Internet
Guarda: bombardano. Metti la faccina triste
Qualche giorno fa l’account Twitter ‘Internet of shit‘ ha ritwittato un post della giornalista Harriet Salem: c’è una foto della diretta video Facebook dei bombardamenti di Mosul, e questo è il commento:
The 21st century. A place where we live stream war while Facebook prompts us to ‘react’ with an emoticon.
E’ già sufficientemente destabilizzante pensare alla diretta streaming di un bombardamento, ma va da sè che l’interattività della cosa che va oltre il grottesco. Pane per i denti aguzzi degli sceneggiatori di ‘Black Mirror’: puoi guardare il bombardamento dal tuo cellulare, ma puoi anche mettere la faccina indignata [o piangente, o felice..].
Così come puoi giocare a Pokemon Go ad Auschwitz, come del resto già detto..
Il ‘Ma’ dove sta? Sta nell’avvenimento stesso e nella capacità di prenderne atto: indignarsi per l’indignazione telematica, incazzarsi perchè ‘le giovani generazioni che invece di scendere in piazza sottoscrivono innocue petizioni online’, stracciarsi le vesti perchè i banner hanno preso il posto degli striscioni forse è ancora più grottesco.
Non mi piace, così come non mi piace dover mettere la sciarpa in inverno: non posso evitare di metterla, però. Chi è deputato a maneggiare questo materiale sparso verso qualcosa di strutturato ed intelligente deve capire che questo tempo è quello dei bombardamenti da guardare su Facebook. C’è un palcoscenico e ci sono degli attori che soffrono e muoiono lontano da noi, e più la connessione è stabile, più la qualità video è buona e più sono lontani dalla nostra idea di realtà.
Chi decide, legifera, costruisce opinione deve imparare a maneggiare questa pasta, deve padroneggiare questo linguaggio, deve aprirsi a una nuova semantica che vede ognuno di noi iperconnesso e solo.
‘Grazie’ alla rete i fatti non sono più vicini: sono solo più nitidi. la realtà in cui avvengono [Mosul, in questo caso] è quella aumentata sulla quale possiamo appiccicare le nostre emoticons.
E’ questo il terreno di gioco. Ed è per l’appunto con l’approccio del gioco che adesso molti vivono ed interagiscono con questa realtà, con questi fatti, con questi morti.
Urlare “Non è un gioco: è la realtà” non serve: bisogna entrare nel gioco, capirne le regole e attestarsi su una posizione usando quel linguaggio. Pensate all’ossimoro ‘Realtà aumentata’ che deriva dall’aggiungere al reale qualcosa di irreale..Quanti dei decisori hanno capito cosa sta accadendo? Quanti sono disposti a mettersi in gioco per entrare in questo 21st century? Quanti ne usciranno, come e in che condizioni è tutto da vedere. Su uno schermo.
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