato del Fondatore. Sembra ripetersi quel che accadde al povero Scalfari quando, ricco e stanco, decise che era il momento di lasciare a un quarantenne impetuoso come Ezio Mauro. Per Barbapapà, nel momento dell’addio redazionale, s’erano versate lacrime torrentizie, per cui nel momento in cui in nuovo direttore immaginò di togliere dalla testata la dicitura «Fondatore Eugenio Scalfari», per non sentirsi troppo schiacciato dalla Storia, i medesimi piangenti si trasformarono in altrettante iene e lo costrinsero a battere in ritirata.

Allo stesso modo il Cerasa Claudio, convinto di dirigere Il Foglio, straccia i pezzi buoni che Ferrara timidamente gli propone e lo costringe a scrivere sotto dettatura quel che a lui garba come pensiero debole. Se ne possono contare già diversi e il suiveur appassionato del Ferrara originale, che sinora ha sofferto in silenzio, adesso si sentirebbe autorizzato a ribellarsi a questa pratica poco rispettosa della sua militanza di vero fogliante.

Non può essere infatti l’amato direttore, se non nell’inconfondibile eleganza lessicale, a pensarsi davvero lui, l’unico e originale, quando dedica la sua intelligenza all’esame delle registrazioni del Grillo-leaks, peraltro già oscurato dalla polizia postale, se non altro perché la malizia del titolo (composto in redazione) fa immediatamente cadere a terra ogni voglia di lettura: «Gli audioleaks di Grillo e soci, quando si parla del nulla con rigorosa stupidità». Già, e se si parla del nulla perché allungarlo inutilmente questo brodo, sbrodolando per una tonnellata di righe, solo perché l’argomentino soufflé piace tanto al nuovo direttore Cerasa? Si dice elettrizzato da quel nulla, Ferrara, di cui consiglia “l’audizione a tutti, in specie al mio amico Bersani che pensava in un momento di smarrimento a un governo del cambiamento formato con il sostegno di questi pazzarielli che non fanno ridere.

Ma anche al mio amico Brunetta, che vorrebbe questi poveri avanzi della società civile cosiddetta intruppati in un fronte unico contro la dittatura del Boy Scout supremo”. E sul reciproco niente da dirsi, il vecchio Elefantino intigna sotto dettatura cerasiana, chè altrimenti andrebbe altrove dove un tempo le provocazioni del Foglio non facevano prigionieri: “I vertici del movimento a cinque stelle – scrive – non hanno niente da dirsi nemmeno quando litigano, quando sono insofferenti gli uni degli altri, discettano rigorosamente del nulla: il nulla delle rendicontazioni, la rendicontazione impossibile delle rendicontazioni, a Roma e in Europa, gli scontrini e le espulsioni, le sedie in piazza dei deputati e senatori che non si videro mai e avrebbero invece dovuto dimostrare che loro non sono come quei fannulloni e profittatori della politica….” e altro non abbiamo cuore di proporvi perché non è giusto finirla così.

Sul nulla degli altri, il Ferrara che fu non avrebbe mai scritto, ben sapendo di avere assistito al nulla ventennale di un partito i cui deputati non diedero mai segno di un pensiero ragguardevole (neppure casualmente intercettato). Fecero eccezioni le conversazioni del Grande Puttaniere, quelle sì da Biennale di Venezia, Padiglione Italiano, in luogo di quella cagata che hanno piazzato qualche giorno fa.

E allora, qualcosa di autenticamente fogliante andrà fatto, sottraendo Ferrara alla tirannia del piccolo Cerasa. Inutile portare il neo-direttore a ragionevolezza minima, le spire del potere avvolgono e inumidiscono la miccia del buon senso. L’unica via è estrema e liberale: riportare Giuliano al Corriere della Sera. In bretelle, naturalmente.

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