Internet
W il web, abbasso il web!
“Ogni generazione odia quella che viene dopo”, ha detto Salmo. Ed ogni media non ne è immune, aggiungo io.
È successo quando è arrivato il cinema, si è ripetuto con la radio e poi con la televisione. Ed è qualcosa di fantastico, ve l’assicuro. Ad ogni nuovo media la ggente si abbandona al panico ed alle reazioni più estreme. Con l’arrivo del web 2.0 si è, ad esempio, divisa tra tecno-luddisti da una parte e cyber-utopisti dall’altra. E, come al solito, la razionalità e lo sguardo d’insieme sembrano essere, ahinoi, il modus d’analisi meno in voga. Sciocca, sciocca umanità, imparerai mai che tra il terrore catastrofista per il nuovo ed il totale abbandono incantato ad esso esistono una gran fetta di sfumature?
Ma torniamo un attimo indietro, cos’è succeso dall’arrivo di internet prima e del web 2.0 poi?
È successo che, dai 90’s in poi e ad internet ormai già adolescente e rodata, il processo di democratizzazione della rete, ossia di accesso ad essa, ha dato la possibilità alla quasi totalità della popolazione di essere parte attiva del web, facendo passare un po’ tutti da fruitori a prosumers. E quando tutti possono esprimere la loro opionione la democrazia è compiuta, no? Un po’ come col voto, in cui tutti moriremmo perché anche i catto-fascio-bigotti o quelli che credono negli scii kimici!123! possano votare ed il loro voto valga quanto il nostro. Ecco, l’inconveniente del suffragio universale è lo stesso identico dell’accesso libero e totale a tutti al web. Il web ha sì un potenziale positivo immenso, come quello della libera circolazione della cultura. E si, ha anche dato il potere a masse intere d’aggregarsi e dire la loro, aumentandone la coesione e permettendogli di fondare persino partiti politici, come il M5S nostrano.
Ma il problema è che la rete, che vi piaccia o no, è neutrale. Quindi insieme ai movimenti per i diritti umani la rete ha dato anche voce ai razzisti, ai neo-fascisti, ai pro-vita e anelli mancanti vari, che ogni giorno lottano per contrastare la conquista di diritti altrui, o che campano, letteralmente, con la produzione di false notizie populiste e di stampo razzista. Ed allora quelli che dicono “il web sta distruggendo le nostre vite, non riusciamo più a relazionarci, viviamo in un mondo virtuale, i social media fingono intimità, blabla e ancora bla” dovranno mettersi l’anima in pace, ed accettare che il web cambia la nostra vita, vero, come ogni media ha fatto, sia dai primordi dell’umana cultura. E, dall’altra parte, quelli che “il web ci salverà, uno vale uno! W la rivoluzione, fai girare prima ke censurino!123!” dovranno rassegnarsi al fatto che il web è liquido, anzi, gassoso, e la differenza la fanno le persone che il web lo vivono e lo “riempiono”, e non certo il media in sé. Siate liberi voi come individui, innanzitutto.
W il web o abbasso il web?
Ma quindi, alla fine dei conti, ‘sto web 2.0, è bello o no? Beh, sapete che c’è? C’è che il web è anarchia, è entropia, tende al caos. È questa è la cosa più deliziosamente romantica che possa esistere. Il web infatti non sta a destra né a sinistra, non sta per i diritti delle persone né per i Governi. Lo so, è tremendo da pensare, perché nella nostra miseria umana abbiamo bisogno sempre di credere che ci sia qualcosa di predefinito e che controlli il tutto, che questo si chiami Dio, ideale, dogma, o teoria del complotto totale. Ma, mi spiace dirvelo, nella vita come nel web: l’unica costante è il caos.
«L’idea che internet favorisca gli oppressi anziché gli oppressori è viziata da quel che chiamo cyber-utopismo, ovvero la fiducia ingenua nel potenziale liberatorio della comunicazione on-line; una fiducia che si basa nel rifiuto ostinato di riconoscerne gli aspetti negativi. Proviene dal fervore degli anni Novanta, quando gli hippies di una volta, ora sistemati nelle migliori università del mondo, hanno messo in piedi un delirio di argomentazioni per dimostrare che internet avrebbe potuto fare ciò che gli anni Settanta non erano riusciti a fare: aumentare la partecipazione democratica, innescare una rinascita delle comunità in declino, rafforzare la vita associativa e fare da ponte tra giocare a bowling da soli e bloggare insieme. E se questa ricetta funziona a Seattle, allora deve funzionare anche a Shanghai. I cyber-utopisti avevano l’ambizione di costruire delle Nazioni Unite nuove e migliori, e hanno fnito per mettere su un Cirque du Soleil in versione digitale». Evgeny Morozov, L’ingenuità della rete. Il lato oscuro della libertà di internet, Codice, 2011.
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