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Germania: raid e arresti della polizia negli uffici della startup Lovoo
Il sito d’incontri avrebbe creato profili falsi per convincere gli utenti a sottoscrivere gli abbonamenti a pagamento. Una pratica che non è così sconosciuta nel mondo online, ma che, questa volta, sembra avere le dimensioni e gli estremi per un procedimento legale. Il reato contestato è la truffa. Al di là di quelle che saranno le specifiche evoluzioni, ci sono tutte le condizioni per creare un significativo precedente nel rapporto tra legge tedesca e web economy.
Mercoledì mattina, la Polizei ha letteralmente sfondato le porte dell’ufficio Lovoo di Dresda e ha svolto una retata in piena regola, eseguendo fermi e requisendo computer, smartphone e documenti. In totale, sono stati perquisiti 16 tra uffici e abitazioni private, a Dresda, Berlino e Norimberga. Due dei founder dell’azienda sono in stato di arresto, un terzo è stato rilasciato. Complessivamente, è stato contestato il reato di truffa a un totale di 12 persone.
Nata nel 2011, Lovoo è un’app di dating e d’incontri, ed è stata, negli ultimi anni, una delle gemme della scena delle startup tedesche. Secondo i numeri della stessa azienda, gli utenti attivi fino ad oggi sull’app sarebbero 36 milioni, distribuiti in 17 paesi, tra cui l’Italia.
Come riporta il sito Gründerszene, la Polizia della Sassonia e la Procura di Dresda hanno dichiarato che il sito d’incontri avrebbe:
“creato profili falsi che potevano essere contattati da parte degli account reali. Nella regola, le vittime del raggiro sono state di sesso maschile. In questo modo gli utenti dovevano essere spinti a prendere contatto con i profili falsi e, così, scegliere di attivare le funzioni a pagamento”.
Da diverse parti, soprattutto sui social, si è fatto notare che quella dei profili falsi nei siti d’incontri (ma non solo) non è certo una storia nuova.
Eppure, in questo caso, non si tratterebbe di rinforzi della base di user su un piano sostanzialmente pubblicitario e promozionale. La Procura pensa di aver trovato un diretto legame tra i profili falsi e il guadagno dell’azienda ai danni degli user. Si deve supporre, inoltre, che la Procura abbia identificato un numero consistente di profili falsi e un meccanismo di creazione attiva di interazioni inautentiche.
Se questa è la tesi della Polizia e della Procura, bisogna ora attendere che gli accusati possano difendersi al meglio delle loro possibilità e nel pieno diritto della loro innocenza fino all’ultimo grado di giudizio. In una dichiarazione di venerdì 10 giugno, l’azienda ha comunicato di voler “cooperare nella piena trasparenza” al chiarimento della vicenda.
La pubblicità del caso ha già superato quella che è di solito una certa cautela dei media tedeschi nel parlare di indagini in corso, andando a scuotere un ambiente, quello delle startup tedesche, solitamente molto autocompiaciuto ed entusiasta di se stesso.
Intanto, il sarcasmo e l’indignazione formale con cui alcuni del mondo startup sembrano voler liquidare gli eventi sui social media assomigliano a un esorcismo collettivo. Un tentativo di bypassare uno scandalo che colpisce i vertici di un’azienda pluripremiata e diverse volte indicata come una storia di successo dai media del settore. Uno scandalo che, per certi versi, sembra sancire la perdita dell’innocenza di un mondo che pretendeva di gestire milioni di euro, continuando però a mimetizzarsi in una retorica giovanilistica di sperimentazione imprenditoriale senza conseguenze sociali.
Nel frattempo, ci s’interroga anche su cosa potrà fare d’ora in poi il team di Lovoo, 170 dipendenti, ovviamente completamente estranei ai presunti reati. Gli stessi inquirenti hanno tenuto a precisare che le accuse non riguardano l’azienda, ma le singole persone a cui è stato contestato il reato. Impossibile immaginare, tuttavia, che non ci saranno ripercussioni sul brand.
In quanto alle indagini, non è ancora completamente chiaro da dove siano partite. Sembra che l’origine sia da cercare nelle polemiche che, già nell’autunno del 2015, avevano interessato proprio la presunta gestione di profili fake da parte di Lovoo.
Basandosi sul leak di una fonte anonima in qualche modo vicina all’azienda, il magazine tecnologico tedesco c’t aveva accusato i founder di Lovoo di aver guadagnato fino a 1 milione di euro creando profili falsi capaci di attrarre le membership a pagamento. La rivelazione di c’t si basava su una mole considerevole di dati, qualcosa come 50 GByte. Tra questi compariva una lunga cronologia di presunte email private e interne all’azienda. Secondo i documenti provenienti dal leak, l’azienda avrebbe portato avanti un progetto denominato “Tu Gutes” in cui i profili fake venivano generati e gestiti con dei bot. Internamente all’azienda, i profili fake sarebbero stati chiamati “Promote Bitches” (un nome che renderebbe abbastanza chiara la loro funzione).
In risposta all’articolo di c’t, l’azienda aveva però messo in dubbio l’autenticità degli stessi documenti, aggiungendo, contemporaneamente, che poteva trattarsi dell’uso strumentale e decontestualizzato di stralci delle strategie anti-spam di Lovoo.
c’t aveva però rincarato la dose, scrivendo che, dopo l’uscita del suo primo articolo, molti dei presunti profili fake di Lovoo sarebbero stati velocemente cancellati.
Al di là di quello che è stato un interessante lavoro di giornalismo online, la presenza di leak che partono da aziende private in piena attività indica la delicatezza di situazioni del genere. Se alcuni casi sembrano più semplici da giudicare, questo non significa che non si prospetti l’esistenza di casi molto più complessi e ambigui.
Quello che è certo è che le irruzioni della polizia negli uffici di Lovoo sono state abbastanza spettacolari, con l’uso complessivo di circa 200 agenti. Si tratta anche di una chiara e consapevole dimostrazione della nuova sensibilità e del nuovo interesse dello Stato tedesco per una regolamentazione dell’economia digitale, sia per quanto riguarda i modelli di business sia per quanto concerne il management dei dati. Un’economia alla quale le istituzioni statali stanno tentando di applicare una nuova egemonia del controllo del territorio (virtuale), soprattutto ora che l’entità dei consumi nel settore non è più socialmente trascurabile.
Ma, anche in questo caso, bisognerà vedere cosa avverrà in futuro.
Se l’ipotetica creazione di profili falsi allo scopo di truffa non è così difficile da identificare, sarà interessante osservare se e come si comporterà la Legge di fronte a falsificazioni e deviazioni meno chiare, come nei casi di manipolazione della visibilità dei post sui social media o dei risultati dei motori di ricerca.
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(immagine: Lovoo screenshot)
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