Internet

Facebook ci considera dementi e cerca il controllo sociale

31 Gennaio 2018

In questi giorni, a tutti i suoi abitanti, Facebook sta distribuendo un decaloghino di pronta beva con cui districarsi tra tutti i furbastri della Rete che vorrebbero propinarci notizia farlocche. È utile partire dalla fine molto amara: Facebook ci considera degli autentici dementi. Non è detto che non abbia ragione. Ma questo è.

Un primissimo problema, quando si parla di entità gigantesche della Rete com’è inevitabilmente la corazzata di Zuckerberg, è quello di non avere persone fisiche a cui riferirti. E quando piovono consigli, indirizzi, sottolineature, che hanno soprattutto un carattere etico come in questo caso, è particolarmente difficile sentire l’equilibrio virtuoso di un dialogo democratico, come potrebbe avvenire tra persone, entità, organismi, pienamente riconoscibili. È come se da un indistinto Aldilà, dove l’esercito della salvezza del giovane Marc lavora alacremente H/24, si predisponesse il destino di noi poveri mortali che non sappiamo riconoscere una falsa Vuitton da una vera. È un rintocco morale a senso unico, che possiamo soltanto “subire” senza eccepire alcunché. È un sentimento di superiorità anche un po’ fastidioso, che si protegge – se vogliamo – con l’anonimato della Rete. E il paradosso è proprio questo, imporre una battaglia contro tutti gli anonimi che infestano la Rete attraverso un Anonimato riconosciuto a livello planetario com’è Facebook. Ma andiamo più nel dettaglio e cerchiamo di capire.

Gli uomini migliori che Zuckerberg ha distaccato alla bisogna si saranno posti, innanzitutto, un problema di linguaggio. E di comunicazione. La stessa cosa che accade, per esempio, ai telegiornali, quando arriva “la morsa del caldo”: i consigli sono così basici da rasentare la dabbenaggine. Facebook si rivolge ai suoi abitanti con un “tu” confidenziale che vorrebbe accorciare subito le distanze ed entrare in empatia.

Per cui il punto 1) del grande Decalogo – in qualche modo l’apertura di un gigantesco problema sociale come le fake – vale la raccomandazione alla vecchietta quando le suonano alla porta e lei non aspetta nessuno: «NON TI FIDARE DEI TITOLI». La “spiega” di questo indirizzo così definitivo è riassunta in due semplici righe di testo: “Le notizie false hanno spesso titoli altisonanti scritti tutti in maiuscolo e con ampio uso di punti esclamativi. Se le affermazioni contenute in un titolo ti sembrano esagerate, probabilmente sono false”. Misteriose conclusioni animano le viscere inquiete di Fb, quando attribuisce lo stesso valore a punteggiatura e contenuto. Di cosa diffidare dunque, delle maiuscole, dei punti esclamativi, o di un concetto che a noi sprovveduti parrebbe esagerato? Più che semplificare, il punto 1) è una fesseria in purezza. Non vi tedieremo sul punto 2), che recita «GUARDA BENE L’URL», perché è puro marchingegno tecnico che non ha la minima implicazione culturale, e spariamoci subito il punto 3), più di sostanza, dove si avverte: «FAI RICERCHE SULLA FONTE». Anche qui i consigli sono quelli del buon padre di famiglia: “Assicurati che la notizia sia scritta da una fonte di cui ti fidi. Se la notizia proviene da un’organizzazione (organizzazione???) che non conosci, controlla bla bla bla…”

Dopo i primi tre punti, si può già tracciare una prima considerazione. Facebook considera il suo interlocutore un umano privo di qualsiasi sensibilità, e soprattutto non in grado di autonoma valutazione. Se notate bene, infatti, in ogni passaggio c’è da ricercare una conferma in Rete, una estenuante ricerca onanista di verità. Un’affannosa successione di conferme, con quella successiva che complica inevitabilmente la precedente, rendendo alla fine totalmente inaccessibile l’idea di chiarezza. Facebook complica volutamente la vita, negando il concetto di responsabilità. Di senso di responsabilità.

Alla voce «FAI ATTENZIONE ALLA FORMATTAZIONE», una persona ragionevole, se già non lo ha fatto, dovrebbe mandare Facebook a cagare. Mettiamo che non lo faccia e andiamo al punto successivo: «FAI ATTENZIONE ALLE FOTO». Qui la spiegazione è roba da terza elementare: “Le notizie false spesso contengono immagini e video ritoccati…”. Ci chiedono, ancora e sempre, di verificare le fonti. Eventuale sensibilità personale, zero.Vi risparmiamo «CONTROLLA LE DATE» e «VERIFICA LE TESTIMONIANZE», perché roba da asilo Mariuccia e andiamo, veloci come furetti, alla voce fondamentale: «CONTROLLA SE ALTRE FONTI HANNO RIPORTATO LA STESSA NOTIZIA». La conclusione a cui arriva Facebook è che se nessun’altra fonte riporta la questione, “la notizia potrebbe essere falsa”. (Escludiamo dunque che qualche anima candida possa conoscere cose che altri non sanno).

Dovremmo ragionevolmente fermarci qui, negandovi il punto successivo, che invece (e purtroppo) recita: «LA NOTIZIA POTREBBE ESSERE UNO SCHERZO». Avendo per i suoi utenti la considerazione che sappiamo, Facebook non ci attribuisce neppure la capacità di “distinguere le notizie false da quelle satiriche o scritte per divertire”. Il Decalogo si chiude con il mesto «ALCUNE NOTIZIE SONO INTENZIONALMENTE FALSE», che non avrebbe bisogno di commenti.

Visto che siamo in piena campagna elettorale, si potrebbe concludere che la formazione del consenso è cosa troppo seria per essere lasciata ai quei dilettanti allo sbaraglio di Facebook. I quali, con questo decalogo assolutamente improvvisato, dimostrano che il rapporto tra utenti della Rete e suoi gestori è decisamente malato. Da una parte, infatti, c’è la convinzione totalmente unilaterale di una superiorità morale, che è il vero nodo del problema. Da che cosa discende il pedagogico interesse di Facebook per la nostra (presunta) sprovvedutezza informativa, quale sentimento confessionale anima l’esigenza di Zuckerberg di colmare le nostre lacune, facendoci passare per autentici dementi? Questa gigantesca bolla, che riguarda il problema delle fake news, ha messo nella mani di queste organizzazioni un potere che nessuno ha mai formalmente assegnato. Data la vastità e la pericolosità del fenomeno, Facebook si autoinveste di una missione etica, indicandoci (imponendoci) una strada. Una strada molto pericolosa, lastricata di buoni propositi che in realtà nascondono il controllo sociale.

 

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