Internet
Tomlinson era un grande, ma la @ l’abbiamo inventata noi italiani, non lui
La morte, avvenuta un paio di giorni fa, di Ray Tomlinson, il papà delle email, ha riportato in primo piano la storia della @, la chiocciola di internet. Alcune testate ne hanno frettolosamente attribuito a lui l’invenzione; in realtà la @ arriva direttamente dal rinascimento italiano. Tomlinson, come egli stesso ha più volte dichiarato, si è limitato da utilizzare un simbolo presente sulle tastiere delle macchine per scrivere che nessuno usava più.
La prima testimonianza della @ si ritrova a fine Trecento nella corrispondenza commerciale (giunta intatta fino a noi) del mercante e banchiere Francesco di Marco Datini da Prato. L’aveva rinvenuta del 2000 un docente di Storia della scienza dell’università “La Sapienza”, di Roma. Giorgio Stabile, questo il suo nome, cercando i simboli commerciali a un certo punto si era imbattuto in: «a con svolazzo uguale anfora». Lo svolazzo era in senso antiorario, proprio come oggi.
In effetti i mercanti toscani utilizzavano il simbolo @ come indicazione di peso, equivalente a un’anfora. Ma poi il simbolino è stato ritrovato un po’ in tutte le città commerciali italiane. Per esempio in un manuale stampato a Venezia nel 1503, la “Tariffa”, di Bartolomeo Pasi, la chiocciola è chiaramente riprodotta, ma con lo svolazzo in senso orario, in questo caso simboleggia l’oncia veneziana. Il libro fornisce consigli sulle mercanzie da comprare (nocciole a Napoli, noci a Recanati, fichi ad Alessandria, miele in Dalmazia) e riporta le tabelle di cambio. I veneziani usavano spesso il simbolo, tanto che una @ con accanto una data – 1745 – è stata individuata dallo scrittore di storia Alberto Toso Fei, è incisa nello stipite della porta della Scuola grande di San Marco, in campo Ss. Giovanni e Paolo.
In una lettera del 24 maggio 1536, compilata a Siviglia dal mercante toscano Francesco Lapi e indirizzata a Filippo di Filippo Strozzi, a Roma, si parla di alcune navi dalle quali ci si attendono buoni profitti. C’è scritto: «Perché là un’anfora di vino, che è 1/30 di botte, vale 70 o 80 ducati». Ancora una volta l’anfora è indicata con il simbolo @.
Stabile decide che vale la pena approfondire le ricerche e trova nel vocabolario spagnolo-latino di Antonio de Nebrjia, edito a Salamanca nel 1492, che la parola spagnola “arroba”viene tradotta con “amphora”: chiaramente si tratta del medesimo simbolo e della stessa unità di misura. E – sarà un caso? – in spagnolo oggi la @ si chiama proprio “arroba”(presumibilmente dall’arabo “ar-roub”, parola, ancora una volta, usata come unità di misura: significa “un quarto”).
Ritroviamo il simbolo in una lettera del 24 maggio 1619 conservata nell’archivio di Parma e anche i mercanti di Genova utilizzano la @ e nel XVIII secolo la scrivevano pure per abbreviare la data (“addì”) e non solo un peso.
Il simbolo trasmigra nel mondo commerciale anglosassone, cambiando però di significato: vuol dire “at a price of” (al prezzo di). Anche in questo caso se ne trovano tracce significative: addirittura in alcune carte di George Washington conservate nella Biblioteca del Congresso, a Washington. In una fattura del 20 settembre 1779, i prezzi di generi da ufficio, come carta o inchiostro, sono preceduti da una @. Il simbolo commerciale viene riprodotto sulle tastiere delle prime macchine per scrivere (alcune, non tutte) e da lì trasmigra sulla tastiera del computer dove, come detto, Ray Tomlinson lo ritrova e lo riutilizza.
Tratto dal libro di Alessandro Marzo Magno, “L’invenzione dei soldi. Quando la finanza parlava italiano” (Garzanti).
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