Internet
TikTok, le challenge, la violenza e le interferenze in politica
Nel 2023, parlando a un convegno (e poi scrivendone poco dopo anche sul mio blog) dicevo che nel mondo dell’industria digitale la quantità è più importante della qualità. Una delle possibili conseguenze di questo assunto è il fatto che, soprattutto con le challenge, si prova una smodata ricerca della viralità si tralascia la creazione di contenuti di qualità e, soprattutto, che nella corsa ad avere più views a ogni costo si rischia la generazione, e la condivisione, di contenuti anche pericolosi.
Il tema è ritornato in auge in questi ultimi giorni: difatti, è apparsa la notizia che la Corte di Giustizia del Venezuela ha multato ByteDance, la società proprietaria di Tik Tok, per non aver preso adeguate misure preventive finalizzate a evitare la diffusione delle challenge pericolose. Alcune di queste, secondo le autorità venezuelane, avrebbero causato la morte di tre adolescenti per intossicazione da sostanze chimiche.
Resta da valutare se ByteDance pagherà oppure no e eventualmente quali ulteriori provvedimenti saranno presi nell’eventuale mancato pagamento.
In realtà, sta emergendo che il problema di TikTok non è solo per le challenge pericolose, ma potrebbe rivelarsi essere anche molto più ampio. Infatti, ByteDance è già da un po’ a essere oggetto di attenzioni della giustizia internazionale: ad agosto 2024 il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha presentato una denuncia per violazione del Children’s Online Privacy Protection Act (COPPA), la legge che protegge la privacy dei minori (vedi 1, 2, 3).
Nel 2019, infatti, l’azienda si era accordata stragiudizialmente per evitare il processo: il punto della questione, all’epoca, era che l’azienda consentiva agli utenti con età inferiore a 13 anni di effettuare l’iscrizione al servizio, senza il permesso dei genitori, con la conseguente raccolta dei dati personali.
Dal 2019 ad oggi, in realtà l’azienda cinese ha ancora permesso ai bambini di creare un account e pubblicare video, senza consenso dei genitori e, per gli account creati in Kids Mode, TikTok continua a raccogliere gli indirizzi email e altre informazioni per personalizzare le pubblicità (qui le difese di TikTok).
A queste denunce se ne sono aggiunte altre, secondo le quali usare TikTok creerebbe dipendenza (ne parlava su questa piattaforma già Ilaria Nasti nel 2019): d’altronde, maggiore è il tempo passato a scrollare sul social maggiori saranno i profitti derivanti dalle inserzioni personalizzate. La conseguenza è il rischio serio di un uso compulsivo del cellulare per rimanere sempre connessi.
Le questioni sono anche di tipo geopolitico: l’amministrazione Biden nel 2024 ha approvato una legge che obbliga la società proprietaria a disinvestire da TikTok entro la fine del 2025, ritenendo l’app rappresenti un rischio per la sicurezza nazionale per i suoi legami con la Cina, ma Trump desidera trovare una risoluzione politica, quindi probabilmente chiederà di sospendere la legge.
L’Albania ha appena messo al bando l’app, accusata di alimentare la violenza tra i giovani, la Commissione Europea, che già nel 2023 impose ai propri dipendenti di disinstallare l’applicazione per motivi di sicurezza, nel 2024 ha aperto sia un’indagine per aver commesso delle violazioni riguardo alle norme sulla trasparenza e sulla tutela dei minori, sia un’altra indagine per comprendere se sono presenti violazioni del DSA, sia un’ulteriore indagine per appurare se, grazie a TikTok, le elezioni presidenziali in Romania siano state manipolate.
Il 2025 sarà un anno sfidante per chi gestisce TikTok, ma lo sarà (anzi, lo è stato l’ultimo lustro) ancora di più per gli utenti dell’applicazione.
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